Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

mercoledì 31 agosto 2011

584 - DAL MOZAMBICO CI SCRIVE PADRE GIACOMO

Carissimi,
eccoci a voi dopo un lunghissimo silenzio. Non c’è altra scusa che la pigrizia. Per riportarci al passo ci limiteremo in questa informazione, ad una lista delle cose fatte e dei vari accadimenti, senza pretese esaustive.
- Abbiamo ricevuto tante graditissime visite tra cui assume grande significato quella del Vescovo di Brescia Mons. Luciano Monari che ci ha stimolato nel nostro servizio apostolico e sociale.
- La visita dei soci della Associazione La Vela di Sezze (LT), che sostengono la nostra Scuola Agraria, accompagnati da Padre Paolo Bergamini, è stata anche l’occasione per la presentazione alle autorità amministrative Locali, Distrettuali e Provinciali e ai leader delle comunità del territorio dei risultati ottenuti e dei progetti chela Missione sta portando avanti. Le numerose autorità presenti ci hanno rivolto parole di elogio e di gratitudine.
- La visita lampo del Governatore della Provincia che ha voluto rendersi conto di persona sulla natura e i risultati della sperimentazione di introduzione in Mozambico delle vacche da latte, ha suggellato la chiusura di un Progetto cofinanziato dalla Regione Lombardia. I risultati ottenuti vanno molto aldilà delle nostre aspettative.
- Il 22 maggio la nostra Chiesa era stracolma di più di 1500 persone per la messa di ringraziamento perla Beatificazione della Madre Maria Clara del Bambino Gesù, fondatrice delle suore che collaborano con noi nelle diverse attività educative e assistenziale della Missione.
- Il 21 Luglio 2011 alle ore 14.00 è arrivata l’energia eletrrica. E’ una data che rimarrà nel libro delle Cronache della nostra Missione. Rimane ancora molto lavoro da fare perchè la fornitura non ci permette di far funzionare contemporaneamente tutte le nostre utenze (pompe dell’acqua, macchine della falegnameria, macchine della meccanica, sala di informatica, stalla, casa della Missione, aule scolastiche, ecc.), ma intanto, programmandone l’utilizzo, riusciamo a far fronte alle nostre necessità con costi decisamente inferiori a prima.
- Abbiamo terminato la costruzione dell’officina meccanica e grazie all’arrivo di Maurizio Mistrello insegnante e responsabile della manutenzione del Centro di Milano, sono state collocate e messe in funzione anche le macchine.
- Anche la falegnameria è stata messa in completo funzionamento, grazie all’intervento di Maurizio Mistrello. Adesso entrando nella falegnameria, guardando all’immagine di Maura Pintossi, figlia dei genitori che ci hanno donato le macchine, ci pare che ci sorrida soddisfatta.
Ma se il Signore ci concede di rallegrarci delle cose belle che vi abbiamo raccontato in questa informazione, continuano ogni giorno a rimanerci infisse nel profondo del cuore, mentre diciamo l’ultima preghiera prima di addormentarci, gli occhi supplicanti delle giovani mamme che ogni giorno vengono con i loro bambini a chiedere latte per nutrirli, le file di giovani e meno giovani che vengono ad implorare un lavoro per guadagnare qualche cosa per loro e per le loro famiglie, le sofferenze e gli strazi dei moribondi condannati a morire per mancanza del minimo necessario per una vita degna e al cui capezzale siamo chiamati a dare almeno l’ultimo conforto.
Le voci dei bambini che durante le settimane di Grest cantano e giocano spensierati, i cori dei nostri ragazzi del convitto, le lunghe file di alunni che alle 6,45 cantano l’inno nazionale in uniforme di pantalone e cravatta nera su camicia bianca prima di entrare in aula, ci fanno sperare che il loro futuro sarà migliore di quello dei loro genitori.
Un carissimo saluto a tutti dalla Comunità di Mocodoene.
Padre Giacomo Marietti
23 Agosto 2011

venerdì 26 agosto 2011

583 - LA XI DOMENICA DI PENTECOSTE

Vangelo secondo Marco 12,13-17
In quel tempo. I sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani 13mandarono dal Signore Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. 14Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. è lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?». 15Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». 16Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l'iscrizione di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». 17Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.  

Il brano riporta la seconda delle cinque controversie che oppongono Gesù ai «capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani» (cfr. Mc 11,27), i quali, in questo caso, agiscono per interposta persona. Si tratta di «alcuni farisei ed erodiani» presumibilmente contrari i primi al pagamento del “tributo a Cesare”, mentre i secondi erano molto facilmente favorevoli. L’intento dei mandanti è di natura malevola nei confronti di Gesù e cercano di metterlo in tutti i modi in difficoltà anche se, a parole, i loro emissari ne riconoscono la rettitudine e la franchezza (v. 14).
La “trappola” in cui sperano di far cadere Gesù riguarda il pagamento del “tributo a Cesare” che poneva un serio problema alla coscienza del popolo d’Israele fiero nel riconoscere come proprio sovrano e signore il solo Dio! (vedi il primo comandamento: Esodo 20,2-6; Deuteronomio 5,6-10). Pagare il “tributo” equivale infatti a dichiarare la sottomissione all’imperatore romano!
Di qui la difficoltà di rispondere a una tale domanda: dire di sì significa squalificarsi agli occhi del popolo che non sopportava la dominazione dei romani; dire di no significa pronunciare una parola di aperta ribellione al potere di Roma e, dunque, il rifiuto di sottomettersi all’imperatore.
L’evangelista tiene a porre in rilievo il potere divino di Gesù di leggere nel cuore degli uomini precisando che egli immediatamente colse l’intenzione maligna della domanda a lui rivolta. Spiazza così i suoi interlocutori facendosi dare “un denaro” ossia la moneta romana in argento che equivaleva a un giorno di paga per i braccianti e “intrappolandoli” a sua volta con una domanda: «Questa immagine e l’iscrizione di chi sono?» (v. 16) che poteva avere una sola risposta: “Di Cesare” ossia dell’imperatore romano del tempo.
La mirabile “sentenza” del Signore: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare» fa capire che usando la moneta di Cesare i suoi avversari ne accettano, di fatto, il potere e la sovranità e, pertanto, sono tenuti a pagare il tributo.
Nella seconda parte della sua risposta: «e quello che è di Dio, (rendetelo) a Dio» (v. 17), Gesù eleva il dibattito al piano “teologico” per sottolineare come non c'è nessun potere umano che possa ritenersi superiore al potere divino. Anzi “ciò che è di Cesare” è subordinato a “ciò che è di Dio” al quale anche Cesare appartiene. La controversia perciò si conclude con la sottolineatura di Marco: «E rimasero ammirati di lui».
Proclamato nel peculiare contesto liturgico orientato al Martirio del Battista, il brano evangelico vuole sottolineare con forza l’unicità di Dio e della sua esclusiva signoria sul mondo e sulla storia.

Signoria alla quale veniamo esortati a tenere fede sull’esempio del Battista e, ancora prima di lui, dei “martiri per l’osservanza del sabato” di cui ci parla la Lettura. Si tratta di un migliaio di persone tra uomini, donne e bambini che, all’epoca della persecuzione scatenata dal re Antioco IV Epifane contro i Giudei che non accettavano l'ellenizzazione forzata, preferirono andare inermi incontro alla morte dichiarando: «Moriamo tutti nella nostra innocenza», pur di non venir meno alla fedeltà e all’obbedienza alle disposizioni divine (1Maccabei, 2,37).
L’Epistola paolina esorta anche noi credenti nel Signore a rafforzarci in lui «e nel vigore della sua potenza» (Efesini 6,10) per poter perseverare ed essere vittoriosi nella battaglia che dobbiamo ogni giorno affrontare contro i «dominatori di questo mondo tenebroso» (v. 12). L’Apostolo ci dice anche quale “armatura” indossare per affrontare la battaglia e soprattutto ci esorta a prendere «la spada dello Spirito, che è la parola di Dio» (v. 17).
La celebrazione eucaristica ponendoci a contatto con la Parola e con il Corpo del Signore ci riveste dell’invincibile potenza racchiusa nella sua Pasqua e, perciò, siamo in grado di “resistere”, sull’esempio dei martiri, «nel giorno cattivo» e di «restare saldi dopo aver superato tutte le prove» (v. 13) nell’obbedienza della fede al nostro Dio e Signore.

sabato 20 agosto 2011

582 - LA DECIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Pone in primo piano l’edificio materiale del Tempio di Gerusalemme come annunzio e figura profetica del vero Tempio di Dio che sono tutti i credenti i quali, sull’esempio di Gesù, offrono sé stessi al Padre.
Lettura: 1Re 8,15-30; Salmo 47;
Epistola: 1Corinzi 3,10-17;
Vangelo: Marco 12,41-44.
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Il brano evangelico oggi proclamato è immediatamente preceduto dalle severe parole con le quali il Signore smaschera l’ipocrisia degli “scribi”, ovvero di alcuni maestri e dottori della Legge (Marco 12,38-40), i quali amano ostentare una devota religiosità, mentre la loro condotta è ben lontana dalla Legge di Dio. La protagonista della presente pagina evangelica è presentata con un atteggiamento del tutto contrario a quello degli scribi.
Il v. 41 colloca la scena nel Tempio di Gerusalemme e in particolare nei pressi del Tesoro dove erano collocate alcune cassette adatte a ricevere le offerte che i fedeli vi gettavano per contribuire alle spese di manutenzione del Tempio e per il culto divino che in esso veniva offerto. Tra la folla degli offerenti si distinguono agli occhi di Gesù, attento osservatore, “tanti ricchi” che vi gettavano “molte” monete forse con un atteggiamento di compiaciuta ostentazione simile a quella prima descritta negli scribi (vv. 38-40).
Il v. 42 presenta a questo punto “una povera vedova” che getta nel “tesoro” “due monetine”, che ben traduce il termine greco usato dall’evangelista per indicare la più piccola moneta allora in circolazione nella terra di Gesù. Occorre pure notare come la vedovanza, per la maggior parte delle donne, comportava una triste condizione di vita alla quale non c’era rimedio se non affidandosi ai figli o alla pubblica carità. Si comprende perciò come esse andavano sovente incontro a soprusi e sfruttamento, già denunciati dai profeti e anche da Gesù che accusa gli scribi di «divorare le case delle vedove» (v. 40).
È evidente che nel sottolineare il gesto della povera vedova si vuole esaltare la sua generosità totale verso Dio che l’Antico Testamento aveva più volte presentato come «difensore delle vedove e degli orfani».
Di qui la reazione di Gesù che chiama «a sé i suoi discepoli» (v. 43) ai quali intende impartire un insegnamento di grande importanza, come si deduce dalla solenne formula di introduzione: «In verità io vi dico», con la quale egli mostra, ancora una volta, di saper leggere nei cuori di tutti, come nel cuore della vedova che dona una somma di per sé insignificante ma lo fa come segno esterno della sua volontà di donare a Dio «tutto quanto aveva per vivere» (v. 44) ossia tutta sé stessa.
Le parole del Signore sulla “povera vedova” che dona tutto al Tempio e, dunque, a Dio fanno comprendere il significato più profondo di ciò che era prefigurato nell’edificio materiale del Tempio, costruito con grande sfarzo da Salomone figlio di Davide (cfr. Lettura: 1Re 8,15-30).
Il Tempio rappresenta la realizzazione del desiderio del grande re Davide di «costruire una casa al nome del Signore» (v. 17) perché il suo “nome” dimorasse in mezzo al suo popolo Israele garantendo in tal modo la costante presenza di Dio, al quale Salomone chiede di ascoltare «la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo» (v. 30).
Il Signore Gesù, con il suo insegnamento, ha mostrato che il Tempio, materialmente inteso come abitazione di Dio in terra, annunziava la costruzione della “santa dimora” che Dio si edifica nel cuore dei credenti veri suoi adoratori. Egli, infatti, non cerca elargizioni e offerte materiali, ma gradisce l’offerta e il sacrificio del cuore come nel caso della vedova che, nelle due monetine, si consegna totalmente e definitivamente a lui.
Avvertiti dall’Apostolo: «Non sapete che siete tempio di Dio» (Epistola: 1Corinzi 3,16), imprimiamo nel nostro spirito ciò che il Signore ha detto scrutando il cuore della povera vedova e riconoscendo nel suo gesto di offerta un anticipo di quanto lui stesso avrebbe compiuto sull’altare della croce: l’offerta di tutto sé stesso al Padre, sacrificio a Dio gradito e fonte di riconciliazione e di santificazione per tutti.
Con le stesse disposizioni così preghiamo nell’Orazione sui doni: «Accetta, o Padre, le offerte che deponiamo sull’altare per esprimere il nostro proposito di servirti e di amarti, e ridonale ai tuoi figli devoti, rese segno e principio di vita redenta».
(A.Fusi)

venerdì 19 agosto 2011

581 - FESTA DI ACCOGLIENZA DEI GIOVANI NELLA PLAZA DE CIBELES DI MADRID

Cari giovani, ascoltate veramente le parole del Signore, perché siano in voi «spirito e vita» (Gv 6,63), radici che alimentano il vostro essere, criteri di condotta che ci assimilano alla persona di Cristo: essere poveri di spirito, affamati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, amanti della pace. Fatelo ogni giorno con costanza, come si fa con il vero Amico che non ci defrauda e con il quale vogliamo condividere il cammino della vita. Ben sapete che, quando non si cammina al fianco di Cristo, che ci guida, noi ci disperdiamo per altri sentieri, come quello dei nostri impulsi ciechi ed egoisti, quello delle proposte che lusingano, ma che sono interessate, ingannevoli e volubili, lasciano il vuoto e la frustrazione dietro di sé.
Approfittate di questi giorni per conoscere meglio Cristo e avere la certezza che, radicati in Lui, il vostro entusiasmo e la vostra allegria, i vostri desideri di andare oltre, di raggiungere ciò che è più elevato, fino a Dio, hanno sempre un futuro certo, perché la vita in pienezza dimora già nel vostro essere. Fatela crescere con la grazia divina, generosamente e senza mediocrità, prendendo in considerazione seriamente la meta della santità. E, davanti alle nostre debolezze, che a volte ci opprimono, contiamo anche sulla misericordia del Signore, che è sempre disposto a darci di nuovo la mano e che ci offre il perdono attraverso il Sacramento della Penitenza.
Edificando sulla ferma roccia, non solamente la vostra vita sarà solida e stabile, ma contribuirà a proiettare la luce di Cristo sui vostri coetanei e su tutta l’umanità, mostrando un’alternativa valida a tanti che si sono lasciati andare nella vita, perché le fondamenta della propria esistenza erano inconsistenti. A tanti che si accontentano di seguire le correnti di moda, si rifugiano nell’interesse immediato, dimenticando la giustizia vera, o si rifugiano nelle proprie opinioni invece di cercare la verità senza aggettivi.
Sì, ci sono molti che, credendosi degli dei, pensano di non aver bisogno di radici, né di fondamenti che non siano essi stessi. Desidererebbero decidere solo da sé ciò che è verità o no, ciò che è bene o male, giusto e ingiusto; decidere chi è degno di vivere o può essere sacrificato sull’altare di altre prospettive; fare in ogni istante un passo a caso, senza una rotta prefissata, facendosi guidare dall’impulso del momento. Queste tentazioni sono sempre in agguato. È importante non soccombere ad esse, perché, in realtà, conducono a qualcosa di evanescente, come un’esistenza senza orizzonti, una libertà senza Dio. Noi, in cambio, sappiamo bene che siamo stati creati liberi, a immagine di Dio, precisamente perché siamo protagonisti della ricerca della verità e del bene, responsabili delle nostre azioni, e non meri esecutori ciechi, collaboratori creativi nel compito di coltivare e abbellire l’opera della creazione. Dio desidera un interlocutore responsabile, qualcuno che possa dialogare con Lui e amarlo. Per mezzo di Cristo lo possiamo conseguire veramente e, radicati in Lui, diamo ali alla nostra libertà. Non è forse questo il grande motivo della nostra gioia? Non è forse questo un terreno solido per edificare la civiltà dell’amore e della vita, capace di umanizzare ogni uomo?
Cari amici: siate prudenti e saggi, edificate la vostra vita sulla base ferma che è Cristo. Questa saggezza e prudenza guiderà i vostri passi, nulla vi farà temere e nel vostro cuore regnerà la pace. Allora sarete beati, felici, e la vostra allegria contagerà gli altri. Si domanderanno quale sia il segreto della vostra vita e scopriranno che la roccia che sostiene tutto l’edificio e sopra la quale si appoggia tutta la vostra esistenza è la persona stessa di Cristo, vostro amico, fratello e Signore, il Figlio di Dio fatto uomo, che dà consistenza a tutto l’universo. Egli morì per noi e risuscitò perché avessimo vita, e ora, dal trono del Padre, continua ad essere vivo e vicino a tutti gli uomini, vegliando continuamente con amore per ciascuno di noi.
Affido i frutti di questa Giornata Mondiale della Gioventù alla Santissima Vergine Maria, che seppe dire «sì» alla volontà di Dio, e ci insegna come nessun altro la fedeltà al suo divino Figlio, che seguì fino alla sua morte sulla croce. Mediteremo tutto ciò più attentamente nelle diverse stazioni della Via Crucis. Preghiamo che, come Lei, il nostro «sì» di oggi a Cristo sia anche un «sì» incondizionato alla sua amicizia, alla fine di questa Giornata e durante tutta la nostra vita. Grazie.
Benedetto XVI

giovedì 18 agosto 2011

580 - LA BELLEZZA DELLA SANTITÀ

In occasione della Giornata mondiale della gioventù, che si tiene dal 16 al 21 agosto a Madrid, Matteo Liut, giornalista di Avvenire, ha dato alle stampe «Il paradiso siamo noi», che raccoglie “storie di giovani che hanno lasciato il segno”.
Pubblichiamo parte di un’intervista che apre il libro, a mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e presidente della Commissione Cei per il laicato.
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Quali potrebbero essere le scelte concrete per i giovani che volessero seguire la via della santità?
Il Vangelo in tasca sempre, nel senso che il Vangelo deve essere la regola quotidiana della vita, la persona, perché il Vangelo è Gesù, che ti senti accanto sempre e di cui ti innamori senza aver paura di fare pazzie. Una guida anche «schizzata», ma fedele alla Chiesa e al suo insegnamento. Una preghiera al «naturale» fatta di lotta, di lite e di pace con il Signore, una joint venture obbligata con il prossimo che non devi ignorare e mai staccare da te.
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Chi o cosa può aiutare i ragazzi a fare scelte di santità?
Una guida paziente, decisa, sicura, appassionata, capace di intuire i sogni di Dio sulla vita delle persone e di aiutare lentamente a comprenderli e ad attuarli. Oggi purtroppo sono pochissimi quelli che propongono a un giovane il progetto della santità o la meta del paradiso. Mancano le persone che osano proporre l’impossibile di Dio nei continui calcoli di sopravvivenza che tarpano le ali. Una comunità, o un gruppo di amici con cui si può parlare di santità senza essere continuamente richiamati al buon senso. Qualcuno vorrebbe addomesticare al buon senso anche le affermazioni di Gesù. Ma cosa succederebbe se provassimo ad aggiungere alle sue «sparate» un «si fa per dire»? Va’, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi! Si fa per dire. Non c’è amore più grande di colui che dà la vita per i fratelli. Si fa per dire. Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me. Si fa per dire. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli. Si fa per dire.
No, non si fa proprio per dire. È cosi. E quando Gesù trova le nostre domande e le nostre riserve impaurite, non comincia ad attenuare come fa ogni pessimo educatore. Gesù rincara la dose e provoca con un’altra domanda i suoi discepoli impauriti: volete andarvene anche voi?
C’è un’arte che sta imperversando ai nostri giorni: quella di non decidersi mai. Perché si preferisce tenere il piede in due scarpe e rimandare all’infinito quello che e necessario fare oggi.
Ci provano in tre a presentare le loro tergiversazioni, le loro indecisioni a Gesù. Io ti seguirei... si sta bene con te. È un po’ che ti sento, ho visto quanto bene vuoi alla gente. Tu non ti lasci sopraffare dal dolore, ma lo vinci. E Gesù: le volpi hanno tana e gli uccelli nidi, con me non c’è nessun loculo protettivo dove puoi stare tranquillo con il tuo stereo, la tua parabolica, il tuo fax, la tua mail e la tv a cristalli liquidi, il tuo cellulare, la tua raccolta di video digitali... E l’altro: ti verrei dietro, ma fammi sistemare i miei affetti, non voglio rompere così di netto, non vorrei ferire. E Gesù: se hai deciso, non continuare a voltarti indietro; credi di fare il delicato, il sensibile, ma non t’accorgi che continui a rimandare. Credi di decidere, ma continui a crearti alibi. E l’altro ancora: ho deciso di seguirti, ma prima devo seppellire mio padre. E Gesù: guarda che la cosa più importante è che tu dia la vita per incendiare il mondo, non per stare ad aspettare gli eventi. Sei una sentinella del mattino o il becchino di un cimitero? Gesù è così. Non distrugge i sentimenti, ma non si adatta al buonismo. Non spegne il lucignolo, ma vuole radicalità; non gli vanno le mezze misure, le nostre melasse. Farsi santi è non aver paura della raffica di verbi di Gesù al giovane ricco, che voleva tenere solo per sé la propria giovinezza: «Va’, vendi, regala, vieni e seguimi».
(da Mondo e Missione, agosto settembre 2011)

domenica 14 agosto 2011

579 - ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Portale centrale del Duomo di Milano
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E’ destinata a celebrare, ogni anno, il mistero dell’assunzione al cielo della Vergine Santa, da sempre e dovunque creduto nella Chiesa e così essenzialmente presentato dal papa Pio XII che nel 1950 ha ritenuto di proclamarlo come verità dogmatica: «La Madre di Dio, unita a Gesù Cristo fin da tutta l'eternità... alla fine ottenne di coronare le sue grandezze, superando la corruzione del sepolcro. Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, re immortale dei secoli».
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Lettura: Apocalisse 11,19;12,6a.10ab. Presenta nella “donna vestita di sole” insidiata, nell’ora del parto, dall’enorme “drago rosso” l’immagine della Chiesa che lungo i secoli soffre nel vedersi minacciata e perseguitata senza però essere mai vinta. La tradizione della Chiesa vi ha visto anche l’immagine della Vergine Santa.
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Epistola: 1Corinzi 15,20-26 Trasmette l’insegnamento apostolico riguardante il mistero pasquale del Signore Gesù che, quale nuovo Adamo, fa partecipi tutti gli uomini della “risurrezione dai morti”.
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Vangelo: Luca 1,39-55 Riporta il racconto della visita di Maria alla cugina Elisabetta rimasta incinta “nella sua vecchiaia” (vv. 39-45) e dell’inno uscito dal cuore della Vergine Santa, il Magnificat (vv. 46-55) pieno di esultanza e ammirazione davanti alle “grandi cose” che Dio ha compiuto in lei, in Elisabetta e, continua a compiere, negli umili che si dichiarano suoi “servi”.

sabato 13 agosto 2011

578 - LA GUARIGIONE DEL PARALITICO


Sacro Monte di Varallo Sesia – Cappella 15 (Iniziata prima del 1572 su progetto di Galeazzo Alessi fu modificata da Giovanni d' Enrico. Statue di Giovanni d' Enrico. Affreschi di Cristoforo Martinolio detto ' il Rocca')
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In quel tempo. Il Signore Gesù entrò in Cafarnao. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portaglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Alzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico -: alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
Dal Vangelo secondo Marco 2,1-12

venerdì 12 agosto 2011

577 - LA NONA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Per comodità di lettura possiamo così suddividere il brano evangelico di Marco 2,1-12: i vv. 1-2 sono introduttivi all’intero racconto che occupa la parte che va dal v. 3 al v. 12 nella quale si inserisce il dialogo polemico con gli “scribi” (vv. 6-9) che culmina con la parola di rivelazione sul potere di Gesù di “perdonare i peccati” (vv. 10-11). In particolare i versetti introduttivi mentre ambientano la successiva scena drammatica evidenziano l’accorrere della gente attorno a Gesù il quale «annunciava loro la Parola» (v. 2).
Capiremo nel corso del racconto incentrato sulla “guarigione” di un “paralitico” come tale annunzio sia finalizzato a suscitare la fede negli ascoltatori. Fede che è espressa non a parole ma con il gesto concreto dei portatori del paralitico i quali, pur di mettere davanti a Gesù il malato, non esitano a scoperchiare «il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico» (v. 4).
Di fatto Gesù riconosce in quei gesti, alquanto decisi e sbrigativi, “la loro fede” (v. 5) che in questo caso esprime la totale fiducia dei portatori e del paralitico in Gesù. A lui, di fatto, si consegnano confidando nel suo potere!
Le parole del Signore, a questo punto, sono davvero sorprendenti: non sono infatti parole di “guarigione” come era lecito aspettarsi, ma di “perdono dei peccati”. Parole tanto sorprendenti al punto da suscitare la reazione degli “scribi” (vv. 6-7) ovvero degli esperti conoscitori delle Scritture i quali sanno bene che solo Dio ha il potere esclusivo di perdonare i peccati e nessun altro (cfr. Deuteronomio 6,4).
Va qui rimarcata la sottolineatura dell’evangelista. Egli dice che la reazione ostile degli scribi, i quali “giustamente” accusano Gesù di “bestemmia” perché si è attribuito un potere che spetta unicamente a Dio, non viene da essi dichiarata ma pronunciata nel segreto dei loro cuori (v. 6).
Il fatto che Gesù conosca “nel suo spirito” ciò che gli scribi pensavano nella loro mente (v. 8) rivela che egli è dotato di un altro esclusivo potere divino: quello di «conoscere il cuore degli uomini» come in più parti affermano le Scritture.
Arriviamo, così, al culmine del racconto che ha al centro la parola di rivelazione di Gesù sul suo potere di «perdonare i peccati sulla terra» (v. 10), un “potere” al quale gli uomini sono invitati ad aderire con fede e che rende visibile il “potere” stesso di Dio che ha mandato nel mondo il suo Figlio a ridonare all’uomo la gioia del perdono (cfr. ritornello al Salmo 31) che porta alla guarigione integrale, così come avviene nel paralitico. È lui infatti, ora, sulla parola di Gesù (v. 11), ad alzarsi, a prendere la barella e ad andarsene sotto gli occhi stupiti e ammirati dei presenti (v. 12).
Il cammino di fede che ogni anno ci ripropone il tempo liturgico “dopo Pentecoste” giunge in questa domenica a una delle svolte più decisive nella storia della salvezza; quella cioè che il “potere” esclusivo di rimettere i peccati che avviluppano l’uomo nella malattia mortale dello spirito, un potere proprio di Dio, brilla in Gesù Cristo, l'Unigenito suo Figlio che nella sua Pasqua di morte e di risurrezione ha realizzato il perdono dei peccati degli uomini, facendo davvero rifulgere “dalle loro tenebre” la “luce” della vita rinnovata, della risurrezione (cfr. Epistola: 2Corinzi 4,6).
L’iniziale rivelazione vetero-testamentaria annunzia ed esalta ripetutamente il potere divino di rimettere i peccati. È ciò che leggiamo nella Lettura a proposito dell’abisso di colpa nella quale era sprofondato nientemeno che il grande re Davide oggetto delle benedizioni più elette e delle promesse di Dio.
In questo caso, però, Dio per concedere il suo perdono si serve di un intermediario, come il profeta Natan. Questi dopo aver portato alla luce il peccato di Davide e ottenuta da lui la parola di pentimento: «Ho peccato contro il Signore» (2Samuele 12,13a) è in grado non di dare ma di significare a Davide il perdono concesso da Dio che legge il pentimento nel suo cuore: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai» (v. 13b).
Al contrario, il Signore Gesù, il Figlio unico del Padre, è lui in persona ad “assolvere” e a guarire dal male: «Figlio, ti sono perdonati i peccati» (Marco 2,5). Questo potere ora il Signore Gesù continua a esercitarlo nella sua Chiesa specialmente nell’attuazione della sua morte sulla croce che è l’Eucaristia, nell’immersione battesimale nella sua morte e risurrezione, nel sacramento della Riconciliazione o Penitenza.
A questo perdono con fede ferma dobbiamo ricorrere di continuo sapendo che tutti noi portiamo “i tesori” della grazia di Dio nei “vasi di creta” quali sono le nostre persone (2Corinzi 4,7).
(A.Fusi)

domenica 7 agosto 2011

576 - FARE LE COSE CON AMORE


venerdì 5 agosto 2011

575 - OTTAVA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Il brano evangelico di Matteo 4,18-22 è inserito nel più ampio contesto del racconto degli “inizi” del ministero di Gesù in Galilea (vv. 12-22) subito dopo aver ricevuto la notizia che Giovanni il Battista era stato imprigionato da Erode (v. 12). Gli “inizi”, in particolare, sono contrassegnati dal messaggio essenziale di Gesù: «Convertitevi. è prossimo ormai il regno dei cieli» (v. 17).
La scena si svolge «lungo il mare di Galilea», a Cafarnao dove Gesù viene ad abitare dopo essersi trasferito da Nazaret (v. 13). Il brano, da tenere legato a quanto precede (vv. 12-17), vuole mostrare come il regno dei cieli comincia, in effetti, a diffondersi tra gli uomini.
Il testo presenta una prima (vv. 18-20) e una seconda coppia di “chiamati”, composte entrambi da “fratelli” (vv. 21-22). I primi due: «Simone detto Pietro e Andrea» sono “visti” da Gesù nell’atto di compiere il gesto proprio alla loro professione di pescatori: «gettavano le reti in mare».
Proprio a essi rivolge un invito che è come un comando: «Venite dietro a me», un’espressione che indica la relazione alla quale li chiama Gesù: letteralmente a stare “dietro” a lui e, dunque, a diventare suoi discepoli. Il motivo di tale chiamata, capace di cambiare la loro vita, è quello di farli diventare “pescatori di uomini” ossia di renderli idonei a conquistare gli uomini al regno dei cieli. La reazione dei due è contrassegnata dalla loro prontezza a lasciare “le reti” e a seguirlo, accettando in tal modo il mutamento della loro vita segnata oramai dalla sequela di Gesù.
Anche la seconda coppia di fratelli, Giacomo e Giovanni, sono chiamati mentre «riparavano le loro reti» e dunque nell’ordinarietà della loro vita di pescatori. Anch’essi, come Pietro e Andrea, “subito” si lasciano alle spalle la loro vita da pescatori e addirittura “il loro padre” e “lo seguirono” collocandosi cioè con decisione nella via del discepolato, sulle orme del Signore Gesù e, dunque, suoi collaboratori nella predicazione del Regno.
Osserviamo nel contesto del tempo liturgico che è in corso come nello sviluppo graduale della storia della salvezza che ha il suo culmine nella Pasqua del Signore, Dio ha “chiamato” dal suo popolo alcuni uomini da lui scelti per “annunciare” la sua Parola e la cui accoglienza è decisiva per la salvezza.
E' il caso davvero singolare della triplice “chiamata” del piccolo Samuele nel cuore della notte (Lettura: 1Samuele 3,4-8) e la prontezza di lui nel rispondere: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta», e soprattutto nel riportare fedelmente ciò che aveva udito dal Signore (v. 18).
Può sorprendere qui, come nel brano evangelico, che la chiamata Dio la rivolge ad un ragazzino come Samuele, a dei “pescatori” come i primi chiamati da Gesù presso il mare di Galilea, o, come nel caso di Paolo, a un “nemico” un “persecutore”, un “bestemmiatore” ovvero, come lui stesso afferma: «A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi» (Epistola: Efesini 3,8).
Comprendiamo così come è la “chiamata” di Dio del tutto libera e misteriosa a rendere idonei i “chiamati” alla loro “missione”: Samuele come “giudice” tra il popolo; i primi quattro apostoli come conquistatori di uomini al regno di Dio; Paolo al quale: «è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sull’attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio...» (vv. 3,8-9) vale a dire che ogni uomo, senza eccezione, è chiamato: «in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo» (v. 6).
La “chiamata” del Signore è incessante anche ai nostri giorni. Egli non smette di chiamare a collaborare con lui alla vera unica indispensabile missione: introdurre l’umanità nel Regno che lui è venuto ad annunciare e a impiantare realmente in questo nostro mondo, ovvero a far «trascorrere l’uomo da una condizione di morte ad una prodigiosa salvezza» (Prefazio).
E' la chiamata che egli rivolge anche a noi che, partecipando all’Eucaristia, ascoltiamo l’annuncio potente del Signore Gesù Cristo, che ci parla nelle Divine Scritture e che partecipando del Pane e del Vino dell’altare «formiamo un solo corpo», quello del Signore che attende di accogliere in sé ogni uomo e ogni donna.
(A. Fusi)

martedì 2 agosto 2011

574 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA AGOSTO 2011

Generale: Perché la Giornata Mondiale della Gioventù che si svolge a Madrid incoraggi tutti i giovani del mondo a radicare e fondare la loro vita in Cristo.

Missionaria: Perché i cristiani dell'Occidente, docili all'azione dello Spirito Santo, ritrovino la freschezza e l'entusiasmo della loro fede.
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Nella Chiesa primitiva, a causa della persecuzione e dello zelo evangelizzatore dei primi discepoli, gli apostoli ed i loro collaboratori si sparsero in tutta la terra allora conosciuta. San Paolo evangelizzò la Grecia e arrivò fino in Spagna e a Roma, dove subì il martirio. Anche San Pietro ha dato la sua vita per il Maestro vicino al colle Vaticano. Dalla capitale dell'Impero Romano, la fede in Cristo si diffuse in Europa, influenzando la cultura e impregnando del Vangelo tutti gli aspetti della vita sociale. La civiltà occidentale è stata costruita sui valori cristiani, su una visione dell’uomo segnato dal suo essere figlio di Dio, dal suo destino eterno in Cristo.
L'evangelizzazione dei nuovi continenti diffuse in tutto il mondo una cultura che affonda le sue radici nel Vangelo ed è inseparabile dalla fede. Purtroppo dal XVIII secolo è iniziata con l'Illuminismo, in Europa, un'ondata di laicismo, che ha preteso di spogliare della sua identità cristiana tutto l'Occidente. Questa ondata di laicismo sta arrivando alla cristianofobia, come afferma Papa Benedetto XVI. Il laicismo ha come conseguenza di portare l'uomo a vivere come se Dio non esistesse. Questo ha prodotto una grande mancanza di speranza, che si manifesta in una certa angoscia esistenziale per il futuro, nella diminuzione del tasso di natalità, del numero delle vocazioni, e in una incapacità nei giovani di prendere dicisioni definitive per la loro vita, incluso il matrimonio.
Durante la sua visita a Santiago de Compostela, nel novembre 2010, il Santo Padre Benedetto XVI ha affermato: "È una tragedia che in Europa, soprattutto nel XIX secolo, si affermasse e diffondesse la convinzione che Dio è l’antagonista dell’uomo e il nemico della sua libertà. (…) Dio è l’origine del nostro essere e il fondamento e culmine della nostra libertà, non il suo oppositore. (…) Come è possibile che si sia fatto pubblico silenzio sulla realtà prima ed essenziale della vita umana ?” (Santa Messa in occasione dell’Anno Santo Compostelano,Plaza del Obradoiro, 6 novembre 2010).
I discepoli di Cristo in Occidente devono effettivamente recuperare l'entusiasmo per la fede, superando il materialismo consumistico e aprendosi ad una dimensione trascendente della vita. E’ necessario riscoprire la persona di Cristo come Qualcuno che è vivo, che è in mezzo a noi. E' necessario trovare nuovi spazi di silenzio e di meditazione della Parola di Dio, per poter entrare in comunione con la persona di Gesù. Perciò il Papa ha chiamato i cristiani a "seguire l'esempio degli apostoli, conoscendo il Signore ogni giorno di più e offrendo una testimonianza chiara e coraggiosa del suo Vangelo".
Maria, Regina degli Apostoli, ci ottenga con la sua materna intercessione una nuova effusione dello Spirito Santo che rinnovi la Chiesa in Occidente.