Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

lunedì 30 maggio 2011

547 - ... PREGA PER NOI ...

Nostra Signora degli uomini
e delle donne sole che offrono ogni giorno
il dono della solitudine,
per farla diventare
testimonianza e servizio.
Prega per noi.
 Nostra Signora dei figli
tentati fortemente
di sfruttare l’amore dei genitori
per esigere molto
e dare poco.
prega per noi.
Nostra Signora dei pensionati
che faticano a riempire le giornate
diventate improvvisamente
troppo lunghe e vuote.
prega per noi.
Nostra Signora degli anziani
che vedono attorno a sé poca attenzione
e scarse possibilità di essere ascoltati
per fare sentire la loro esperienza.
prega per noi.
Nostra Signora degli ammalati,
di quelli appena toccati dal male,
di quelli ansiosi di guarire da una lunga malattia,
e di quelli senza più
alcuna speranza umana.
Prega per noi.
Nostra Signora degli oppressi,
dei poveri più poveri,
dei bambini non nati,
degli analfabeti
e degli handicappati.
prega per noi.
Nostra Signora dei peccatori,
di coloro che hanno sbagliato
e hanno pagato troppo duramente,
di coloro che ancora non hanno capito l’errore,
di coloro che la colpa ha gettato
nella solitudine e nella disperazione.
Prega per noi.
Nostra Signora di tutti gli uomini
che lottano, sperano, gioiscono
per costruire il mondo nuovo
che Gesù, tuo Figlio, ha promesso.
prega per noi.

venerdì 27 maggio 2011

546 - LA SESTA DOMENICA DI PASQUA

I versetti del capitolo 14,25-29 oggi proclamati seguono immediatamente quelli che abbiamo udito domenica scorsa (vv. 21-24) e riportano le parole di Gesù sul Paraclito (vv. 25-26) e quelle che annunziano il suo ritorno al Padre (vv. 27-29). Sono parole proiettate sugli eventi che riguardano il compimento della Pasqua e che, pertanto, dovranno essere lette e comprese dalla sua comunità, quella che radunerà lungo i secoli coloro che crederanno in lui.
Esse, infatti, sono le “cose” che Gesù ha “detto” ai suoi discepoli nella sua permanenza tra di loro (v. 25), vale a dire la “rivelazione” di Dio, il Padre dal quale egli è uscito e dal quale è stato mandato. Con il suo definitivo ritorno al Padre i discepoli non resteranno comunque privi della sua Parola rivelatrice e del suo “insegnamento”.
A lui, infatti, subentrerà lo Spirito Santo, qui indicato con il termine greco Paraclito che significa anzitutto: difensore, consolatore! Egli che, al pari di Gesù, sarà “mandato” dal Padre, non porterà una nuova rivelazione, né aggiungerà qualcosa a quella recata da Gesù (v. 26), perché è mandato “nel nome di Gesù”. La sua missione, pertanto, consiste essenzialmente nell’“insegnare ogni cosa” e nel “ricordare” ai discepoli la rivelazione recata da Gesù.
Sono parole queste di portata fondamentale per la vita della Chiesa di tutti i tempi. Essa possiede la certezza che lo Spirito Santo è perennemente presente e attivo nel condurre i credenti a cogliere il significato autentico delle parole di Gesù e a perseverare nella fede in lui. Queste, infatti, non vanno soggette a interpretazione soggettive ma sono unicamente comprese grazie all’“insegnamento” dello Spirito Santo che parla nel cuore della Chiesa e dei singoli credenti.
Lo Spirito Santo inoltre “ricorderà” ai credenti le parole dette da Gesù (v. 26). Non si tratta certamente di un semplice ricordo di parole e di eventi appartenenti oramai al passato ma di una penetrazione viva del loro più profondo significato salvifico che perdura con efficacia nelle azioni sacramentali della Chiesa.
Tutto ciò è stato autorevolmente commentato e sviluppato nella prima predicazione cristiana di cui abbiamo testimonianza nell’Epistola. L’apostolo Paolo dice infatti che l’annunzio evangelico è predicato «con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali» (1Corinzi 2,13). è proprio l’“insegnamento” dello Spirito trasmesso ovunque dalla predicazione evangelica a garantire alla comunità dei credenti la consapevolezza di possedere «il pensiero di Cristo” (v. 16).
I vv. 27-29 infine riportano le parole conclusive del “discorso di addio” che essendo pronunciate nell’imminenza della Pasqua, sono destinate a imprimere nel cuore dei discepoli quella “pace” che Gesù, quale Principe della pace (cfr. Isaia 9,5) “lascia” e “dona” a essi perché non si disorientino e non si smarriscano quando, una volta ritornato al Padre, non sarà più fisicamente tra loro (v. 28).
La “pace” è il dono della felicità piena che arde nel cuore dei credenti, e di cui tutti abbiamo bisogno perché il nostro cuore «non si turbi e non abbia timore» di fronte alle difficoltà, alle prove, alle persecuzioni a cui il “mondo” ci sottoporrà così com’è avvenuto per il Signore Gesù, per i suoi apostoli e i suoi discepoli.
L’assenza fisica del Signore inaugura pertanto la continua universale permanenza della sua Parola e della sua Pasqua di salvezza nell’“insegnamento” e nel “ricordo” di lui ad opera del Paraclito, dello Spirito Santo. è lui che pone sulla bocca di Pietro un uomo «semplice e senza istruzione», ma “colmato di Spirito Santo” (Lettura: Atti degli Apostoli 4,8) la potente parola evangelizzatrice, quella stessa proclamata da Gesù, come ben mostrano di capire gli ascoltatori riconoscendo in Pietro come in Giovanni «quelli che erano stati con Gesù» (v. 13b).
La celebrazione eucaristica è l’ambiente privilegiato della presenza e dell’azione dello Spirito Santo. è lui a rendere viva la parola che ascoltiamo nelle Scritture. è lui a far germogliare in noi l’adesione di fede e di amore a colui che ci parla in esse. Ed è sempre lo Spirito a dare efficacia alla Parola nel “ricordo” liturgico di ciò che il Signore ha fatto per noi nella sua morte e risurrezione.
Per questo preghiamo: «Sii tu, o Dio, il nostro maestro interiore, guidaci sulla strada della giustizia e, donandoci il desiderio di una vita più perfetta, rendi perenne in noi la grazia del mistero pasquale» (All’inizio dell’Assemblea Liturgica).
(A.Fusi)

545 - ... PREGA PER NOI ...

Nostra Signora dei bambini,
che ricevono tante promesse
di amore e di affetto,
vere solo per pochi,
prega per noi.
Nostra Signora dei ragazzi
troppo spesso abbandonati
nel difficile momento
dello sviluppo e della crescita
prega per noi.
Nostra Signora degli adulti
spesso soffocati
dalle preoccupazioni dei soldi,
della carriera, della famiglia,
prega per noi.
Nostra Signora degli sposati
tentati di vivere il matrimonio
come una sistemazione,
senza rinnovare l’amore ogni giorno.
Prega per noi.

mercoledì 25 maggio 2011

544 - PREGA PER NOI …

Nostra Signora di tutti gli uomini
che soffrono, sperano, gioiscono
sulla nostra terra, nei nostri giorni,
prega per noi.
Nostra Signora degli impazienti
che non sopportano
il passo lento della storia,;
che vorrebbero un mondo nuovo,
subito e senza troppo lunga fatica,
prega per noi.
Nostra Signora dei nostalgici
che guardano troppo indietro
e trascurano in presente
nella paura di un futuro incerto
Prega per noi.
Nostra Signora dei delusi,
che sono tentati di abbandonare l’impegno
per un mondo nuovo
perché esso tarda a venire,
prega per noi.

lunedì 23 maggio 2011

543 - FESTA DI MARIA AUSILIATRICE


“Auxilium Christianorum”; ‘Aiuto dei Cristiani’, è il bel titolo che è stato dato alla Vergine Maria in ogni tempo e così viene invocata anche nelle litanie a Lei dedicate dette anche Lauretane perché recitate inizialmente a Loreto.
E sempre è stata ribadita la presenza mediatrice e soccorritrice della Madonna per chi la invoca, a lei fummo affidati come figli da Gesù sulla Croce e a noi umanità è stata indicata come madre, nella persona di Giovanni apostolo, anch’egli ai piedi della Croce.
Ma la grande occasione dell’utilizzo ufficiale del titolo “Auxilium Christianorum” si ebbe con l’invocazione del grande papa mariano e domenicano san Pio V (1566-1572), che le affidò le armate ed i destini dell’Occidente e della Cristianità, minacciati da secoli dai turchi arrivati fino a Vienna, e che nella grande battaglia navale di Lepanto (1571) affrontarono e vinsero la flotta musulmana.
Il papa istituì per questa gloriosa e definitiva vittoria, la festa del S. Rosario, ma la riconoscente invocazione alla celeste Protettrice come “Auxilium Christianorum”, non sembra doversi attribuire direttamente al papa, come venne poi detto, ma ai reduci vittoriosi che ritornando dalla battaglia, passarono per Loreto a ringraziare la Madonna; lo stendardo della flotta invece, fu inviato nella chiesa dedicata a Maria a Gaeta dove è ancora conservato.
Il grido di gioia del popolo cristiano si perpetuò in questa invocazione; il Senato veneziano fece scrivere sotto il grande quadro commemorativo della battaglia di Lepanto, nel Palazzo Ducale: “Né potenza, né armi, né condottieri ci hanno condotto alla vittoria, ma Maria del Rosario” e così a fianco agli antichi titoli di ‘Consolatrix afflictorum’ (Consolatrice degli afflitti) e ‘Refugium peccatorum’ (Rifugio dei peccatori), si aggiunse per il popolo e per la Chiesa ‘Auxilium Christianorum (Aiuto dei cristiani).
Il culto pur continuando nei secoli successivi, ebbe degli alti e bassi, finché nell’Ottocento due grandi figure della santità cattolica, per strade diverse, ravvivarono la devozione per la Madonna del Rosario con il beato Bartolo Longo a Pompei e per la Madonna Ausiliatrice con s. Giovanni Bosco a Torino.
Il grande educatore ed innovatore torinese, pose la sua opera di sacerdote e fondatore sin dall’inizio, sotto la protezione e l’aiuto di Maria Ausiliatrice, a cui si rivolgeva per ogni necessità, specie quando le cose andavano per le lunghe e s’ingarbugliavano; a Lei diceva: "E allora incominciamo a fare qualcosa?". S. Giovanni Bosco, nato il 16 agosto 1815 presso Castelnuovo d’Asti e ordinato sacerdote nel 1841, fu il più grande devoto e propagatore del culto a Maria Ausiliatrice, la cui festa era stata istituita sotto questo titolo e posta al 24 maggio, qualche decennio prima, dal papa Pio VII il 24 maggio 1815, in ringraziamento a Maria per la sua liberazione dalla ormai quinquennale prigionia napoleonica.
Il grande sacerdote, apostolo della gioventù, fece erigere in soli tre anni nel 1868, la basilica di Maria Ausiliatrice nella cittadella salesiana di Valdocco - Torino; sotto la Sua materna protezione pose gli Istituti religiosi da lui fondati e ormai sparsi in tutto il mondo: la Congregazione di S. Francesco di Sales, sacerdoti chiamati normalmente ‘Salesiani di don Bosco’; le ‘Figlie di Maria Ausiliatrice’ suore fondate con la collaborazione di s. Maria Domenica Mazzarello e per ultimi i ‘Cooperatori Salesiani’ per laici e sacerdoti che intendono vivere lo spirito di ‘Don Bosco’, come è generalmente chiamato.
Le Congregazioni sono così numerose, che si vede con gratitudine la benevola protezione di Maria Ausiliatrice nella diffusione di tante opere assistenziali ed a favore della gioventù.
Ormai la Madonna Ausiliatrice è divenuta la ‘Madonna di Don Bosco’ essa è inscindibile dalla grande Famiglia Salesiana, che ha dato alla Chiesa una schiera di santi, beati, venerabili e servi di Dio; tutti figli che si sono affidati all’aiuto della più dolce e potente delle madri.
Interi Continenti e Nazioni hanno Maria Ausiliatrice come celeste Patrona: l’Australia cattolica dal 1844, la Cina dal 1924, l’Argentina dal 1949, la Polonia fin dai primi decenni del 1800, diffusissima e antica è la devozione nei Paesi dell’Est Europeo.
Nella bella basilica torinese a Lei intitolata, dove il suo devoto figlio s. Giovanni Bosco e altre figure sante salesiane sono tumulate, vi è il bellissimo e maestoso quadro, fatto eseguire dallo stesso fondatore, che rappresenta la Madonna Ausiliatrice che con lo scettro del comando e con il Bambino in braccio, è circondata dagli Apostoli ed Evangelisti ed è sospesa su una nuvola, sullo sfondo a terra, il Santuario e l’Oratorio come appariva nel 1868, anno dell’esecuzione dell’opera del pittore Tommaso Lorenzone.
Il significato dell’intero quadro è chiarissimo; come Maria era presente insieme agli apostoli a Gerusalemme durante la Pentecoste, quindi all’inizio dell’attività della Chiesa, così ancora Lei sta a protezione e guida della Chiesa nei secoli, gli apostoli rappresentano il papa ed i vescovi.
Maria è la “Madre della Chiesa”; Ausiliatrice del popolo cristiano nella sua continua lotta per la diffusione del Regno di Dio.
Antonio Borrelli

domenica 22 maggio 2011

542 - QUALUNQUE COSA RECHI QUESTO GIORNO

Al cominciar del giorno, Dio, ti chiamo.
Aiutami a pregare
e a raccogliere i miei pensieri su di te;
da solo non sono capace.
C'è buio in me,
in Te invece c'è luce;
sono solo, ma tu non m'abbandoni;
non ho coraggio, ma Tu mi sei d'aiuto;
sono inquieto, ma in Te c'è la pace;
c'è amarezza in me, in Te pazienza;
non capisco le tue vie,
ma tu sai qual è la mia strada.
Padre del cielo,
siano lode e grazie a Te
per la quiete della notte,
siano lode e grazie a Te
per il nuovo giorno.
Signore,
qualunque cosa rechi questo giorno,
il tuo nome sia lodato! Amen.
(Dietrich Bonhoeffer)

venerdì 20 maggio 2011

541 - V DOMENICA DI PASQUA

Lettura Atti 10,1-5.24-36.4448a: Dopo la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli nel giorno di Pentecoste, ora, nella stessa casa di Cornelio lo Spirito scende sui non circoncisi. Nella Pasqua di Gesù si compie la promessa di Abramo: la benedizione di Dio si estende a tutte le genti.
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Salmo 65: Grandi sono le opere del Signore.
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Epistola Filippesi 2,12-16: Nello Spirito attendere alla propria salvezza non significa più confidare nel proprio sforzo, ma divenire accoglienti dell’amore con cui Dio suscita in noi il volere e l’operare. Come per Paolo, la nostra fatica non è vana quando confida nella sua grazia.
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Vangelo Giovanni 14,21-24: Prima di questo brano evangelico vi è la promessa di Gesù di andare a prepararci una dimora presso il Padre. Ora egli promette che noi stessi diventiamo dimora di Dio! La Parola custodita nell’amore crea il reciproco dimorare di Dio in noi e di noi in lui.

mercoledì 18 maggio 2011

540 - “AVE MARIS STELLA”

Ave, Stella del mare,
Madre gloriosa di Dio
vergine sempre, Maria,
porta felice del cielo.
L'"Ave" del messo celeste
reca l'annunzio di Dio,
muta la sorte di Eva,
dona al mondo la pace.
Spezza i legami agli oppressi,
rendi la luce ai ciechi,
scaccia da noi ogni male,
chiedi per noi ogni bene.
Mostrati Madre per tutti,
offri la nostra preghiera,
Cristo l'accolga benigno,
lui che si è fatto tuo Figlio.
Vergine santa fra tutte,
dolce regina del cielo,
rendi innocenti i tuoi figli,
umili e puri di cuore.
Donaci giorni di pace,
veglia sul nostro cammino,
fa' che vediamo il tuo Figlio,
pieni di gioia nel cielo.
Lode all'altissimo Padre,
gloria al Cristo Signore,
salga allo Spirito Santo
l'inno di fede e d'amore. Amen.
(San Bernardo di Chiaravalle)

venerdì 13 maggio 2011

539 - QUARTA DOMENICA DI PASQUA

Il brano di Giovanni 10,11-18 si apre con la solenne dichiarazione con la quale il Signore Gesù si autodefinisce il Pastore “buono” del quale avevano parlato i Profeti, ponendolo spesso in contrapposizione ai “cattivi” pastori, quali si erano rivelati i capi del popolo. Egli può definirsi “buono” perché è pronto a mettere in gioco la sua stessa vita per proteggere il gregge a lui affidato, a differenza del “mercenario” che, non avendo un rapporto personale con il gregge se non di interesse, non ha nessuna intenzione di mettere a repentaglio la propria vita al sopraggiungere di un pericolo mortale per le pecore che, di conseguenza, vengono “disperse”.
Con queste immagini subito comprensibili ai suoi uditori Gesù annunzia l’essenza della sua opera di salvezza, anzitutto nei riguardi del popolo d’Israele che, a ragione, può essere raffigurato come un gregge disperso a motivo dell'incredulità e del traviamento operato dai cattivi suoi pastori.. Egli, dunque, è stato mandato a “radunare i figli di Dio dispersi” cosa da lui compiuta nell’ora in cui “offre” la sua vita per essi, nell’ora cioè della croce.
A ragione perciò il Signore può ulteriormente ribadire: «Io sono il buon pastore» (v.14) e sottolineare il suo speciale rapporto con le “sue pecore” con coloro, cioè che credono in lui e lo seguono; un rapporto, come fa capire il verbo “conoscere”, che è essenzialmente rapporto di amore. Un amore reciproco del Pastore per le sue pecore e di queste per il Pastore modellato fino a riprodurre in qualche modo l’indicibile rapporto d’amore che lega il Padre a Gesù e questi al Padre. Un amore ben visibile e riconoscibile nel fatto che Gesù dà la sua vita per le pecore (cfr. v. 15).
Al v. 16 viene aperta la prospettiva universale propria alla missione “pastorale” di Cristo che raggiunge il suo scopo nell’ora del dono della sua vita sulla croce perché, non solo il popolo della prima Alleanza, ma tutti gli uomini nel disegno divino sono chiamati a radunarsi nell’unico gregge, quello guidato dall’unico pastore, Gesù. Con ciò il Signore mostra come il frutto della sua morte, vale a dire il dono della sua vita, segno del suo amore per il Padre e per le pecore, è il raduno universale di tutte le genti chiamate, mediante l’“ascolto” della sua “voce”, ossia mediante l’adesione di fede in lui, a formare l’unico “gregge”.
Questa prospettiva continua a realizzarsi, sotto i nostri occhi, nell’azione pastorale del Signore prolungata nella sua Chiesa tramite l’annuncio evangelico e l’attualizzazione della sua morte, segno del suo amore senza limiti e senza confini.
Tutti, infatti, senza distinzione “fra Giudeo o Greco” sono chiamati a sperimentare l’amore di Gesù che «è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano» (Epistola: Romani 10,12b) avendo “ascoltato la sua voce” ossia accolto con fede la predicazione evangelica che è l’attività essenziale e primaria, ieri come oggi e sempre, della comunità ecclesiale (cfr. Lettura: Atti degli Apostoli, 6,4).
Questa predicazione dilata lungo i secoli e sino ai confini della terra la “voce” del Buon Pastore perché tutti “aderiscano alla fede” facendo così estendere “il numero dei discepoli” (At 6,7) ovvero delle “pecore” del Signore che “ascoltano la sua voce” e lo amano seguendo lui solo.
L’ultima parte (vv. 17-18) incornicia l’intero brano nella manifestazione del “comando” dato dal Padre a Gesù e che egli non solo condivide ma, facendolo proprio, lo mette in pratica. Il comando riguarda la “sua vita” che lui “offre” con libera decisione per amore delle sue pecore. Vita che, una volta data, Gesù “riprende” nell’ora della sua risurrezione per poterla donare senza misura e senza limiti perché tutta l’umanità diventi “un solo gregge”.
Con altre parole, la preghiera liturgica, esprime tutto ciò evocando il significato dell’intera esistenza terrena del Figlio di Dio il quale: «Mosso a compassione per l’umanità che si era smarrita, egli si degnò di nascere dalla vergine Maria; morendo ci liberò dalla morte e risorgendo ci comunica la vita immortale» (Prefazio).
(A. Fusi)

538 - EUCARESTIA E VITA

Ora, Dio incarnato è voluto restare per sempre con noi. Non esteriormente, lasciando segnali del suo passaggio sulla terra. Ha voluto restare vivo e unito alla nostra vita quanto è unito l’alimento che ingeriamo ogni giorno e che si trasforma in nostra stessa vita. Per questo Gesù ha celebrato una cena in cui ci ha detto queste memorabili parole: «prendete, questo è il mio corpo; prendete, questo è il mio sangue». Attraverso l’eucarestia Cristo si è fatto nostro stesso corpo e noi ci siamo fatti corpo di Cristo.
L’alimento è alimento solo quando è servito agli esseri umani ed è consumato. La vita umana è umana solo quando si fa servizio e dono. E’ questo che si concretizza e si esprime nell’eucarestia dove Cristo si consegna totalmente. La vita quando si dona agli altri produce vita. Ed essa stessa si
rende eterna, poiché realizza la logica del grano. Se vuole generare vita nuova, esso deve sacrificarsi e morire. Ma questa morte non significa perdita, come temiamo. E’ guadagno. E’ la maniera per garantire la perpetuità della vita. L’esistenza di Gesù è stata una “esistenza per’, un dono continuo agli altri.
Non solo nell’ultima cena, ma in tutti i momenti della sua vita. I vangeli sono pieni di esempi di amore, di solidarietà e di servizio agli altri, ai malati e ai peccatori. E’Giovanni che riassume il senso del servizio di Gesù: «se qualcuno viene a me, io non lo respingerò» (Gv 6,37). Accoglie tutti e sta in mezzo a noi come chi serve. Ora nell’ultima cena radicalizza il suo dono. Egli si dona nella forma materiale del pane e del vino per poter essere nell’intimità di chi riceve tali alimenti. Questa vita è vita divina. Per essere divina è vita eterna, è parte del Regno presente, inaugurazione del nuovo cielo e della nuova terra. L’ultima cena ha anche la caratteristica di un ricordo e di un’alleanza. Deve sempre ricordarci il legame indefettibile che Gesù ha stabilito tra lui e l’essere umano, un legame di amore eterno. Possiamo peccare e tradire, ma questo legame non si spezza mai, poiché è suggellato con il suo sangue e con la sua vita sacrificata.Se l’eucarestia esprime il dono totale di Gesù, allora, si comunica degnamente e autenticamente solo chi fa anche della sua vita un dono verso gli altri. Egli non ha donato la vita né sparso il sangue in maniera rituale. Egli lo ha fatto veramente. Per questo l’eucarestia non inizia né finisce nella celebrazione del rito. Esige una prassi di servizio e di costruzione di un’alleanza di fraternità tra gli esseri umani e di venerazione e rispetto verso tutti gli esseri della creazione.
Leonardo Boff

sabato 7 maggio 2011

537 - LA TERZA DOMENICA DI PASQUA

La prima parte del brano di Giovanni 1,29-34 è occupata dalla dichiarazione di Giovanni Battista che indica Gesù come «l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo». Si tratta di una dichiarazione di grande rilievo non solo per Israele che attende da Dio l’invio del Messia liberatore, ma per l’intera umanità che attende di essere liberata dal giogo opprimente del male e del peccato che la tiene separata da Dio.
In una parola viene qui detto che, in Gesù, Dio offre al mondo la pienezza del perdono e della riconciliazione che una volta era profeticamente annunciata nell’offerta dei “sacrifici” di animali inconsapevoli, automaticamente e definitivamente aboliti.
Egli, perciò, venendo in questo mondo non solo, toglie di mezzo la moltitudine dei peccati che estraniano l’uomo dal suo vitale rapporto con Dio, ma toglie di mezzo il potere stesso esercitato dal peccato su di essi e stabilendo “nel suo sangue” un’alleanza nuova con Dio.
La catechesi cristiana delle origini ha sviluppato quanto appena detto mostrando come l’immagine biblica dell’agnello è stata portata a compimento da Gesù nella sua Pasqua di morte e di risurrezione e il cui sangue, a differenza di quello di “capri e di vitelli”, è in grado di purificare «la nostra coscienza dalle opere morte, perché serviamo al Dio vivente» (Epistola: Ebrei 9,14).
Gesù è in grado di compiere tutto ciò perché, come afferma il Battista: «è avanti a me, perché era prima di me» (v. 30), confessando così, la preesistenza di Gesù che nel prologo del Vangelo abbiamo imparato a identificare nel Verbo eterno che Dio manda nel mondo per compiere l'opera di salvezza. A lui, dunque, è orientata l’intera attività del Battista, che consiste nel preparare il popolo a rivolgersi e ad accogliere Gesù come l’inviato di Dio (v. 31), ovvero, come chiarisce l’apostolo Paolo: «Giovanni battezzò con un battesimo di conversione, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù» (Lettura: Atti degli Apostoli 19,4).
La seconda parte del brano (vv. 32-34) è occupata dalla “testimonianza” che Giovanni Battista dà a Gesù, una testimonianza che procede da quanto lui stesso “ha visto”, s'intende, nel momento del suo battesimo: «Ho contemplato lo Spirito discendere dal cielo e rimanere su di lui» (v. 32).
Proprio la “contemplazione” dello Spirito Santo che si posa stabilmente su Gesù permette al Battista di riconoscerlo quale Messia sul quale, stando alla parola dei profeti, si sarebbe posato lo Spirito del Signore (cfr. Isaia 11,2). Egli inoltre capisce che Gesù, portatore dello Spirito, «è lui che battezza nello Spirito Santo» (v. 33) per la più profonda trasformazione dell'uomo che il battesimo “nell’acqua” poteva soltanto preparare e in qualche modo anticipare.
La Lettura presa dagli Atti degli Apostoli mostra nell’attività missionaria di san Paolo come la Chiesa delle origini ha da subito praticato il “battesimo nello Spirito” inaugurato dal Signore Gesù perché anche sui credenti si posasse stabilmente lo Spirito Santo, non solo per il perdono dei peccati, ma per la loro trasformazione profonda in Cristo e divenire partecipi in lui della sua missione profetica e di universale evangelizzazione.
L'affermazione conclusiva: «E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» rappresenta il vertice della testimonianza resa dal Battista a Gesù sulla base di ciò che lui stesso ha visto e contemplato, testimonianza che deve essere quella di tutti coloro che, avendo creduto, sono stati immersi nello Spirito del Risorto.
La partecipazione all’Eucaristia, mentre ci inserisce sempre di più nell’alleanza, ovvero nella comunione con la vita divina, inaugurata nel sangue dell’Agnello, ci invita a tornare al fonte battesimale, nostra prima immersione nello Spirito del Signore Gesù, per contemplare con rinnovato stupore le meraviglie di cui siamo stati fatti partecipi e che la preghiera liturgica così traduce: «Dalla terra lo avevi formato, ma rigenerandolo nel battesimo gli hai infuso una vita che viene dal cielo. Da quando l’autore della morte è stato sconfitto per l’azione redentrice di Cristo, l’uomo ha conseguito il dono di un’esistenza immortale e, dispersa la nebbia dell’errore, ha ritrovato la via della verità» (Prefazio). (A. Fusi)

mercoledì 4 maggio 2011

536 - CRISTO CAMMINA CON NOI

Siamo lenti ad accorgerci di questa grande e sublime verità che cioè Cristo cammina ancora, in un certo senso, in mezzo a noi e, con la sua mano, il suo sguardo o la sua voce, ci fa cenno di seguirlo. Non capiamo che questa chiamata di Cristo si realizza ogni giorno, oggi come una volta. Siamo al punto de credere che questo era vero al tempo degli apostoli, ma oggi non lo crediamo vero nei nostri confronti, non siamo attenti a riconoscerlo rivolto a noi. Non abbiamo più occhi per vedere il Maestro – ben diversi in questo dell'apostolo diletto che ha riconosciuto Cristo, anche quando tutti gli altri discepoli non lo riconoscevano. Frattanto, egli stava sulla riva; era dopo la sua risurrezione, quando ordinava di gettare la rete nel mare; allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!»


Voglio dire questo: Gli uomini che conducono una vita di credenti scorgono, di tanto in tanto, delle verità che non avevano viste prima, o sulle quali la loro attenzione non si era mai posata. E subito, esse si ergono davanti a loro come una chiamata inalienabile. Ora, si tratta di verità che impegnano il nostro dovere, che prendono il valore di precetti, e chiedono l'obbedienza. In questo modo, o in altri ancora, Cristo ci chiama ora. Non c'è nulla di miracoloso né di straordinario in questo modo di fare. Egli agisce tramite le nostre facoltà naturali e per mezzo delle circostanze stesse della vita. (Beato John Henry Newman (1801-1890), sacerdote)

lunedì 2 maggio 2011

535 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA MAGGIO 2011

Generale: Perché quanti operano nei mezzi di comunicazione rispettino sempre la verità, la solidarietà e la dignità di ogni persona.


Missionaria: Perché il Signore doni alla Chiesa in Cina di perseverare nella fedeltà al Vangelo e di crescere nell'unità.


Il numero dei cattolici in Cina, secondo le stime correnti, è pari a poco più dell’uno per cento della popolazione. Dato che si tratta del paese più popoloso del mondo, anche se è una piccola percentuale, il numero dei cattolici è pur sempre significativo. Secondo i resoconti storici di cui disponiamo, l’annuncio del Vangelo della salvezza arrivò relativamente presto in Cina. Già nei secoli V e VI alcuni gruppi di monaci provenienti dalla Siria, attraversando l'Asia centrale, portarono in quelle terre il nome di Gesù. Ancora oggi viene conservata nella capitale Chang'an una stele che riassume, a partire dall'anno 635, quel momento storico che ha segnato l'ingresso ufficiale in Cina della "Religione luminosa".


Nel discorso che il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto l'8 novembre 2008 al nuovo Ambasciatore della Repubblica di Cina presso la Santa Sede, il Papa ha affermato: “È parte della missione della Chiesa condividere il suo essere ‘esperta in umanità’ con tutte le persone di buona volontà per contribuire al benessere della famiglia umana”. Pur riconoscendo che le popolazioni dell’Asia hanno "innato intuito spirituale" e una "saggezza morale" che facilita il dialogo inter-religioso, il Papa non dimentica di sottolineare che "anche in Cina la Chiesa è chiamata ad essere testimone di Cristo, a guardare in avanti con speranza e a misurarsi — nell'annuncio del Vangelo — con le nuove sfide che il Popolo cinese deve affrontare" (Benedetto XVI, Lettera ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese, 5 maggio 2007, n. 3).


In prossimità del Grande Giubileo dell'Anno 2000, il beato Giovanni Paolo II esortava i fedeli cattolici in Cina ad ispirare la loro vita alla "buona novella", in questo modo "l'autentica realizzazione del Vangelo nella vostra vita sarà una luminosa testimonianza a Cristo nel vostro ambiente. Pertanto voi tutti, fratelli e sorelle, siete chiamati ad annunciare il Vangelo di salvezza al Popolo cinese di oggi con rinnovato vigore” (Messaggio di Giovanni Paolo II ai cattolici in Cina, 8 dicembre 1999, n.5).


E nota la difficile situazione della Chiesa in Cina, che per molto tempo ha dovuto svolgere la sua missione in mezzo alle persecuzioni. Chiediamo a Dio per essa il dono della fedeltà, avendo cura allo stesso tempo di porre in atto tutti i mezzi utili a conservare il Vangelo di Cristo, senza tagli. Dobbiamo aumentare la nostra preghiera perché la Chiesa in Cina trovi la sua unità spirituale nella figura di Pietro, su cui Cristo ha scelto di costruire l'unica Chiesa. Papa Benedetto XVI ha ricordato che "il Papa, quando concede il mandato apostolico per l'ordinazione di un Vescovo, esercita la sua suprema autorità spirituale: autorità ed intervento, che rimangono nell'ambito strettamente religioso. Non si tratta quindi di un'autorità politica, che si intromette indebitamente negli affari interni di uno Stato e ne lede la sovranità" (Benedetto XVI, Lettera ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese, 5 maggio 2007, n.9).


Un atteggiamento di perdono e di riconciliazione faciliterà la desiderata unità della Chiesa in Cina. È necessaria la grandezza del cuore, avere un cuore veramente cattolico, per creare un clima di comunione, di comprensione e di perdono che faciliti l'unità. Il Papa è convinto che "lo Spirito di Cristo, come ha aiutato le comunità a mantenere viva la fede in tempo di persecuzione, aiuterà oggi tutti i cattolici a crescere nell'unità" (ib. n.12).


Maria, dopo la risurrezione del suo Figlio, ha riunito in preghiera la Chiesa nascente in attesa della venuta dello Spirito. Preghiamo anche noi, uniti a Lei, che lo Spirito Santo conceda unità e fedeltà alla Chiesa di Dio in Cina.