Ad ogni messa il prete annuncia: "Beati gli invitati alla cena del Signore", e subito
L'invito è per tutti - anche per quelli che sembrano più lontani -, purché naturalmente si risponda di sì e non si snobbi l'invito di Dio.
L'accento oggi è posto - in polemica coi farisei - sul fatto che vengono chiamati di preferenza quelli che sembrano i meno preparati, i lontani, "poveri, storpi, ciechi, zoppi", quelli raccolti "per le strade e lungo le siepi", quasi "costretti ad entrare perché la mia casa si riempia". Quante volte Gesù stesso sottolineò provocatoriamente questa preferenza, chiamando
Il nostro sia l'atteggiamento umile di chi si sa assolutamente indegno del dono di Dio e ne glorifica la gratuità e la misericordia. E' la nostra fortuna e la nostra serenità sapere - come diceva sant'Ambrogio - che se Cristo ha accettato il buon Ladrone, non abbandonerà anche noi. "Io non sono degno.., ma dì soltanto una parola e io sarò salvato". Una umiltà che si trasforma in stupore e ringraziamento per essere stati anche noi "edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù" (Epist.). Venire a messa la domenica - ritornare nella famiglia di Dio che è
All'invito generoso di Dio bisogna che ognuno dica liberamente il proprio sì. Anzitutto trovando concretamente spazio da riservargli. "Ho comprato un campo.., ho comprato cinque paia di buoi.., mi sono appena sposato e perciò non posso venire". Si potrebbe aggiungere: devo andare a sciare, oggi sto tutto il giorno al supermercato, ho le gare di sport..: a messa non posso venire! Per non parlare di altre scuse e pigrizie. Dio viene lasciato per ultimo, d'estate poi non c'è mai la chiesa vicina, e.. "come si fa a lasciare il villaggio"! Ma se manca anche quella poca ora la settimana per incontrarsi con Dio, .. è facile che presto Dio tramonti dal nostro orizzonte, e le cose che ci interessano saranno consumismo e il culto moderno della partita o dello sport!
"Nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena". La gravità del rifiuto sembra essere non l'ostilità, ma l'indifferenza, la poca serietà data al problema della propria salvezza o, più profondamente, quella religiosità superficiale che ha accompagnato magari già dall'infanzia una vita cristiana mal conosciuta (mai personalmente assimilata) e vissuta come pratica esteriore e tradizione. In sostanza, frutto di un cristianesimo "sociologico". Necessariamente a questo abbandono di Dio subentra l'adorazione degli idoli, perché chi non crede a Dio non è che non creda a niente, ma crede a tutto..: diventa schiavo delle mode, delle pressioni mediatiche, della secolarizzazione che rende l'uomo illuso della propria sufficienza e ridotto alla più banale alienazione. Ma san Pietro avverte molto fortemente quelli che, conosciuta la fede, poi vi rinunciano: "Meglio sarebbe stato per loro non aver mai conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato loro trasmesso" (2Pt 2,21).
In fondo il rifiuto e l'indifferenza nascono dal fatto di pensare che a Dio andiamo noi, quando e come ci scappa, con un soggettivismo che non tiene conto che è Dio per primo a venire verso di noi e a offrirci il banchetto della sua stessa mensa di Casa Trinità, della quale la messa è anticipo e caparra. Lui ha fissato gli strumenti per arrivare a toccarci; ha fissato cioè il modo oggettivo di santificarci e rendergli culto: sono
"Costringili ad entrare". E' l'amore di Dio che vuole a tutti i costi i nostri cuori per lui. Dio allunga la mano: sta a noi lasciarci attrarre. Come è in questa preghiera medievale: "Poiché senza di te nessuno arriva a te, dammi la mano; se non tendo la mia verso la tua, afferrami i capelli, tirami verso te quasi per forza. Voglio venire incontro a te, e non so perché non faccio quello che vorrei" (Ausiàs March).
Don Romeo Maggioni