Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 29 aprile 2016

1183 - INTENZIONE DEL PAPA PER IL MESE DI APRILE

1182 - V DOMENICA DI PASQUA

Continua la rilettura credente della Pasqua di Gesù. La seconda parte del brano del Vangelo (Giovanni 16,12-22) di oggi è enigmatica: «Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete»; i discepoli non capiscono che Gesù si riferisce alla sua morte e risurrezione. Il«poco» di cui parla Gesù è la sua visita agli inferi: scende nella morte e regala a tutti la vita. Nella Pasqua Gesù affronta il nemico dell’uomo e lo sconfigge: ormai gli inferi non hanno più le porte. Questa è «tutta la verità»che sarà pienamente compresa con la venuta dello Spirito Santo.
1. L’attesa dello Spirito. I discepoli non potevano capire, perché la verità della Pasqua può essere svelata solo dallo Spirito Santo. Solo lo Spirito infatti, e non la forza dell’intelligenza umana, conosce lo straordinario disegno di Dio. Quando i discepoli hanno visto Gesù in croce, e persino quando hanno fatto l’esperienza di lui risorto, hanno avuto paura; si saranno chiesti: «Ma cosa significa tutto questo? E ora che dobbiamo fare?». Con lo Spirito tutto diventa chiaro: egli svela la grandezza dell’amore di Dio che è disposto a “regalare” il Figlio per salvare gli uomini dalla morte. Il Padre chiede al Figlio di diventare lo“spettacolo” dell’amore. In questo modo nella Pasqua non solo conosciamo Dio, ma impariamo il senso pieno della vita umana: la croce ci dice che il dono di sé è la grandezza della vita umana. Solo con la discesa dello Spirito Santo, la Pasqua di Gesù può diventare quella del discepolo.
2. La donna che partorisce è l’immagine della Chiesa. L’annuncio della salvezza è come un parto doloroso dopo una faticosa gestazione. Nella Chiesa c’è peccato e santità, forza e debolezza, fedeltà e tradimento, che si affrontano nei nostri giorni come in tutte le epoche della storia. Il nostro rischio è la “distrazione” che non ci permette di capire i segni dei tempi. È in atto una riforma della Chiesa che deve partire dal cuore di ogni credente; questa riforma è dolorosa e molti si oppongono perché non accettano la “tristezza” che la conversione impone. Cambiare è difficile per tutti: accogliere la misericordia del Padre fa nascere la Chiesa nel cuore dei credenti e questa nascita per molti può essere dolorosa.
3. La gioia che nessuno può togliere. «Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia». Qual è la gioia di cui parla Gesù? È la gioia che viene dal dono dello Spirito, che infonde nei cuori l’amore stesso di Dio; essa nasce dalla fede e si alimenta ogni giorno nella speranza. È importante sottolineare ancora una volta che la forma che la gioia deve prendere è quella che si esprime in un rinnovato senso della Chiesa: la priorità della fede, oggi, è l’amore per la Chiesa. Ma è anche la gioia del Vangelo: il Vangelo non è un peso ma è fonte di gioia perché annuncia che è possibile e bello vivere la fedeltà a Gesù. Lo Spirito Consolatore ci fa capire che la vita cristiana è praticabile con entusiasmo proprio nella sua radicalità evangelica.
Commento di don Luigi Galli

1181 - IL TEMPO E L'ATTESA DI DIO

«Dio attende con pazienza che io voglia infine acconsentire ad amarlo. Dio attende come un mendicante che se ne sta in piedi, immobile e silenzioso, davanti a qualcuno che forse gli darà un pezzo di pane. Il tempo è l’attesa di Dio che mendica il nostro amore» .
Simone Weil

1180 -SANTA CATERINA DA SIENA: UNA VITA MISTICA E DI AZIONE

Le condizioni d'Italia e dell'Europa non erano felici, quando venne alla luce in Siena, nel 1347, la piccola Caterina. Già si profilava all'orizzonte la tristemente famosa «peste nera», che l'anno dopo infierì dovunque e seminò la desolazione e la morte in ogni paese e quasi in ogni famiglia. Altri mali funestavano il mondo civile, come le guerre, particolarmente quella dei cento anni tra Francia e Inghilterra, e le incursioni delle compagnie di ventura. Nel mondo religioso tutto quel secolo è riempito, per tre quarti, dal soggiorno dei Papi in Avignone, e poi dal grande scisma d'occidente, che si prolungò fino al 1417. Figlia di un tintore di panni, penultima di 25 nati, Caterina prese molto presto coscienza dei bisogni del mondo e, attratta dall'ideale apostolico domenicano, volle entrare nelle file del terz'ordine o, come allora si diceva in Siena, tra «le mantellate», le quali, pur non essendo suore né vivendo in comunità, portavano l'abito bianco e il mantello nero dell'ordine dei predicatori...
Le si raggruppava poi intorno una varia accolta di discepoli d'ogni ceto, attratti dalla sua pura fede e dalla schietta accoglienza della parola di Dio, senza mezzi termini e senza compromessi... Il progresso spirituale culminò con lo sposalizio nella fede, che poteva sembrare il sigillo di una vita votata all'isolamento e alla contemplazione. Invece il Signore, nel darle l'anello invisibile, intendeva unirla a sé nelle imprese del suo regno. La popolana ventenne vedeva ciò in termini di separazione dallo Sposo celeste, ma egli invece la rassicurava che intendeva stringerla di più a sé «mediante la carità del prossimo», cioè contemporaneamente sul piano della mistica interiore e su quello dell'azione esteriore o della «mistica sociale», com'è stato detto...
Passò dalla conversione di singoli peccatori alla riconciliazione tra persone o famiglie avversarie; alla rappacificazione fra città e repubbliche... L'impulso del maestro divino svelò in lei come un'umanità d'accrescimento. Per lei, figlia d'artigiani e donna senza lettere, cioè senza scuola né istruzione, la visione del mondo e dei suoi problemi superò enormemente i limiti del suo quartiere, fino a progettare la sua azione in termini mondiali.
San Giovanni Paolo II (1920-2005), papa
Lettera apostolica per il 6° centenario del transito di Santa Caterina da Siena, 29/04/1980 ( © Libreria Editrice Vaticana)

sabato 23 aprile 2016

1179 - V DOMENICA DI PASQUA

La parole del Vangelo di Giovanni 13,31b-35 furono scritte dopo la discesa dello Spirito Santo; così il Vangelo di oggi ci permette di leggere in profondità il mistero della Pasqua di Gesù.
1. Il Figlio dell’uomo è stato glorificato. Il termine «gloria» è molto importante nel Vangelo di Giovanni e ha un significato preciso: la gloria di Dio è la rivelazione, nella croce di Gesù, del suo disegno di amore per gli uomini. Essa si svela nel perdono del peccatore, perché rende evidente la misericordia di Dio. Dio è glorioso per ciò che ha fatto per ciascuno di noi; non dobbiamo pensare che tocchi a noi rendere gloria a Dio: egli non vuole nulla da noi se non lo stupore e il riconoscimento della bellezza sfolgorante del gesto di Gesù che, in croce, ha svelato quanto Dio ci ama. Il Padre, chiedendo a Gesù di salire sulla croce al nostro posto, non poteva farci un dono più bello; neppure la grandezza infinita della creazione è bella come l’amore che esce dal cuore di Gesù crocifisso.
2. Ancora per poco sono con voi. Con queste parole Gesù annuncia il suo ritorno al Padre, quello che noi chiamiamo «ascensione». I discepoli, dopo la Pentecoste, hanno fatto esperienze straordinarie, che hanno dato loro la certezza della risurrezione di Gesù. Insieme a lui hanno potuto rileggere la passione e capire perché il Figlio dell’uomo «doveva morire». Tra poco la liturgia ci inviterà ad accogliere la grazia che sarà donata da Gesù che ritorna al Padre. La liturgia del tempo pasquale è un continuo inno di gioia per la speranza gloriosa che il Risorto accende in noi. «Ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire». Ma allora cosa ci resta della risurrezione di Gesù se non ci porta con lui? Gesù non ci porta con lui, ma ci promette lo Spirito che avrà il compito di farci come lui. Questo sarà possibile attraverso l’obbedienza all’unico comandamento che, ormai, può rispecchiare la croce: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». In questo modo il ritorno di Gesù al Padre coincide con l’inizio del cammino della Chiesa.
3. Un comandamento nuovo. Con questo comandamento nasce la Chiesa nel cuore dei discepoli di Gesù e nasce perché i discepoli debbono amare come ha amato Gesù. Impresa impossibile; ma nulla è impossibile a Dio che, con Gesù risorto, manderà lo Spirito d’amore per rendere possibile ciò che altrimenti sarebbe folle e impraticabile. Amare come Gesù infatti significa amare stando in croce. Per questo sappiamo che la Chiesa nasce dall’Eucaristia (cioè dalla croce). La Chiesa è il «corpo di Cristo» che vive nella storia ed è riconoscibile come Chiesa solo dall’amore che i cristiani vivono tra loro. Meno scorie non evangeliche (o addirittura anti-evangeliche) ci sono, più facile sarà per il mondo riconoscere la Chiesa. Noi cristiani abbiamo una carità urgente da fare al mondo: offrire l’opportunità di riconoscere la Chiesa. Se il mondo la riconoscesse (cioè se i cristiani si amassero tra loro), tutti gli uomini potrebbero, se lo volessero, incontrare l’amore di Dio.
Commento di don Luigi Galli

1178 - PREGHIERA ECUMENICA

Fa, Signore, che tutti gli uomini di buona volontà di tutte le Religioni,
a Nord e a Sud, in Oriente ed in Occidente, in responsabilità comune,
demoliscano le montagne dei malintesi,
riempiano i fossati dell'odio
e spianino strade verso un futuro in comune.
Fa che tacciano le armi nell'unico nostro mondo,
e fa invece risuonare più forte l'appello alla pace,
per tutti, senza differenze.
Signore, unico Dio: fa di tutti strumenti della tua pace!
Hermann Schaluck, ofm


1177 - BUSSO AL TUO CUORE

ll mio cuore, è davanti a te, o Signore,
si sforza ma da solo non può farcela:
ti prego fa' tu, ciò che egli non può.
Introducimi nella cella del tuo amore:
te lo chiedo, te ne supplico,
busso alla porta del tuo cuore.
E tu che mi fai chiedere, concedimi di ricevere.
Tu che mi fai cercare, fa' che ti trovi.
Tu che mi esorti a bussare, apri a chi bussa.
A chi darai se non dai a chi ti chiede?
Chi troverà se chi cerca, cerca inutilmente?
A chi darai se non ascolti chi ti prega?
O Signore, da te mi viene il desiderio,
da te mi venga anche l'appagamento.
Anima mia, sta unita a Dio, anche
importunatamente,
e tu Signore non la rigettare,
essa si consuma d'amore per te.
Ristorala, confortala,
saziala con il tuo amore e il tuo affetto.
Il tuo amore mi possieda totalmente,
perché con il Padre e con lo Spirito Santo,
tu sei il solo Dio benedetto nei secoli dei secoli.
(Sant' Anselmo d'Aosta)

sabato 16 aprile 2016

1176 - IV DOMENICA DI PASQUA

Il Vangelo di oggi (Gv.15,9-17) è una pagina densissima e ci invita a meditare in profondità la natura della nostra fede. Gesù descrive in modo nitido e chiaro il percorso della fede in lui. Lo riprendiamo in quattro tappe.
1. «Io ho amato voi». Tutto parte dall’amore che Gesù ha per noi: è il punto di partenza da cui non si può prescindere. A Pasqua abbiamo visto Gesù crocifisso e lo abbiamo rivisto risorto e fatto Signore dell’universo. In questo modo l’evento pasquale di Gesù è il fondamento e la ragione della fede. Infatti credere significa accogliere il Vangelo della Pasqua e riconoscere in esso la forma storica e spettacolare che ha manifestato, in modo completo e definitivo (sulla croce tutto «è compiuto»), l’amore del Padre per ogni essere umano e per tutta la creazione. Da Gesù ci giunge la notizia che l’amore del Padre è fedele e non permetterà che nulla, di quello che egli ha fatto e ama, potrà mai andare perduto. Da questo amore non ci si può staccare; staccarsi da Gesù vuol dire allontanarsi da Dio e dalla salvezza.
2. Rimanere nell’osservanza dell’amore. Questo amore di Dio non è un atto compiuto una tantum e solo per alcuni. È un amore che resta per sempre perché la nuova alleanza è stata sigillata con il sangue del Figlio di Dio. Di questo amore ci si può fidare e su questo amore si può ragionevolmente far poggiare tutta la vita, la mia e quella di ogni essere umano. La croce è l’àncora sicura di salvezza, è l’amore che mai abbandona. Da qui nasce l’invito di Gesù a «rimanere nel suo amore»: non è un restarvi volontaristicamente, con i propri sforzi, ma un abbandonarsi sereno nelle braccia del Padre che sono sempre pronte ad accogliere.
3. L’amore più grande. L’amore con cui siamo amati e che siamo chiamati a vivere con i fratelli è fedele in modo incondizionato. Lo scopo della mia vita è che il mio fratello viva, allo stesso modo Gesù ha vissuto la sua Pasqua come atto supremo di fedeltà al Padre; il corpo di Gesù, cioè la carne di Dio, è la garanzia dell’amore divino, dunque senza confini. In qualche modo il cristiano è chiamato a vivere in questa immensità e a testimoniare che, da questo oceano di vita e di speranza, prende la forza e la gioia di donare, a sua volta, un amore senza confini. L’amore più grande viene dal Padre e, attraverso Gesù, è partecipato a tutti gli uomini, che diventano amici; per questi amici sono disposto anche a dare la mia vita. È un amore generativo, che dona gioia a chi dà e a chi riceve; è gratuito, perché si preoccupa solo che l’altro viva.
4. La mia gioia in voi. La gioia è frutto di tre cose: sicurezza, pienezza, appagamento. L’amore costruito sulla roccia che è Gesù offre stabilità perché nasce nuovo ogni giorno dal suo amore: non devo meritarlo, devo solo trarne un alimento gratuito. «Chi è senza denaro venga: mangi e beva», è l’invito del profeta Isaia. Dona pienezza, cioè offre la possibilità di una vita santa, l’unica pienamente umana. L’amore di Gesù libera da ogni paura: dove c’è l’amore, non può esserci la paura.
don Luigi Galli