Giovanni Battista Caliari, Resurrezione di Lazzaro,
1877,
palazzo Vescovile di
Verona |
La liturgia della parola di questa domenica ci invita a meditare sul
segno della resurrezione di Lazzaro e lo pone come profezia della resurrezione
di Gesù. Il racconto della risurrezione di Lazzaro è una delle “storie di
segni” che racconta san Giovanni. Si tratta qui di presentare Gesù, vincitore
della morte. Il racconto culmina nella frase di Gesù su se stesso: “Io sono la risurrezione
e la vita. Chi crede in me non morrà in eterno”. La Resurrezione di Lazzaro, da
un originale di Giovanni Francesco Caroto (Verona, circa 1480-1555) è
conservato nel palazzo Arcivescovile di Verona. Il dipinto, un olio su tela si trova
nella ex-sacrestia, ora cappella invernale, sopra la porta che conduce al coro,
racchiuso da una modanatura in gesso. Chiamato dal gesto perentorio di Gesù,
raffigurato sulla sinistra in veste rossa e mantello blu col braccio destro
teso, il morto esce dal sarcofago – sofferente, grato eppur incredulo – e siede
sul bordo dell’avello, impacciato nei movimenti dalle bende che gli legano i polsi e le caviglie. Alle spalle
del Cristo vi sono tre dei discepoli che lo avevano accompagnato da Gerusalemme
fino a Betània per “risvegliare l’amico che si era addormentato”. Sulla parte
destra della scena, alle spalle del risorto, ecco le sorelle di Lazzaro. La più
giovane, Maria, con la chioma fluente bene in evidenza, «quella che aveva unto
il Signore con profumo e gli aveva asciugato i piedi con i capelli», libera il fratello
dal sudario che gli avvolgeva il viso. La più matura, Marta, è ritratta con il
capo velato mentre, incrociando le braccia davanti al busto, cerca di
proteggersi dall’enormità dell’evento a cui sta assistendo. Alle loro spalle, il gruppo
eterogeneo dei Giudei che, in visita dalle due donne per consolarle, le avevano
viste allontanarsi in fretta assieme a Gesù e le avevano seguite supponendo che
andassero alla tomba per piangervi.
Colui che crede in Gesù ha già una parte di questi doni della fine dei
tempi. Egli possiede una “vita senza fine” che la morte fisica non può
distruggere. In Gesù, rivelazione di Dio, la salvezza è presente, e colui che è
associato a lui non può più essere consegnato alle potenze della morte.
Sara Veronesi