Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

domenica 30 dicembre 2012

762 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - GENNAIO 2013

Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre.
In particolare per le intenzioni del Papa e dei Vescovi di questo mese di Gennaio
Generale: “Perché in questo «anno della fede» i cristiani possano approfondire la conoscenza del mistero di Cristo e testimoniare con gioia il dono della fede in lui”.
Missionaria: “Perché le comunità cristiane del Medio Oriente, spesso discriminate, ricevano dallo Spirito Santo la forza della fedeltà e della perseveranza”.
Dei vescovi: “Perché coloro che soffrono maggiormente a causa della precarietà o della mancanza di lavoro siano oggetto dell'attenzione e dei provvedimenti delle autorità pubbliche”.

venerdì 28 dicembre 2012

761 - OGGI COMINCIA IL MISTERO DELLA PASSIONE

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Sacro Monte di Varallo Sesia

“All'udire della nascita del Salvatore, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme” (Mt 2,3)... La mirra dei Magi prefigurava il mistero della passione: bambini appena nati sono uccisi senza pietà... Cosa significa questo infanticidio? Perché un crimine così orribile? “Un segno strano è apparso in cielo – dicono Erode e i suoi consiglieri - ; indica certamente per i magi la venuta di un altro re”. Capisci, Erode, cosa sono questi segni precursori ? ... Se Gesù è signore delle stelle, non è forse al riparo dai tuoi attacchi? Tu credi di avere il potere di far vivere o morire, ma non hai nulla da temere da un essere così mite. Dio lo sottopone al tuo potere; perché cospirare contro di lui?...
Ma abbandoniamo il lutto, “il dolore amaro di Rachele che piange i suoi figli”, perché oggi il Sole di giustizia (Ml 3,20) dissipa le tenebre del male e diffonde la sua luce su tutto il creato, lui che assume la nostra natura umana... In questa festa della natività “le porte della morte sono infrante, le barre di ferro sono spezzate” (Sal 107,16)... Poiché a causa di un uomo, Adamo, è venuta la morte; oggi a causa di un uomo viene la salvezza (Rom 5,18)... Dopo l'albero del peccato si leva l'albero della bontà, la croce... Oggi comincia il mistero della Passione.
San Gregorio Nisseno (circa 335-395), monaco e vescovo
Omelia sulla Natività di Cristo; PG 46,1128

domenica 23 dicembre 2012

760 - BUON NATALE 2012!

Duomo di Spoleto
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Signore Gesù, amico e fratello,
accompagna i giorni dell’uomo
perché ogni epoca del mondo, 
ogni stagione della vita intraveda qualche segno 
del tuo Regno che invochiamo in umile preghiera, 
giustizia e pace s’abbraccino
a consolare coloro che sospirano il tuo giorno. 
Noi esultiamo nel giorno della tua nascita,
noi sospiriamo il tuo ritorno: 
Vieni, Signore Gesù!
(Carlo Maria Martini)

759 - STRANIERO E OSPITE A CASA SUA

In quest’anno della fede, avvicinandosi il Natale, ci lasciamo provocare dalla frase di sant’Ambrogio: “Se secondo la carne, una sola è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo” (Commento al Vangelo di Luca, capitolo II, versetto 26). Per il nostro santo patrono siamo dunque chiamati non solo ad accogliere la venuta del Signore ma anche a farlo nascere. Come? Attraverso la nostra fede.
Lui infatti nasce e viene e ci è accanto non in modo rumoroso, Lui non si impone, ma aspetta un luogo, un cuore dove nascere, come già duemila anni fa venne quasi straniero e ospite in casa sua.
Lui non cerca i palazzi dei re e le case dei ricchi per nascere, gli va bene un luogo umile, che si sa inadeguato, ed è contento di stare in compagnia della nostra povertà, delle nostre fragilità, del nostro peccato.
Lui chiama gli esclusi, quanti si sanno bisognosi di salvezza, per gioire della sua nascita: chi altri infatti gioirebbe dell’arrivo di un Salvatore?
Lui sceglie una piccola stella, confondibile tra migliaia, perché la speranza sia accesa e atteso il compimento delle promesse.
Così Egli opera attendendo la risposta della nostra fede, l’adesione della nostra vita. Lui viene e la nostra fede lo riconosce e gli fa posto come all’Altro il cui sguardo dà nuova profondità alla nostra vita: “Luce che illumina ogni uomo” (Vangelo di Giovanni, capitolo 1, versetto 9).
Lui viene e la nostra fede gli offre quello che siamo, la nostra povertà, il nostro quotidiano gioire, soffrire, sperare e domandare: “venne ad abitare in mezzo a noi” (Vangelo di Giovanni, capitolo 1, versetto 14).
Lui viene e la nostra fede gli domanda salvezza e si incammina verso di Lui con i passi della conversione: “da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Vangelo di Giovanni, capitolo 6, versetto 67).
Lui viene e la nostra fede coltiva la speranza e instancabilmente cerca i segni del compimento delle promesse e attende con lo sguardo rivolto al cielo: “ora che potrei attendere, Signore? È in te la mia speranza” (Salmo 39, versetto 8).
La fede infatti non è atteggiamento privato e chiuso nel cuore ma – come ci insegna il Papa – “è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui” (Lettera apostolica “Porta fidei”, numero 10, con la quale si indice l’anno della fede). Così – ci esorta ancora Ambrogio -, come Maria è beata perché ha creduto (cfr. Vangelo di Luca, capitolo 1, versetto 26) “beati anche voi che avete udito e avete creduto: infatti ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio e ne comprende le operazioni” capisce come Egli opera e ne segue i passi incontro ad ogni uomo portando un buon annuncio.
Monache Romite Ambrosiane, in
http://www.rmfonline.it/

758 - BUON NATALE DA CURITIBA

Carissimi,
siamo giunti al tempo degli auguri e ciò mi rende particolarmente felice.
Tra un avvenimento e l’altro, siamo arrivati anche quest’anno alla solennità del Santo Natale che con la sua grazia ci predispone ad entrare nel 2013 con il desiderio e la decisione di crescere ancora un poco lungo il cammino per noi preparato.
Per quanto mi riguarda anche il 2012 è un anno da annoverare tra quelli più significativi, senza far torto agli altri anni che comunque sono un dono del Signore.
Quest’anno è stato l’anno in cui Benedetto XVI ha proclamato “santo” il nostro amatissimo Fondatore Padre Giovanni Piamarta. Avere la conferma della Chiesa che il suo esempio è quello di un santo, ci sollecita ulteriormente a metterci sulle sue orme.
Quest’anno ho concluso, nel mese di Aprile, la mia prima esperienza missionaria in Mocodoene (Mozambico). Non mi stancherò mai di ringraziare il Signore del dono che mi ha concesso di una esperienza così bella e arricchente, anche se faticosa.
E’ stato anche l’anno in cui ho iniziato, in giugno, una nuova esperienza in Brasile come formatore e compagno di viaggio dei giovani brasiliani della nostra Congregazione che si preparano ai ministeri del Lettorato e dell’Accolitato, alla Professione religiosa perpetua e agli ordini sacri del Diaconato e del Sacerdozio.
A fianco di questa esperienza, in un paese che le statistiche politiche mondiali annoverano tra quelli in grande ascesa economica, il Signore mi sta facendo conoscere altri giovani e altre famiglie che con questa ascesa hanno poco o nulla a che fare. Sono felice di stare al loro fianco con la Chiesa e seguendo l’esempio di Padre Piamarta.
Ringrazio tutti dell’amicizia e auguro un felice e santo Natale e un 2013 di pace e salute. Padre Giacomo (Tiago) Marietti e comunità.
Curitiba, 23.12.2012.

venerdì 21 dicembre 2012

757 - DOMENICA DELL'INCARNAZIONE

Il brano di Luca (1,26-38a) va letto alla luce dei racconti vetero-testamentari di annunciazione, di concepimenti e di nascite del tutto singolari come, ad esempio, quella di Sansone (Giudici 13,1-7) e, in parallelo, con l’annuncio a Zaccaria, padre del Battista (Luca 1,5-25). Nei versetti iniziali (26-27) l’evangelista, mentre ambienta il suo racconto a livello temporale e spaziale, è particolarmente interessato a mettere in evidenza la condizione di Maria a cui è inviato Gabriele: «una vergine», quasi a voler preparare l’annunzio della sua singolare maternità fatta risalire direttamente all’intervento di Dio. I vv. 28-33 riportano il contenuto dell’annuncio. Maria viene salutata come «piena di grazia» (v. 28), a indicare il favore divino del tutto sorprendente e gratuito che guarda proprio a lei, una donna, una vergine non appartenente certo alle classi sociali più elevate. Il v. 29 registra il turbamento, anzi, il forte spavento avvertito inizialmente da Maria e che viene fugato dalle successive parole dell’angelo, finalmente rivelatrici dei disegni divini su di lei (vv. 30-33.35-37). Esse parlano della sua imminente maternità, quella di un figlio che dovrà essere chiamato Gesù (= Dio salva): nome indicativo della sua missione nel mondo quale «figlio dell’Altissimo» ed erede del trono di Davide secondo l’antica promessa: «Io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno... io renderò stabile il trono del suo regno per sempre» (2Samuele 7,12-13). Il v. 34 registra un secondo intervento di Maria riguardante la sua condizione di vergine, al quale fa seguito la nuova risposta dell’angelo (vv. 35-37), che rivela come l’annunciata maternità non sarà ascrivibile a un intervento umano, ma soltanto all’intervento divino mediante l’azione dello Spirito Santo. Le successive parole angeliche (v. 35b) segnano il culmine della rivelazione riguardante il figlio concepito dalla Vergine: non solo «figlio dell’Altissimo», non solo «figlio di Davide» e, dunque il re, il Messia, ma: «Sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» in senso proprio ed esclusivo. Gesù, dunque, è il Figlio di Dio ed è il figlio di Maria, la vergine. Ciò è possibile solo a Dio per il quale «nulla è impossibile» come, ad esempio, rendere madre Elisabetta, una parente di Maria che, nella sua vecchiaia, ha concepito anch’essa un figlio (v. 36). Il racconto si conclude al v. 38 con il “sì” di Maria che la pone nel numero dei “servi del Signore”, vale a dire di coloro che si consegnano con decisione fedele e irrevocabile alla volontà di Dio.
La tradizione liturgica della nostra Chiesa Ambrosiana dedica l’ultima domenica dell’Avvento alla celebrazione dell’Incarnazione del Signore nel seno della Vergine Maria.
Si vuole, in tal modo, condurre i fedeli a riconoscere, nel Bambino di Betlemme, il «Figlio dell’Altissimo», generato, come vero uomo, nel seno della Vergine, per opera dello Spirito Santo (cfr. Vangelo: Luca 1,31-35). La presente domenica, perciò, vuole aprire i nostri cuori alla grandezza e alla stupenda bellezza dei disegni di Dio che tutti ci riguardano e che comportano la venuta salvifica nel mondo del suo Figlio Unigenito che noi, con fede integra, confessiamo «vero Dio e vero Uomo».
Il canto Alla Comunione esprime liricamente il contenuto della nostra fede: «O scambio di doni mirabile! Il Creatore del genere umano, nascendo dalla Vergine intatta per opera di Spirito Santo, riceve una carne mortale e ci elargisce una vita divina».
In realtà i testi biblici e le preghiere del Messale non indugiano più di tanto nell’indagare il mistero insondabile, qual è l’Incarnazione del Verbo di Dio. Esso esige infatti di risalire e di penetrare nella vita trinitaria di Dio e reclama, in chi ascolta, la consegna libera e intelligente, sull’esempio della Vergine Santa, al volere divino al quale «nulla è impossibile» (cfr. vv. 37-38).
L’attenzione, pertanto, è rivolta maggiormente alla dimensione salvifica di tale mistero, considerato anzitutto come l’avverarsi delle promesse di Dio a Davide in ordine al ristabilimento del suo trono e del suo regno (vv. 32-33) e al riscatto del suo popolo così annunziato: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore» (Lettura: Isaia 62,11). Riscatto che trasforma un popolo umiliato e oppresso in «Popolo santo», un popolo di «Redenti del Signore» (v. 12).
Con ciò, a partire dal riscatto di Israele, si comprende come nell’Incarnazione del Figlio che assume in sé l’umanità intera, Dio in realtà dispone il riscatto e la redenzione dell’intera famiglia umana per farne il suo “Popolo santo”. È quanto viene profeticamente annunziato nella Lettura, dove si parla di un personaggio misterioso: «che viene da Edom, da Bosra con le vesti tinte di rosso, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza» (Isaia 63,1) e nel quale riconosciamo il Signore Gesù che, con la sua Incarnazione, avvia quell’opera di salvezza e di liberazione dell’uomo che porterà a compimento nella sua Pasqua di morte e di risurrezione.
Dal mistero del Verbo Incarnato lo sguardo di fede e di stupore può ora rivolgersi al mistero della Vergine Madre che l’angelo saluta come «piena di grazia» e ricolma della presenza dello Spirito Santo (Luca 1,28.30.35) e così cantata All’Ingresso: «Elisabetta dice a Maria; “Perché a me sei venuta, Madre del mio Signore? Se l’avessi saputo, sarei uscita a te incontro. Tu porti in grembo il Re dell’universo, io solamente un profeta; tu colui che dà la legge, io colui che la osserva; tu la Parola che salva, io la voce che ne proclama l’avvento».
Il primo dei due Prefazi proposti per l’odierna solennità, cogliendo il senso pieno della pagina evangelica oggi proclamata, esprime così il mistero della Vergine-Madre Maria: «Accogliendo con fede illibata l’annunzio dell’angelo, concepì il tuo Verbo, rivestendolo di carne mortale; nell’esiguità del suo grembo racchiuse il Signore dei cieli e il Salvatore del mondo e per noi lo diede alla luce, serbando intatta l’integrità verginale».
Tutte le preghiere e i canti della Messa, in realtà, testimoniano la fede stupiuta e ammirata della Chiesa di fronte al mistero di questa «serva del Signore» (Luca 1,38) che la benevolenza e la potenza divina, non senza il suo sì, ha reso capace di ridonare «il Dio vivo onde il genere umano sorge libero dall’antica oppressione» (Prefazio II).
Possiamo a ragione affermare che da questa donna «comincia l’opera di salvezza» (Prefazio II) che il suo Figlio ha portato a termine nell’ora della Croce.
Tutto ciò fonda e stabilisce nella Chiesa, e in tutti noi, quella “gioia” del tutto diversa da quella effimera di questo mondo, perchè frutto della “ricchezza” ridonataci dal Figlio di Maria. A ragione, perciò, l’Apostolo ci esorta: «Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Epistola: Filippesi 4,4).
Una gioia e una letizia che, nel raduno eucaristico, ci viene data per Maria dalla cui «fecondità è germinato colui che ci sazia con angelico pane» (Prefazio II).
Alberto Fusi

lunedì 17 dicembre 2012

756 - L'ATTESA DEI POPOLI

Tu sei colui che i popoli attendono! (Gen 49,10 Vulg).
 E quelli che ti attendono non saranno delusi. I nostri padri ti hanno atteso, tutti i giusti fin dall'origine del mondo hanno sperato in te, e tu non li hai delusi (cfr Sal 22,5)....
Ma la Chiesa, che nei giusti di una volta ha atteso la prima venuta di Cristo, attende ora la seconda nei giusti della Nuova Alleanza. E come era certa che la prima venuta avrebbe pagato il prezzo della redenzione, così ha la certezza che la seconda le porterà la ricompensa. Sostenuta da questa attesa e da questa speranza che supera i valori terreni, la Chiesa aspira ai beni eterni con pari gioia e ardore.
Mentre alcuni si danno da fare a cercare la felicità quaggiù senza aspettare che si realizzi il disegno di Dio, precipitandosi a far proprio ciò che il mondo propone loro, chi ha la fortuna di porre la sua speranza nel Signore non si volge a cose vane e a ciò che inganna (Sal 40,5)... Sa che vale più essere umiliato con i miti che condividere il bottino di questo mondo con i superbi. Per consolarsi, si dice: “Mia parte è il Signore, per questo in lui voglio sperare. Buono è il Signore con chi spera in lui, con l'anima che lo cerca. È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore. Signore, è vero, la mia anima ha qualche mancanza nell'attesa della tua salvezza, ma sono colmo di speranza nella tua parola” (Lam 3,24-26; Sal 119,81 Vulg)... Sono certo “che arriverà infine e non ci deluderà”; ecco perché “anche se indugia, l'attenderò, perché certo verrà e non tarderà” (cfr Ab 2,3).
Beato Guerrico d'Igny (circa 1080-1157), abate cistercense

sabato 15 dicembre 2012

755 - VIENI PRESTO GESU'


Ti stiamo aspettando Gesù.
Fa' scendere la tua Parola su di noi.
Abbiamo tanto bisogno di te.

Tocca il nostro cuore, cambia il nostro stile di vita,
rendici più generosi, più autentici, più umani.

Ti stiamo aspettando Gesù.
Ti aspetta questa tua parrocchia.
Ti aspettano le nostre famiglie e i bambini, i nostri anziani e gli ammalati.

Vieni presto, Signore Gesù!
Non tardare!
Aiutaci a condividere tra noi il pane del rispetto e dell'amicizia.
Donaci di spezzare con chi è solo il pane di una stretta di una mano;
Donaci di donare il pane della fiducia con chi è nella disperazione.
Gesù, ti stiamo aspettando.
Non tardare. Amen.


don Angelo Saporiti

sabato 8 dicembre 2012

554 - IMMACOLATA CONCEZIONE

La Verna - Ceramica di Andrea della Robbia

Lettura del Vangelo secondo Luca 1, 26b-28

In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».

venerdì 7 dicembre 2012

753 - S.AMBROGIO

MOSTRACI IL BENE, SIGNORE

Noi ti seguiamo, Signore Gesù,
ma tu chiamaci, perché ti possiamo seguire.
Nessuno potrà salire senza di te.
Tu sei la via, la verità, la vita,
la possibilità, la fede, il premio.
Aprici il cuore a quello che è veramente il bene,
il tuo bene divino,
«in cui noi siamo, viviamo e ci muoviamo».
Noi ci muoviamo, se camminiamo sulla via;
esistiamo, se rimaniamo nella verità;
viviamo, se siamo nella vita.
Mostraci il bene inalterabile, unico, immutabile,
nel quale possiamo essere eterni
e conoscere ogni bene:
in quel bene si trova la pace serena,
la luce immortale, la grazia perenne,
la santa eredità delle anime,
la tranquillità senza turbamento,
non destinata a perire ma sottratta alla morte:
là dove non vi sono lacrime
e non dimora il pianto,
dove i tuoi santi
sono liberati dagli errori e dalle inquietudini,
dal timore e dall’ansia, dalle cupidigie,
da tutte le sozzure e da ogni affanno corporale,
dove si estende la terra dei viventi.
(S. Ambrogio)

sabato 1 dicembre 2012

752 - III DOMENICA DI AVVENTO


Nel brano di Vangelo di Luca 7,18-28 distinguiamo nel testo due parti. La prima, vv. 18-23, riguarda le domande rivolte dal Battista a Gesù tramite due suoi discepoli. La seconda, vv. 24-28, riporta l’“elogio” del Battista da parte del Signore Gesù. In particolare il brano al v. 18 si rifà ai prodigi operati da Gesù («tutte queste cose») e registrati nei precedenti versetti: 1-17. I vv. 19-20 segnalano la domanda del Battista relativa all’identità messianica di Gesù. La risposta del Signore è anzitutto “operativa” (v. 21) e poi esplicativa (vv. 22-23) con il ricorso a riferimenti profetici che, nelle guarigioni dei ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi e perfino nella risurrezione dei morti, annunziano l’avverarsi del tempo messianico (cfr. Isaia 26,19; 35,5-6; 42,7; 61,1). Con le guarigioni, viene sottolineata come opera propriamente messianica l’evangelizzazione dei poveri (cfr. Luca 4,18-19). Nella seconda parte, che riporta il giudizio pubblico di Gesù sul Battista (vv. 24-25), spicca il suo riconoscimento come profeta, ma soprattutto come colui che prepara la strada al Messia (vv. 26-27; cfr. Esodo 23,20a; Malachia 3,1a). La conclusione (v. 28), mentre ribadisce la grandezza del Battista, vuole inculcare l’urgenza di divenire discepoli e di far parte del regno di Dio che Gesù viene ad inaugurare.
Questa terza domenica di Avvento, con un’appropriata serie di testi della Scrittura, fa crescere nella Chiesa la consapevolezza che, nella venuta tra noi di Gesù, il Figlio di Dio, le profezie sono adempiute. Esse, sinteticamente osservate, riguardano essenzialmente l’intervento salvifico di Dio a favore del suo popolo Israele e, a partire da esso, di tutte le genti e i popoli della terra.
La Lettura annunzia un’iniziativa divina davvero sorprendente. Dio, infatti, elegge quale strumento di salvezza del suo popolo, nell’umiliante situazione di deportazione e di schiavitù in Babilonia, Ciro, re dei persiani, un pagano! Sarà proprio lui ad annientare la tirannica potenza dei babilonesi e a mandare libero Israele restituendolo alla sua terra.
Nel suo intervento, motivato dal suo amore per Israele, Dio si manifesta come l’unico Signore capace di recare salvezza, di punire la malvagità e di far germogliare dalla terra la salvezza e la giustizia (cfr. Isaia 45,8).
Il brano evangelico testimonia che l’annunzio profetico del germoglio di salvezza e di giustizia si è adempiuto nella venuta in questo mondo del Cristo, ossia del Messia «secondo la carne» (Epistola: Romani 9,5) che è Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio!
Egli ha fornito a chi, ieri come oggi, si interroga su di lui e sulla consistenza della sua missione, le “prove” della sua investitura e della sua elezione a recare salvezza. Queste sono come riassunte nell’annunzio della “buona notizia” da lui insistentemente rivolto anzitutto ai poveri (Vangelo: Luca 7,22), ovvero ai miserabili, a quanti sono privati di ogni considerazione, agli oppressi e agli infermi senza alcuna speranza!
A essi, costretti a vivere giorni amarissimi e senza umane possibilità di riscatto, viene annunciata, per primi, la “bella notizia” dell’effettiva guarigione dai mali, dell’effettiva liberazione dall’umiliazione, dell’effettiva “giustizia”, che li riabilita nel contesto sociale.
In questi poveri sono anche racchiusi, con noi, gli uomini di questo nostro secolo che, in direzione sbagliata, mostrano di cercare giustizia e riscatto da una condizione di solitudine, di incertezza, di totale insoddisfazione, ripiegando in una inconcludente indifferenza e in una pratica incredulità. A tutti la Chiesa in preghiera fa udire la parola divina di speranza: «Dite agli smarriti di cuore: Coraggio, non temete! Ecco: si compie il giusto giudizio di Dio, il nostro Dio viene a salvarci» (Canto Dopo il Vangelo) a spezzare «le porte di bronzo» e a rompere «le spranghe di ferro» che imprigionano il cuore e la vita degli uomini (cfr. Isaia 45,2).
I discepoli del Signore, sapendo che le promesse e i tesori da lui riversati su Israele (cfr. v. 3) sono in verità destinati a tutti gli uomini, avvertono il compito di annunciare a tutti la bella notizia che è in Cristo Gesù. In lui, davvero, si trovano salvezza e giustizia e, quel che più conta, la possibilità di essere rigenerati come figli del Padre (cfr. Romani 9,4)!
Un simile annunzio, attende di essere messo alla portata di tutti e, di conseguenza, deve necessariamente tradursi, sull’esempio stesso del Signore Gesù, in gesti concreti e nella nostra vita vissuta, dalla quale deve chiaramente trasparire che Gesù è davvero tutto per noi e che lui solo riconosciamo e attendiamo come salvatore e non ne «aspettiamo un altro» (cfr. Luca 7,19)! È utile perciò domandarci se siamo gioiosamente e umilmente fermi nella nostra adesione al Signore, oppure siamo come «canne sbattute dal vento» (cfr. v. 24), se amiamo stare con gli umili, i poveri, i malati, oppure bramiamo di essere ammessi nelle aule del potere, del successo, dell’apparire (cfr. v. 25).
Il Signore Gesù ponga nel cuore della Chiesa e di ogni discepolo la determinazione dell’Apostolo Paolo che si dichiara disposto a essere separato da Cristo, la sua stessa Vita, pur di recare vantaggio ai suoi fratelli (Romani 9,3).
Il vantaggio consiste nel credere adempiuta in Gesù ogni profezia e promessa divina e, di conseguenza, risolta in lui ogni umana attesa di giustizia e di salvezza. Colui che possiede questa fede viene già da ora introdotto, magari come «il più piccolo», a far parte del regno di Dio (cfr. Luca 7,28), ed «entra con lui nel convito nuziale» (Prefazio) che la celebrazione eucaristica realmente anticipa e prefigura.
A. Fusi