Oggi la Chiesa ambrosiana ricorda la Dedicazione del Duomo, «la chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani». Per questo ci presenta Gesù che entra nel tempio, quasi a creare un rapporto tra quel tempio e il nostro, il Duomo. Il brano del Vangelo secondo Matteo (21, 10-17), dopo aver precisato il contesto, scandisce il brano con due citazioni bibliche.
Duomo di Milano |
Siamo a Gerusalemme, che è tutta «in agitazione» per l’arrivo di Gesù, che entra in città, acclamato come «colui che viene nel nome del Signore» al canto degli Osanna dei discepoli, ma anche della folla, che pare cantare a due cori. «La gente», dice Matteo, da una parte chiede chi sia «costui»; altra gente (l’altro coro) risponde: «È il profeta Gesù». Certo, potremmo pensare che la domanda della folla sia dubbiosa: «Ma chi è?». Nessuno lo conosce ancora e la risposta richiama il giudizio severo di Natanaele, ripreso da Giovanni: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?» (Giovanni 1,46).
Quasi a rispondere a queste domande Gesù entra nel tempio e ne scaccia i mercanti e i cambiavalute, che avevano avuto il permesso dei sacerdoti e pensavano di non fare nulla di male; anzi, credevano di fare una cosa buona, offrendo le colombe ai pellegrini e cambiando il loro denaro con le monete sacre del tempio, così che potessero fare un’offerta degna a Dio, e ai suoi sacerdoti.
Ed è questo il loro errore: si sono fatti “garanti” di ciò che Dio desidera e l’hanno “separato” dal mondo, facendo “monete speciali” per Dio! Gesù stesso spiega il suo gesto, citando insieme Isaia (56,7) e Geremia (7,11), che si completano a vicenda. Isaia canta il sogno di Dio: «Condurrò sul monte santo tutti i popoli e li colmerò di gioia nella mia casa». Il desiderio di Dio è di accogliere tutti, perché godano del suo amore e vivano secondo la sua alleanza. Geremia, a sua volta, ammoniva quelli che avevano fatto del tempio stesso una «spelonca di ladri», perché onoravano Dio, ma opprimevano lo straniero, l’orfano, la vedova.
Mons. Ennio Apeciti
Quasi a rispondere a queste domande Gesù entra nel tempio e ne scaccia i mercanti e i cambiavalute, che avevano avuto il permesso dei sacerdoti e pensavano di non fare nulla di male; anzi, credevano di fare una cosa buona, offrendo le colombe ai pellegrini e cambiando il loro denaro con le monete sacre del tempio, così che potessero fare un’offerta degna a Dio, e ai suoi sacerdoti.
Ed è questo il loro errore: si sono fatti “garanti” di ciò che Dio desidera e l’hanno “separato” dal mondo, facendo “monete speciali” per Dio! Gesù stesso spiega il suo gesto, citando insieme Isaia (56,7) e Geremia (7,11), che si completano a vicenda. Isaia canta il sogno di Dio: «Condurrò sul monte santo tutti i popoli e li colmerò di gioia nella mia casa». Il desiderio di Dio è di accogliere tutti, perché godano del suo amore e vivano secondo la sua alleanza. Geremia, a sua volta, ammoniva quelli che avevano fatto del tempio stesso una «spelonca di ladri», perché onoravano Dio, ma opprimevano lo straniero, l’orfano, la vedova.
Mons. Ennio Apeciti