Nel progressivo itinerario dell’Avvento in preparazione al Natale, questa terza domenica di Avvento in rito ambrosiano individua in Gesù "colui che deve venire" ossia l’atteso "inviato" da Dio che porta a compimento la promessa di salvezza per il popolo d’Israele e per tutti i popoli della terra.
Il passo evangelico è preso dal cap. 7 di Luca, che riportando le parole e i miracoli compiuti da Gesù lo presenta come l’"atteso" portatore di salvezza annunciato dai Profeti e la cui "potenza" salvifica si manifesta nella sua "misericordia" e nella sua bontà. I versetti oggi proclamati, in particolare, costituiscono la parte centrale del capitolo e contengono la testimonianza che Gesù fa di sé (vv 21-23) in risposta agli inviati da Giovanni il Battista (vv 18-20) e la testimonianza che Gesù offre sul Battista (vv 24-28).
Il testo evangelico, proclamato nel progressivo cammino di illuminazione e di fede con cui il tempo liturgico dell’Avvento ci prepara a celebrare nel Natale la "prima venuta del Signore" "nella carne", ci dice che le divine promesse di salvezza si realizzano in quella specifica modalità che il termine "carne" evoca; vale a dire nella fragilità e nella debolezza propria a ogni uomo. Un simile modo di agire da parte di Dio suscita naturalmente perplessità e interrogativi all’umana intelligenza.
Del resto
Interrogativi e perplessità nutrite anche da Giovanni il Battista quando «fu informato dai suoi discepoli su tutte queste cose», ossia sulla predicazione e sull’attività di Gesù, sul suo sedersi a mensa con i "pubblicani e i peccatori", sul suo prendersi cura dei malati, dei poveri, dei marginali nella società del tempo. Interrogativi e perplessità ben riconoscibili nella domanda posta a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» .
Giovanni, infatti, in sintonia con il comune sentire del tempo, diceva imminente l’arrivo dell’inviato di Dio come "giudice" escatologico, ossia come colui che viene per il "giudizio finale" di salvezza per i buoni e di perdizione nel fuoco eterno per i malvagi e gli empi. Per questo l’agire di Gesù può rappresentare, anche per il Battista, come uno "scandalo" ossia come un inciampo nel credere e nel riconoscere proprio in Lui "colui che deve venire".
Eppure, a ben guardare, Gesù si muove nella linea della promessa salvifica di Dio così come è stata annunziata dal profeta Isaia e che lui stesso cita sintetizzando: «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia» (cfr. Isaia 29,18-19; 35,5-6; 61,1-2). Ed è proprio l’annuncio ai "poveri" della buona novella dell’amore e della vicinanza di Dio a essi, e di cui i "miracoli" sono il segno tangibile, ad accreditare Gesù come "colui che deve venire" e al quale occorre aprirsi, rinunciando alle personali attese e vedute, per poter gioire della beatitudine e della gioia proprie di chi incontra Dio e la sua salvezza.
Questo è il Messia che
Lettura: Isaia 45,1-8; Salmo 125; Epistola: Romani 9,1-5; Vangelo: Luca 7,18-26.