Mons. Giorgio Bertin, Amministratore apostolico di Mogadiscio, ci presenta brevemente la figura di Annalena Tonelli che spese tutta la sua vita accanto agli ultimi, in Somala, in risposta al comandamento di quel Dio che, in un’ostia consacrata, recò sempre con sé, come Manna celeste, nel deserto della povertà e della disperazione.
“Io ho vissuto con i santi” (…) Annalena Tonelli, l’avvocato che ha fatto il medico, era un gigante. Lo si percepiva dallo sguardo e dalla determinazione. Aveva trovato nell’amore a Dio e agli ultimi la ragione della sua vita di sacrificio. E’ vissuta nascosta al grande mondo. Quasi niente si sapeva della sua attività a favore dei malati di tubercolosi, degli handicappati e degli orfani, dei malati mentali e delle donne mutilate. Meno ancora si sapeva della fede solida che ne ha ispirato la vita, dell’Eucaristia che portava nel taschino. Annalena voleva “gridare il Vangelo con la vita”, sulla scia di Charles de Foucauld. Proprio perché regalata a Dio e ai più poveri tra i poveri, amava ripetere che la sua era “la miglior vita possibile”».
Annalena è stata uccisa a Borama, la sera del 5 ottobre 2003, dopo 35 anni di gratuità. E’ stata uccisa a due passi dal piccolo ospedale che aveva creato nel Nord del paese per la cura della tubercolosi.
Su Annalena Mons. Bertin si lascia andare a qualche confidenza in più e dice: “Ricordo che già nel 1971 ottenne da un Vescovo del Kenya il privilegio di tenere con sé l’Eucaristia. Più tardi, il mio predecessore a Mogadiscio, Mons. Colombo, le concesse lo stesso privilegio. Un Padre andava di tanto in tanto da lei per celebrare
(Lorenzo Piva, Somalia: il sangue dei martiri feconda la terra, Intervista a Mons. Bertin, Amministratore apostolico di Mogadiscio, in Popoli e Missione, marzo 2007, pp. 8-9)