Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

giovedì 30 maggio 2013

816 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - GIUGNO 2013

Generale: Perché prevalga fra i popoli una cultura di dialogo, di ascolto e di rispetto reciproco.
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Missionaria: Perché là dove è più forte l’influsso della secolarizzazione, le comunità cristiane sappiano promuovere efficacemente una nuova evangelizzazione.
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Dei vescovi "Perché le nuove generazioni, educate a un uso corretto della libertà, sappiano compiere scelte responsabili e stabilire relazioni costruttive con tutti".

mercoledì 29 maggio 2013

815 - NO AI CRISTIANI DA SALOTTO

Papa Francesco, con estrema libertà di linguaggio, manda continuamente messaggi originali e incisivi. Riprendendo il tema dell’imperialismo del denaro (sul quale con puntualità e chiarezza interveniva spesso Paolo VI) richiama le contraddizioni della società moderna: la dittatura di una economia senza volto umano, che arriva a condizionare fortemente l’autonomia e la libertà degli Stati, la divisione drammatica dell’umanità, perché i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri; il disinteresse e lo sfruttamento del mondo ricco verso il mondo povero… Questa realtà tragica e dolorosa dell’umanità non può non toccare la coscienza dell’uomo onesto, ma nello stesso tempo pone un interrogativo drammatico: se ne vede una inversione di tendenza?
Gli interventi di Papa Francesco sono tesi a mettere al centro la dignità della persona, di ogni persona, e a spingere la Chiesa e ogni realtà ecclesiale a non rinchiudersi in se stessa, ma ad aprirsi di fronte ai drammi della umanità. In queste condizioni infatti si realizza la missione della Chiesa: la evangelizzazione. Mandati “come agnelli in mezzo ai lupi” i discepoli di Gesù devono annunciare la parola nuova del Vangelo, che ha il suo vertice nella croce di Cristo, la sua vita donata per tutti. Il Papa invita in quest’ottica i cristiani alla testimonianza di una vita vissuta con una espressione forte e colorita: “no ai cristiani da salotto”.
Come leggere questa affermazione? Possiamo essere illuminati da un passo del Vangelo di Matteo (7,21-23): “Non chiunque dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me, voi operatori di iniquità”.
Mi pare vengano denunciate due tendenze: anzitutto quella di fare del Cristianesimo una religione di riti e di devozioni, nelle quali trovano spazio il sentimentalismo e l’emotività; e inoltre quella di ridurlo a fenomeno culturale, quindi di salotto, un rischio già denunciato nella predicazione dell’apostolo Paolo: “Cristo infatti mi ha mandato a predicare il Vangelo, non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo” (1Cor, 1,17). Alla proclamazione della Parola deve corrispondere quella di una vita coerente, impegnata; una testimonianza concreta del Vangelo nella sequela di Gesù.
Qualche osservatore di fronte allo stile di vita di Papa Francesco e ai suoi messaggi incisivi va dicendo che si sta aprendo una primavera nella Chiesa, come era successo cinquant’anni fa al tempo del Concilio Vaticano II. Non possiamo che augurarcelo. Non si può comunque evadere alcune domande: chi e come accoglierà questa novità? La Chiesa europea invecchiata e stanca si lascerà interpellare profondamente da questo rinnovato messaggio evangelico? La sfida è rivolta anzitutto alle nostre parrocchie, che sono la base del popolo di Dio, invitate a mettersi in discussione perché “la Chiesa povera e per i poveri” diventi il volto delle nostre comunità e i poveri non vivano ai margini di essa.
Oggi i cristiani dovranno recuperare quella creatività e quel coraggio che nei secoli 1800 e 1900 si è sviluppato nel mondo cattolico con un sensibilità notevole verso i problemi della società. Allora sono nate cooperative sociali, casse rurali, società di mutuo soccorso… Ancora oggi occorre fantasia creativa e coraggio per dare risposte a problemi urgenti, come la mancanza di lavoro e di abitazioni a costi accessibili che sono causa di sofferenze e drammi nelle famiglie del ceto popolare sia italiane e ancor più in famiglie di immigrati. La speranza è che venga instaurato nelle nostre comunità uno stile di accoglienza, che porti ad offrire attenzione e aprire spazi alle famiglie dei poveri e degli emarginati. È un primo passo verso la evangelizzazione.
don Ernesto Mandelli, in 
http://www.rmfonline.it/ - 24/05/2013

sabato 25 maggio 2013

814 - ADORAZIONE DELLA TRINITA'

A. Durer, Adorazione della Trinità
Albrecht Dürer (Norimberga 1471 - Norimberga 1529) è stato un pittore, incisore matematico e teorico dell'arte tedesco.
Figlio di un ungherese, viene considerato il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale.
L'Adorazione della Santissima Trinità è una pala d’altare realizzata per la cappella della "Casa dei Dodici fratelli", un'istituzione caritatevole di Norimberga. L'opera mostra una visione celeste in cui Dio Padre, con la corona imperiale, tiene la croce del figlio ancora vivo, mentre in alto fa la sua comparsa la colomba dello Spirito Santo in un nimbo luminoso circondato da cherubini. Due anelli adoranti si dispongono attorno alla Trinità: tutti i santi e, più in basso, la comunità cristiana guidata dal papa e dall'imperatore. Più in basso, in un vastissimo paesaggio, l'artista rappresentò sé stesso, isolato.

813 - DOMENICA DELLA SANTA TRINITA'

Il brano di Giovanni 14,21-26 riporta alcune promesse fatte da Gesù ai suoi, nel Cenacolo, prima di consegnarsi volontariamente alla morte. Al v. 21 promette, a chi lo ama, ossia a chi accoglie e osserva i suoi comandamenti, di essere, a sua volta, amato da Dio, il Padre, e da lui stesso, da Gesù che si rivelerà nella sua più piena identità di Figlio. A Giuda, quello di Giacomo, che gli chiede perché non intende manifestarsi al mondo (v. 22), egli risponde ritornando sulla necessità di osservare la sua parola per essere amati dal Padre e godere della simultanea presenza del Padre e del Figlio (v. 23). Al contrario, chi non ama Gesù, non è in grado di mettere in pratica la parola che egli trasmette e che è del Padre (v. 24). I vv. 25-26, infine, riportano la promessa dell’invio dello Spirito Santo da parte del Padre sui discepoli una volta che Gesù, compiuta la sua pasqua, ritorna a Dio da cui è venuto. Il compito dello Spirito sarà quello di insegnare ossia di interiorizzare nell’animo dei credenti la parola del Signore e di farla rivivere nella comunità dei credenti.
Il Tempo “dopo Pentecoste” che accompagna il cammino della Chiesa fino alla ripresa di un nuovo anno liturgico, è destinato a far comprendere alla Chiesa come nello Spirito, effuso quale dono supremo della Pasqua, le è dato accedere alla persona del suo Signore e Salvatore Crocifisso e Risorto e, quindi, alla salvezza.
Una salvezza, quella offerta e data in Cristo, che procede da un disegno per noi inaccessibile, ideato nel seno della Trinità d’amore e che consiste nella redenzione del mondo dal suo terribile naufragio dovuto al peccato e dal conseguente suo assoggettamento al potere delle tenebre. Di questo disegno è venuto a parlarci lo stesso Verbo di Dio divenuto uno di noi nel seno di Maria, nato come uomo a Betlemme e che ha realizzato quel disegno morendo per i nostri peccati e risorgendo dai morti per aprire anche a noi la via verso la Vita, quella stessa di Dio!
In questa domenica, pertanto, le Scritture che ci permettono di udire la Parola vivente di Dio, guidano i nostri animi a penetrare nell’insondabile mistero della Vita divina che si rivelò, per la prima volta ad Abramo, nei tre misteriosi personaggi che si presentano alla sua tenda «nell’ora più calda del giorno» (Lettura: Genesi 18,1) e ai quali, per impulso divino, si rivolge come ad una sola persona: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo» (v. 3). Cosa, questa, riscontrabile anche nella promessa dei tre uomini fatta, però, in prima persona: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio» (v. 10).
Toccherà però al Verbo di Dio divenuto uomo portarci la pienezza della rivelazione: parlandoci di Dio come del Padre e dicendo di essere il suo Unico Figlio che è stato mandato nel mondo perché gli uomini che crederanno in lui diventino a loro volta figli!
È ciò che Gesù afferma a proposito di colui che, avendo accolto la sua Parola, la osserva, ossia la vive come segno concreto del suo amore per lui. Questi «sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Vangelo: Giovanni 14,21) ovvero, con parole ancora più esplicite: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (v. 23).
L’incredibile esperienza che il Signore prospetta a quanti lo amano è dunque quella di sperimentare, fin da ora, la comunione di vita con il Padre e il Figlio e, dunque, con la “vita divina”. Chi può comprendere tutte queste cose umanamente impensabili e di per sé inaccessibili alla nostra mente?
Del resto l’Apostolo avverte che non siamo in grado nemmeno di dire: «Gesù è Signore!» (Epistola: 1 Corinzi 12,3), ossia di avere nel cuore e, dunque, sulle labbra la professione di fede in Gesù, «se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (v. 3) ovvero se non viene raggiunti da un’illuminazione dall’Alto.
Sarà perciò l’irrompere dello Spirito Santo che il Padre manda come guida, consolatore e difensore dei credenti a “insegnare” le cose grandi che ci riguardano e che Gesù, in persona, ci ha rivelato (cfr. Giovanni 14,26). È lo Spirito Santo, perciò, a guidarci nell’adesione di fede e di amore a Gesù e dunque a immetterci nella comunione con la Vita divina, la vita delle Tre Divine Persone, un solo Dio!
È ciò che ci fa autorevolmente dire l’orazione All’Inizio dell’assemblea Liturgica: «Dio Padre, che mandando agli uomini la Parola di Verità e lo Spirito di santificazione ci hai rivelato il tuo mistero mirabile, donaci di confessare la vera fede e di riconoscere la gloria della trinità eterna, adorando l’unità nella maestà divina».
A.Fusi

martedì 21 maggio 2013

812 - SANTA RITA DA CASCIA

Cascia, Monastero di Santa Rita
In questa cella la santa riposava, dedicando spesso parte della notte alla preghiera e alla contemplazione della Passione di Gesù. I documenti più antichi, come gli ex voto esaminati uno per uno nel processo di beatificazione del 1626, ci permettono di affermare che Rita prendeva molto sul serio l’invito evangelico alla vigilanza: portava il cilicio giorno e notte, digiunava frequentemente a pane e acqua, donandosi tutta al Signore. Negli ultimi anni, molto malata e non potendo più camminare, rimaneva quasi sempre in questa cella, illuminata solo da una piccola finestra, in alto a sinistra.

La CASSA SOLENNE risale agli anni 1457-1462. Secondo alcune testimonianze processuali del 1626, molto attendibili, è stata realizzata (con ogni probabilità, commissionata) da
Mastro Cecco Barbari da Cascia che, storpio alle mani, viene guarito visitando il corpo della santa. Questo sarcofago ha contenuto il corpo di Rita dal 1457-62 al 1745. Al suo interno, è riposta la “cassa umile”, la prima bara di Rita. Per saperne di più, leggi anche i primi miracoli di Santa Rita.

I dipinti a tempera su legno sono attribuiti a Paolo da Visso. Al centro del sarcofago sta il Cristo in piedi dentro il sepolcro con la corona di spine sulla testa e le ferite al costato e alle mani ben visibili. È raffigurato nel momento della Pasqua, del passaggio dalla morte alla vita. Questo Gesù umiliato e glorificato è il centro della spiritualità della nostra santa.
La cassa solenne rappresenta il primo documento rilevante su Santa Rita: questa è la più antica raffigurazione della santa che, verosimilmente, ci offre i suoi tratti somatici. Il sarcofago, inoltre, rivela la storicità della
stigmata, offrendo una valida testimonianza del culto nato a pochi anni dalla morte della Santa.

Sulla tavola frontale, divisa in tre scomparti, si vedono Santa Maria Maddalena, Cristo e Santa Rita, vestita da
monaca agostiniana, che irradia dal capo raggi di luce; ha sulla fronte la piaga, nella mano destra una grande spina e in quella sinistra una piccola corona del rosario. Il viso, espressivo e gioioso, ispira intelligenza e forza.
Sul coperchio spiovente c’è
Rita distesa serenamente sul letto di morte e, accanto alla testa, si legge un epitaffio (una lode che esalta le virtù della santa).

Traduzione dell’epitaffio solenne del 1457:
O beata, quanto ci hai illuminato
con la tua costanza e virtù davanti alla Croce
dove hai ricevuto da Cristo Re grandi sofferenze,
dopo aver abbandonato la triste vita mondana (di Roccaporena)
per andare a gioire (per osannare)
delle tue infermità morali
e sconosciute ferite della tua anima
davanti a quelle ben più atroci di Cristo!
Che merito così grande ti sei guadagnata!
Quale grande fede, superiore a quella di ogni altra donna,
ti è stata concessa !
Tanto che tu hai ricevuto da Cristo una delle sue spine,
non come ricompensa terrena
perché non hai mai pensato di aver altro tesoro
superiore a Cristo al quale ti sei interamente donata;
tuttavia non ti parve abbastanza
per considerarti ben purificata,
tanto che l’hai portata sulla tua fronte per quindici anni
prima di salire in cielo. 1457.

All’interno del coperchio, è dipinta l’anima della Santa portata in cielo da due angeli. Secondo i giudici del 1626, la cassa era molto rovinata. Solo col restauro del 1925 è stato possibile leggere correttamente l’epitaffio e distinguere chiaramente le immagini.

Sulla parete di fondo, dopo il 1920, è stata collocata la tela di C. G. Bertelli. La tela raffigura Santa Rita morente, assistita dall’angelo custode, che le indica Gesù e Maria; sul lato destro del quadro, ci sono San Nicola da Tolentino, Sant’Agostino e San Giovanni Battista.
Sopra l’altare, nei cassetti, sono conservate alcune reliquie: la tonaca di Santa Rita, il velo, le fasce usate per tergere la piaga sulla fronte, un cuscino. Furono poste qui e sigillate nel 1745.

Il soffitto e la porta, dipinti da Giuseppe Congionti, come l’altare in legno, sono stati fatti nel 1745, trasformando la cella in una cappella. In quell’anno fu posta qui la cassa solenne.
 
http://www.santaritadacascia.org/

811 - SUPPLICA A SANTA RITA DA CASCIA

Cascia, Santuario di Santa Rita
Sempre, o’ Signore, noi tuo popolo fedele ricorriamo a te per lodarti, ringraziarti e supplicarti, ma in modo particolare festeggiando i tuoi santi noi ci sentiamo attirati al tuo tempio e al tuo altare per attingervi l'aiuto che solo da te ci può venire.
Accogli oggi con paterna benevolenza tutti noi che con gioia e fiducia ricorriamo a te in questa celebrazione in onore di Santa Rita dalla cui bontà ci sentiamo attratti e protetti.
Signore, tu sai che il suo esempio, le sue elevate virtù e la sua potente intercessione ci spingono all'imitazione, al fervore e alla grazia. Tu sai anche quanto siamo tardi a credere al tuo grande amore per noi e con quanta facilità tralasciamo di testimoniarti il nostro amore e la nostra riconoscenza. Ecco la nostra estrema povertà sulla quale invochiamo la tua bontà e misericordia!
Ci sostiene e ci incoraggia la santità dei tuoi servi fedeli e nostri premurosi fratelli e sorelle che ci hanno indicato la via della santità. Ora interponiamo presso di te la loro intercessione perché essi, come lo furono in terra, sempre si sono mostrati dal cielo sensibili e attenti ai bisogni dei deboli e sofferenti: accolgano le nostre suppliche per presentarle a te.
Intendiamo pregarti
per tutti i credenti che formano la tua santa Chiesa
Perché siano fedeli al Vangelo, uniti nel vincolo di fraternità, obbedienti al magistero dei pastori;
per le vocazioni sacerdotali e religiose
Perché i giovani accolgano l' invito a servire Cristo e i fratelli con generosità e zelo;
per le famiglie
Perché vivano la santità del matrimonio;
per i giovani
Perché si educhino alla scuola della fede, della verità e della giustizia;
per quanti lavorano nell'apostolato
Perché sia concesso loro il dono dello Spirito Santo per essere degni servitori della tua parola;
per i lontani dalla fede e dai buoni costumi,
Perché siano aiutati a riconoscere l' errore e a seguire la verità;
per gli ammalati e sofferenti nel corpo e nello spirito
Perché uniscano le loro sofferenze a quelle di Cristo e trovino sollievo nella tua bontà e nell'aiuto dei fratelli;
per i lavoratori
Perché arricchiscano di esperienza cristiana la fatica di ogni giorno;
per i coniugi in attesa di figli
Perché tu conceda loro la consolazione di una paternità felice;
per i bambini
Perché siano custoditi nella loro innocenza e crescano in salute e grazia;
per gli anziani
Perché non soffrano la solitudine e l' abbandono;
per i moribondi
Perché siano confortati dalla certezza cristiana;
per tutti i defunti
Perché ottengano completa purificazione per il Sacrificio di Cristo e le preghiere dei buoni.
O’ Santa Rita,
vorremmo avere la tua fede, la tua speranza e la tua carità
per presentare più degne le nostre preghiere.
Confidiamo che voi in questo momento vi uniate a noi per rendere più efficace la nostra supplica.
O’ Padre celeste, mossi dallo Spirito Santo che in noi grida a te, con fede viva e sincera umiltà ti chiediamo di esaudirci per l'intercessione di Santa Rita e per i meriti infiniti di Gesù Cristo nostro Signore.
Amen.

sabato 18 maggio 2013

810 - DOMENICA DI PENTECOSTE

La preghiera liturgica raccolta nel formulario della Messa “della Vigilia” e in quello della Messa “nel giorno”, ci svela la grandezza dell’evento salvifico celebrato nell’odierna solennità «che, nel suo numero sacro e profetico (cioè il cinquantesimo giorno di Pasqua), ricorda arcanamente la raggiunta pienezza del mistero pasquale» (Prefazio, Messa “nel giorno”) ossia contiene, esprime e rende attiva l’inesauribile ricchezza dell’opera salvifica realizzata dal Signore con la sua morte in Croce, la sua Risurrezione e Ascensione alla destra di Dio. È ciò che leggiamo nel Prefazio della Messa “della Vigilia” che vede, nell’effusione dello Spirito Santo, la distribuzione dei doni della grazia divina e nei quali si può anzitutto riconoscere l’economia sacramentale con al vertice i sacramenti pasquali del Battesimo e dell’Eucaristia. Doni che, anticipando ai fedeli «le primizie dell’eredità eterna che sono chiamati a condividere con Cristo redentore», li rende certi di «incontrarsi con lui nella gloria» in quanto, in tali doni di grazia, «l’esperienza dello Spirito è più inebriante e più viva». Il Prefazio della Messa “nel giorno”, dal canto suo, intende magnificare l’estensione all’intera umanità della grazia propria della Pentecoste vedendo in essa, alla luce del racconto biblico della torre di Babele (Genesi 11,1-9), proclamato nella Messa “della Vigilia”, la ricomposizione in unità della stessa umanità dalla «confusione che la superbia aveva portato agli uomini». Ricomposizione che, con allusione al racconto degli Atti degli apostoli (2,1-11), letto nella Messa “nel giorno”, è segnata dall’irruzione dello Spirito significato dal «fragore improvviso» e grazie al quale gli Apostoli «accolgono la professione di un’unica fede e, con diversi linguaggi, a tutte le genti annunziano la gloria del vangelo di salvezza». Annunzio destinato a far sì che «i popoli dispersi si raccolgano e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del nome di Dio Padre» formando l’unico suo popolo santo (Orazione A Conclusione della Liturgia della Parola. Messa “nel giorno”).
Nel raduno eucaristico, specialmente domenicale, la Chiesa sulla quale aleggia in permanenza lo Spirito Santo promesso dal Signore prima di lasciare questo mondo, è invitata a un’esperienza sempre più profonda dello Spirito e a riconoscerne la misteriosa presenza e la multiforme attività. È lui, infatti, ad attivare la presenza reale del Signore e del suo universale mistero di salvezza trasformando il pane e il vino nel suo Corpo offerto e nel suo Sangue versato come segno ultimo del suo amore al Padre e del suo amore per l’intera umanità. È sempre lo Spirito Santo a rendere concreto nei fedeli ciò che Gesù ha detto a proposito del suo essere “nel” Padre e, dunque, della nostra partecipazione “in” lui alla comunione con Dio (cfr. Giovanni 14,20, Messa “nel giorno”). Ed è ancora lo Spirito a fare dei molti che mangiano dello stesso pane e bevono allo stesso calice, «un solo Corpo»; la Chiesa, come segno dell’unità di tutte le Genti nell’unico Corpo di Cristo. È lo Spirito Santo a donarci la grazia di udire, nelle Scritture, la viva voce del Signore e a porre in noi doni e carismi i più diversi perché concorriamo a rendere più bella la Chiesa e a edificarla da tutte le genti (cfr. 1 Corinzi 12,4ss., Messa “nel giorno”). È lo Spirito Santo ad aprire il nostro cuore e la nostra umana intelligenza al dono della fede che ci fa esclamare «Gesù è il Signore» (v.3), consegnando ogni nostra attesa, ogni nostra speranza e l’intera nostra vita a lui solo. 
A. Fusi

domenica 12 maggio 2013

809 - IL MESSAGGIO DI FATIMA

 
Il Messaggio di Fatima
Ebbe il suo inizio dall´Angelo della Pace (1916), fu completato dalla Madonna (1917) e vissuto, in forma eroica, dai tre Pastorelli.
II Messaggio di Fatima, che riflette il Vangelo, sottolinea i seguenti punti:
- la conversione permanente;
- la preghiera e specialmente la recita della corona;
- il senso di responsabilità collettiva e la pratica della riparazione.
Accettare questo Messaggio porta alla Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, che e simbolo di impegno di fedeltà e di apostolato.
Le preghiere insegnate dall´Angelo e dalla Madonna aiutano a vivere il Messaggio, che, come ha detto Giovanni Paolo II, è conversione e vita nella grazia di Dio (Fatima, 1982). 

Preghiere dell’Angelo
«Mio Dio, io credo, adoro, spero e Ti amo. Ti chiedo perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano».
«Santissima Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, io Ti adoro profondamente e Ti offro il Preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di nostro Signore Gesù Cristo, presente in tutti i Tabernacoli dei mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi ed indifferenze con cui Egli stesso è offeso. E per i meriti infiniti dei Suo Cuore Santissimo e dei Cuore Immacolato di Maria, Ti domando la conversione dei poveri peccatori».
 
 

Centro e cuore del Santuario di Fatima è la Cappella delle Apparizioni. La prima costruzione realizzata successivamente alle apparizioni proprio nel luogo della Cova di Iria, dove la Santa Vergine volle manifestarsi a Francisco, Lucia e Giacinta, tre piccoli pastorelli.
Nel luogo esatto dell’apparizione vi è posta una scritta in marmo. In questo luogo giungono circa quattro milioni di pellegrini ogni anno!
Il Santuario di Fatima è davvero di grande importanza. Per il Segreto che Maria ha svelato ai pastorelli, per l’aiuto provvidente che diede al Santo Padre Giovanni Paolo II e per il cuore che scalda a tutti i fedeli.

 
Preghiere della Madonna
Suor Lucia nella 4ª Memoria scrive, come la Madonna il 13 luglio dei 1917 abbia raccomandato:
«Sacrificatevi per i peccatori e dite molte volte, specialmente ogni volta che fate qualche sacrificio: o Gesù, è per Vostro amore, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria!»

Nella stessa apparizione la Madonna disse:
«Quando recitate la corona dei rosario, dite dopo ogni decina: Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dai fuoco dell´inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della Tua misericordia» 

Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria
Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra, ai Tuo Cuore Immacolato noi ci consacriamo, in atto di totale abbandono ai Signore.
Da Te saremo condotti a Cristo. Da Lui e con Lui saremo condotti ai Padre.
Cammineremo alla luce della fede e tutto faremo perché il mondo creda che Gesù Cristo è l´inviato dal Padre.
Con Lui noi vogliamo portare l´Amore e la Salvezza fino ai confini del mondo.
Sotto la protezione dei Tuo Cuore Immacolato, saremo un solo Popolo con Cristo. Saremo testimoni della Sua risurrezione. Da Lui saremo condotti al Padre, a gloria della Santissima Trinità, che adoriamo, lodiamo e benediciamo. Amen.

sabato 11 maggio 2013

808 - DOMENICA DOPO L'ASCENSIONE

Il brano evangelico riporta il versetto iniziale (1b) e la parte finale (20-26) di quello che viene identificato come l’ultimo dialogo tra Gesù, il Figlio, e il Padre. Qui il Signore Gesù chiede al Padre di custodire «in unità» quanti, a seguito della predicazione del Vangelo, crederanno in lui (vv. 20-23). Costoro devono formare «una sola cosa» esattamente come lui, il Figlio, e il Padre, sono «una sola cosa» (vv. 21; 22; 23). Il permanere dei discepoli nell’unità che, procedendo da quella tra le Persone Divine non è una semplice unione morale, è decisiva nella propagazione al mondo della fede in Gesù come l’Inviato di Dio per estendere ai credenti l’amore stesso con il quale il Padre ama lui, il Figlio (v. 23)! Il v. 24 contiene quella che possiamo chiamare l’ultima volontà di Gesù, che chiede al Padre di far partecipi i suoi discepoli, giunti definitivamente presso di lui, di quella condizione gloriosa propria del Figlio amato. I versetti conclusivi (25-26), riportano la constatazione del Signore circa la fede profonda dei discepoli in lui, come «mandato dal Padre» e la sua promessa di far loro conoscere il nome del Padre, vale a dire di portarli a sperimentare il suo amore che è lo stesso sperimentato dal Figlio.
Il testo evangelico ci trasporta nel cenacolo di Gerusalemme dove il Signore Gesù, consapevole che è giunta la sua “ora”, si rivolge al Padre con un dialogo filiale che è allo stesso tempo una preghiera nella quale coinvolge i suoi discepoli di allora e quelli di tutti i tempi.
Dialogo e preghiera nella quale, come dicono i versetti evangelici oggi proclamati, Egli porta tutti coloro che, credendo in lui, diventeranno i “suoi” e che, in vista della conversione del mondo, devono aspirare a vivere in quella unità che fa di essi «una sola cosa» come il Padre e il Figlio (Cfr. Vangelo: Giovanni, 17, 20-21). Si tratta di una prima formidabile “consegna” del Signore ai discepoli del cenacolo e ai discepoli di tutti i tempi tra i quali, a seguito del suo ritorno al Padre, egli non sarà più fisicamente presente.
Tale consegna è legata alla missione dei discepoli, quella di condurre l’intera umanità a credere che Gesù è l’Inviato dal Padre per rivelare a tutti la sua misericordiosa bontà nella quale è possibile trovare salvezza. E sarà proprio l’unità di fede e di amore tra i discepoli qui in terra, riproduzione dell’indicibile unità delle divine Persone, il segreto dell’efficacia della loro missione nel mondo (v.21).
È una consegna, quella della “perfezione nell’unità” (v. 23), sulla quale occorre fondare la nostra vita e soprattutto la vita delle nostre comunità ecclesiali, certi che la preghiera del Signore Gesù è infallibilmente esaudita dal Padre. Occorre, pertanto, guardarsi dal ricadere sotto la schiavitù del peccato che spezza il vincolo d’amore con il Padre e il Figlio e, di conseguenza, porta la “divisione” tra i credenti e nelle comunità ecclesiali.
A tale proposito conviene riflettere sul perché tante nostre comunità non sono più in grado di testimoniare la fede nel Signore Gesù e di contagiare in essa gli altri? Il motivo è che, queste, sono attraversate dal demone della divisione e della discordia che non rende credibile l’annuncio evangelico del disegno d’amore al quale il Padre convoca, per mezzo del suo Figlio, quanti ascoltano la sua parola.
Occorre pertanto attivare continuamente in noi il dono della “perfetta unità” che riceviamo nei divini misteri dalla grazia dello Spirito Santo domandando senza sosta a Dio di continuare a prendersi cura dei suoi fedeli , di sostenerli e di rianimarli «con la certezza del suo affetto di Padre» (Orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica). L’unità tra i suoi discepoli, così ricercata, implorata, donata e vissuta, è l’indispensabile premessa per la seconda richiesta di Gesù al Padre: «Voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io» (v. 24).
È la richiesta tesa alla partecipazione dei discepoli a quella “gloria”, ossia a quella condizione in cui contempliamo il Signore Risorto che il Padre «fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione» (Epistola: Efesini 1,20).
A tale riguardo l’Apostolo domanda a Dio di far comprendere ai fedeli di Efeso e, in essi, anche a noi «a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi» (v.18). Si tratta, se ben comprendiamo, della partecipazione della nostra persona, già da questa vita terrena, a quella condizione che, ora, possiamo contemplare nel solo suo Figlio asceso al cielo.
È la visione che meritò di avere il primo martire santo Stefano che, dopo aver reso testimonianza al Signore con la sua parola, gli rese testimonianza con il suo sangue: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio» (Lettura: Atti degli Apostoli 7,56). In Stefano viene così esaudita la volontà del Signore (cfr. Giovanni 17,24), così come è continuamente esaudita nell’infinita schiera di martiri, di testimoni e di discepoli che si succedono, lungo i secoli.
A noi che viviamo in questa condizione di vita fugace, ci doni il Signore di cominciare a sperimentare con fede certa la nostra partecipazione alla sua “gloria” di Figlio che contempliamo “faccia a faccia” nella celebrazione del mistero del suo amore che è l’Eucaristia. In essa deve brillare in tutta verità la perfezione di quella unità che ci lega in unum con il Padre per mezzo del Figlio perché il mondo creda. È ciò che ci ricorda il canto Al Vangelo: «Tutti siano una sola cosa, dice il Signore, e il mondo creda che tu mi hai mandato» (cfr. Giovanni 17,21).
A. Fusi

sabato 4 maggio 2013

809 - VI DOMENICA DOPO PASQUA

I testi biblici oggi proclamati, e in particolare il brano evangelico, illuminano il cammino della Chiesa sino al ritorno definitivo del Signore risorto e vivente presso il Padre.
Nel momento di congedarsi dai suoi prima della sua passione, Gesù dimostra di essere consapevole che la sua opera di rivelazione non si è ancora completamente conclusa perché i discepoli non sono «capaci di portarne il peso» (Vangelo: Giovanni 16,12). Essi, cioè, non sono ancora in grado di comprendere fino in fondo il senso ultimo e la portata della sua Pasqua e dei momenti che la contraddistinguono. Inoltre il Signore sa che la sua separazione provocherà in essi pianto, gemito e tristezza (v. 20) e sperimenteranno la paura di fronte agli avvenimenti che li riguarderanno da vicino.
Ciò che il Signore dice in riferimento alle conseguenze del suo pur momentaneo allontanamento dai suoi con la sua morte prima e con la sua ascensione al cielo, è destinato a orientare anche oggi la vita della Chiesa e di ogni credente.
Il suo allontanamento, infatti, permette il sopravvenire sui suoi di Colui che è designato come lo Spirito della verità (v. 13), il quale non ha un messaggio suo personale da recare ai discepoli ma porterà a compimento quelle cose che Gesù voleva ancora dire ad essi (cfr. v. 12), ossia dirà nel cuore della Chiesa le cose che egli stesso riceve da Gesù.
Lo Spirito Santo, pertanto, portando ai discepoli il messaggio di Gesù, rende viva e presente la sua persona dotata di tutto quello «che il Padre possiede» (v. 15) e che gli appartiene a motivo del suo essere Figlio!
Con il messaggio, perciò, lo Spirito porta tra i discepoli tutti i tesori di grazia che appartengono a Gesù Crocifisso e Risorto ed elevato sopra i cieli da dove, come sommo sacerdote, è in grado di «salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio» (Epistola: Ebrei 7,25).
Lo Spirito Santo, pertanto, lungo i tempi trasmette la rivelazione portata storicamente nel mondo, dal Verbo fatto uomo, e partecipa ai fedeli, mediante il sacrificio eucaristico e gli altri sacramenti, tutti i tesori di grazia e di salvezza che Gesù, il Crocifisso/Risorto, esaltato presso il Padre, possiede. Egli, perciò, continua a essere presente tra i suoi “spiritualmente”, grazie cioè all’azione dello Spirito che lo rende perennemente attivo nella sua Chiesa.
Questa sperimenterà, nell’intervallo interposto tra la dipartita del Signore e il suo ritorno, il pianto e la tristezza. Il mondo, infatti, che nel Vangelo di Giovanni può indicare quella realtà pregiudizialmente e irriducibilmente ostile a Gesù e, dunque, a quanti aderiscono a lui, si opporrà, anche con la persecuzione violenta, all’ opera di evangelizzazione e di annuncio di «una speranza migliore» (Ebrei 7,19) che è stata introdotta nel mondo dal sacrificio pasquale del Signore Gesù. Sarà lui, il Signore risorto, sulla via di Damasco, a trasformare Saulo, «formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri» (Lettura: Atti degli Apostoli 22,3) e persecutore della «Via» (v.4), ossia della nascente fede cristiana, nell’Apostolo mandato «lontano, alle nazioni» (v.21) a predicare proprio quella Via perché in essa possano essere salvate.
A. Fusi 

mercoledì 1 maggio 2013

808 - PAPA FRANCESCO: SAN GIUSEPPE E IL MESE DI MAGGIO

Cari fratelli e sorelle,
buongiorno.
Oggi, primo maggio, celebriamo san Giuseppe lavoratore e iniziamo il mese tradizionalmente dedicato alla Madonna. In questo nostro incontro, vorrei soffermarmi allora su queste due figure così importanti nella vita di Gesù, della Chiesa e nella nostra vita, con due brevi pensieri: il primo sul lavoro, il secondo sulla contemplazione di Gesù.
Nel Vangelo di san Matteo, in uno dei momenti in cui Gesù ritorna al suo paese, a Nazaret, e parla nella sinagoga, viene sottolineato lo stupore dei suoi paesani per la sua sapienza, e la domanda che si pongono: «Non è costui il figlio del falegname?» (13,55). Gesù entra nella nostra storia, viene in mezzo a noi, nascendo da Maria per opera di Dio, ma con la presenza di san Giuseppe, il padre legale che lo custodisce e gli insegna anche il suo lavoro. Gesù nasce e vive in una famiglia, nella santa Famiglia, imparando da san Giuseppe il mestiere del falegname, nella bottega di Nazaret, condividendo con lui l’impegno, la fatica, la soddisfazione e anche le difficoltà di ogni giorno.
Questo ci richiama alla dignità e all’importanza del lavoro. Il libro della Genesi narra che Dio creò l’uomo e la donna affidando loro il compito di riempire la terra e soggiogarla, che non significa sfruttarla, ma coltivarla e custodirla, averne cura con la propria opera (cfr Gen 1,28; 2,15). Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e in questo modo partecipiamo all’opera della creazione! Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro, per usare un’immagine, ci "unge" di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre (cfrGv 5,17); dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione. E qui penso alle difficoltà che, in vari Paesi, incontra oggi il mondo del lavoro e dell’impresa; penso a quanti, e non solo giovani, sono disoccupati, molte volte a causa di una concezione economicista della società, che cerca il profitto egoista, al di fuori dei parametri della giustizia sociale.
Desidero rivolgere a tutti l’invito alla solidarietà, e ai Responsabili della cosa pubblica l’incoraggiamento a fare ogni sforzo per dare nuovo slancio all’occupazione; questo significa preoccuparsi per la dignità della persona; ma soprattutto vorrei dire di non perdere la speranza; anche san Giuseppe ha avuto momenti difficili, ma non ha mai perso la fiducia e ha saputo superarli, nella certezza che Dio non ci abbandona. E poi vorrei rivolgermi in particolare a voi ragazzi e ragazze a voi giovani: impegnatevi nel vostro dovere quotidiano, nello studio, nel lavoro, nei rapporti di amicizia, nell’aiuto verso gli altri; il vostro avvenire dipende anche da come sapete vivere questi preziosi anni della vita. Non abbiate paura dell’impegno, del sacrificio e non guardate con paura al futuro; mantenete viva la speranza: c’è sempre una luce all’orizzonte.
Aggiungo una parola su un’altra particolare situazione di lavoro che mi preoccupa: mi riferisco a quello che potremmo definire come il "lavoro schiavo", il lavoro che schiavizza. Quante persone, in tutto il mondo, sono vittime di questo tipo di schiavitù, in cui è la persona che serve il lavoro, mentre deve essere il lavoro ad offrire un servizio alle persone perché abbiano dignità. Chiedo ai fratelli e sorelle nella fede e a tutti gli uomini e donne di buona volontà una decisa scelta contro la tratta delle persone, all’interno della quale figura il "lavoro schiavo".
Accenno al secondo pensiero: nel silenzio dell’agire quotidiano, san Giuseppe, insieme a Maria, hanno un solo centro comune di attenzione: Gesù. Essi accompagnano e custodiscono, con impegno e tenerezza, la crescita del Figlio di Dio fatto uomo per noi, riflettendo su tutto ciò che accadeva. Nei Vangeli, san Luca sottolinea due volte l’atteggiamento di Maria, che è anche quello di san Giuseppe: «Custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (2,19.51). Per ascoltare il Signore, bisogna imparare a contemplarlo, a percepire la sua presenza costante nella nostra vita; bisogna fermarsi a dialogare con Lui, dargli spazio con la preghiera. Ognuno di noi, anche voi ragazzi, ragazze e giovani, così numerosi questa mattina, dovrebbe chiedersi: quale spazio do al Signore? Mi fermo a dialogare con Lui? Fin da quando eravamo piccoli, i nostri genitori ci hanno abituati ad iniziare e a terminare la giornata con una preghiera, per educarci a sentire che l’amicizia e l’amore di Dio ci accompagnano. Ricordiamoci di più del Signore nelle nostre giornate!
E in questo mese di maggio, vorrei richiamare all’importanza e alla bellezza della preghiera del santo Rosario. Recitando l'Ave Maria, noi siamo condotti a contemplare i misteri di Gesù, a riflettere cioè sui momenti centrali della sua vita, perché, come per Maria e per san Giuseppe, Egli sia il centro dei nostri pensieri, delle nostre attenzioni e delle nostre azioni. Sarebbe bello se, soprattutto in questo mese di maggio, si recitasse assieme in famiglia, con gli amici, in Parrocchia, il santo Rosario o qualche preghiera a Gesù e alla Vergine Maria! La preghiera fatta assieme è un momento prezioso per rendere ancora più salda la vita familiare, l’amicizia! Impariamo a pregare di più in famiglia e come famiglia!
Cari fratelli e sorelle, chiediamo a san Giuseppe e alla Vergine Maria che ci insegnino ad essere fedeli ai nostri impegni quotidiani, a vivere la nostra fede nelle azioni di ogni giorno e a dare più spazio al Signore nella nostra vita, a fermarci per contemplare il suo volto. Grazie!
Papa Francesco