Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

mercoledì 30 settembre 2009

112 - PRIMA SETTIMANA OTTOBRE MISSIONARIO

Tema della Prima settimana dell’Ottobre Missionario (27 settembre - 3 ottobre) è la Contemplazione, fonte della testimonianza missionaria e garanzia di autenticità dell’annuncio cristiano.

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La presenza dei poveri è una provocazione a vivere di più nella fede, ad abbandonare le nostre certezze e ad affidarci al Signore, come ci testimonia l’esperienza di P. Daniele Badiali, missionario fidei donum, ucciso in Perù nel 1997.

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Se penso che sono venuto qua per servire questa gente mi viene da piangere, come è povera la mia vita, più povera della loro. E’ proprio vero, i poveri sono più vicini al Signore, per questo il Signore li ha prediletti.

Noi ricchi siamo più lontani, e sempre più lo saremo se non ci convertiremo, se non sapremo fidarci. Per fare un passo abbiamo bisogno di avere certezze, di vedere cosa ci sta al di là del fosso, non sappiamo rischiare.

Io lo vedo tanto per me, e mi accorgo che è così perché non ho fede, perché non ho gli occhi dei poveri. I miei occhi sono complicati, e non riflettono la luce del sole sul cuore, la deviano al cervello, perché la mia testa possa capire, valutare, vedere ciò che è più giusto.

No, questo non è lo slancio di cui parla il Vangelo, mai saprò vendere tutto ciò che ho per compare il campo dove è nascosto il tesoro. Il Vangelo è una parola dura, difficile, dovremmo esserne più coscienti, molte volte lo prendiamo alla leggera. Anch’io ho sempre fatto così, ma non avevo confronti che mi dicessero qualcosa; ora il confronto ce l’ho, ho i poveri che vivono accanto a me (…). Questo vuol dire vivere in mezzo ai poveri, scoprire che il vero povero sono io, che io ho bisogno di essere aiutato, salvato più di loro.

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(P. Daniele Badiali, Dio al di sopra di tutto. Le sue numerose e preziose lettere, a cura di Mons. Elio Tinti, Seminario Regionale di Bologna, Grafiche Dehoniane, Bologna, p. 115)

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domenica 27 settembre 2009

111 - PREGHIERA DI INIZIO ANNO PASTORALE 2009- 2010

Domenica 27 settembre la Parrocchia di San Gerolamo Emiliani ha celebrato la Festa della Comunità, con la solenne inaugurazione dell’anno pastorale e oratoriano, durante la Messa alle ore 11 e la benedizione degli interni rimessi a nuovo nella chiesa: Battistero, Confessionali, Cappella dei santi.

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Dio, Padre fedele e misericordioso,

Ti ringraziamo per il dono di essere la tua famiglia,

per la santità suscitata in ogni tempo nella Chiesa,

e per i doni che elargirai nel nostro cammino parrocchiale.

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Gesù, pastore, guida e custode della nostra Chiesa,

noi vogliamo accogliere con fiducia il tuo invito

a ricercare insieme il volto che desideri per la nostra comunità.

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Spirito Santo, Amore del Padre e del Figlio,

apri la libertà alla luce e alla forza della tua azione,

accresci in noi la lieta certezza che tu operi sempre,

prima e meglio di noi, nella Chiesa,

in ogni persona e nella società.

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Vergine Maria, Madre della Chiesa,

splendido modello di docilità allo Spirito santo,

dona a tutti di ascoltarlo con fede e letizia

nell’esperienza domenicale,

per divenire Chiesa fedele al tuo Figlio Gesù

e all’umanità affidata al tuo cuore materno.

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Santi e sante, Beati e Beate della nostra terra,

sostenete il nostro proposito

di custodire e tradurre in forme nuove

la ricchezza evangelica da voi, e da molti altri credenti,

seminata nella storia della nostra Chiesa

e della società milanese. Amen

venerdì 25 settembre 2009

110 - 5° DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI - 27 SETTEMBRE

il Buon Samaritano - Vincent Van Gogh

“Beato chi cammina nella legge del Signore”: è la preghiera e l’impegno che suscita in noi la liturgia di questa domenica nel rito ambrosiano. “Pienezza della legge è la carità”: è la novità che nasce dell’insegnamento di Gesù e chiede di essere accolta e testimoniata nella nostra vita. Il Signore Gesù si fa vicino, offre il suo amore e ci invita a farci imitatori di questo amore, superando ogni ostacolo, incomprensione ed egoismo.

“Ereditare la vita eterna” significa percorrere questa strada di donazione per il prossimo. Significa riconoscere il nostro prossimo in quanti sono a noi più vicini e condividono il medesimo cammino in umanità, facendo nostra la stessa “compassione” che il Signore dimostra per ogni uomo.

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Prima lettura: Dt. 6,1-9; Sal 118; Epistola: Rm. 13,8-14°; Vangelo: Lc. 10,25-36.

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“Il cuore della parabola è la compassione. E’ vero che viene espressa attraverso l’olio, il vino, il trasporto alla locanda, i due denari: tuttavia il gesto della compassione, della misericordia, comprende ogni altro gesto, li comprende tutti ed è di più.

Questo “di più” è una compassione piena di tenerezza, una carità piena di misericordia, e può essere precisato ulteriormente in una duplice distanza.

Distanza che la compassione istituisce tra le opere esterne (olio, vino, due denari) e le intenzioni interne del cuore: la carità è una tensione al di là delle opere che non la esauriscono mai.

Distanza tra il cuore dell’uomo e il cuore di Dio, rivelato in Gesù. Perché il verbo che in Lc. 10,33 designa la compassione del buon samaritano è lo stesso che altrove designa la compassione di Gesù per la gente, ed è quello che nell’Antico Testamento indica l’atteggiamento di Dio verso l’uomo, le sue viscere di misericordia, di tenerezza.

La carità è radicata nella fede perché manifesta realmente, concretamente e storicamente l’amore di Dio: è il divino nel mondo. Manifesta Dio e insieme custodisce il mistero di Dio proclamando che il suo amore è sempre più grande delle intenzioni e delle opere dell’ uomo”.

(Carlo Maria Martini, Farsi prossimo nella città)

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Spunti di riflessione:

Dobbiamo essere il prossimo di chiunque sia in difficoltà.

Sono capace di aiutare chi è in difficoltà senza pretendere nulla in cambio?

Sono cieco davanti alle sofferenze dei nostri fratelli?

Non dobbiamo solamente conoscere la legge di Dio, ma dobbiamo metterla in pratica nella nostra vita.

Sono consapevole che l’indifferenza è la peggiore forma di egoismo?

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mercoledì 23 settembre 2009

109 - QUALE È LA TAPPA PIENA E DEFINITIVA DELLA RIVELAZIONE DI DIO?

È quella attuata nel suo Verbo incarnato, Gesù Cristo, mediatore e pienezza della Rivelazione. Egli, essendo l'Unigenito Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola perfetta e definitiva del Padre. Con l'invio del Figlio e il dono dello Spirito la Rivelazione è ormai pienamente compiuta, anche se nel corso dei secoli la fede della Chiesa dovrà coglierne gradualmente tutta la portata.

«Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, Dio ci ha detto tutto in una sola volta in questa Sua Parola e non ha più nulla da dire» (san Giovanni della Croce).

(Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n.9)

9. What is the full and definitive stage of God's Revelation?

The full and definitive stage of God’s revelation is accomplished in his Word made flesh, Jesus Christ, the mediator and fullness of Revelation. He, being the only-begotten Son of God made man, is the perfect and definitive Word of the Father. In the sending of the Son and the gift of the Spirit, Revelation is now fully complete, although the faith of the Church must gradually grasp its full significance over the course of centuries.

“In giving us his Son, his only and definitive Word, God spoke everything to us at once in this sole Word, and he has no more to say.” (Saint John of the Cross)

(Compendium of the Catechism of the Catholic Church, nr.9)

¿Cuál es la plena y definitiva etapa de la Revelación de Dios?

La plena y definitiva etapa de la Revelación de Dios es la que Él mismo llevó a cabo en su Verbo encarnado, Jesucristo, mediador y plenitud de la Revelación. En cuanto Hijo Unigénito de Dios hecho hombre, Él es la Palabra perfecta y definitiva del Padre. Con la venida del Hijo y el don del Espíritu, la Revelación ya se ha cumplido plenamente, aunque la fe de la Iglesia deberá comprender gradualmente todo su alcance a lo largo de los siglos.

«Porque en darnos, como nos dio a su Hijo, que es una Palabra suya, que no tiene otra, todo nos lo habló junto y de una vez en esta sola Palabra, y no tiene más que hablar» (San Juan de la Cruz)

(Compendio del Catecismo de la Iglesia Católica, n.9)

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108 - QUALI SONO LE TAPPE SUCCESSIVE DELLA RIVELAZIONE DI DIO?

Dio sceglie Abram chiamandolo fuori del suo Paese per fare di lui «il padre di una moltitudine di popoli» (Gn 17,5), e promettendogli di benedire in lui «tutte le Nazioni della terra» (Gn 12,3). I discendenti di Abramo saranno i depositari delle promesse divine fatte ai patriarchi. Dio forma Israele come suo popolo di elezione, salvando lo dalla schiavitù dell'Egitto, conclude con lui l'Alleanza del Sinai e, per mezzo di Mosè, gli dà la sua Legge. I Profeti annunziano una radicale redenzione del popolo e una salvezza che includerà tutte le Nazioni in una Alleanza nuova ed eterna. Dal popolo d'Israele, dalla stirpe del re Davide nascerà il Messia: Gesù.

(Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n.8)

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What are the next stages of God's Revelation?

God chose Abram, calling him out of his country, making him “the father of a multitude of nations” (Genesis 17:5), and promising to bless in him “all the nations of the earth” (Genesis 12:3). The people descended from Abraham would be the trustee of the divine promise made to the patriarchs. God formed Israel as his chosen people, freeing them from slavery in Egypt, establishing with them the covenant of Mount Sinai, and, through Moses, giving them his law. The prophets proclaimed a radical redemption of the people and a salvation which would include all nations in a new and everlasting covenant. From the people of Israel and from the house of King David, would be born the Messiah, Jesus.

(Compendium of the Catechism of the Catholic Church, nr.8)

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¿Cuáles son las sucesivas etapas de la Revelación de Dios?

Dios escogió a Abram llamándolo a abandonar su tierra para hacer de él «el padre de una multitud de naciones» (Gn 17, 5), y prometiéndole bendecir en él a «todas las naciones de la tierra» (Gn 12,3). Los descendientes de Abraham serán los depositarios de las promesas divinas hechas a los patriarcas. Dios forma a Israel como su pueblo elegido, salvándolo de la esclavitud de Egipto, establece con él la Alianza del Sinaí, y le da su Ley por medio de Moisés. Los Profetas anuncian una radical redención del pueblo y una salvación que abrazará a todas las naciones en una Alianza nueva y eterna. Del pueblo de Israel, de la estirpe del rey David, nacerá el Mesías: Jesús. (Compendio del Catecismo de la Iglesia Católica, n.8)
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martedì 22 settembre 2009

107 - PERCHE’ TI VOGLIO BENE

Quando ti sei svegliato questa mattina ti ho osservato ed ho sperato che tu mi rivolgessi la parola, anche solo poche parole, chiedendo la mia opinione o ringraziandomi per qualcosa di buono che ti era accaduto ieri, però ho notato che eri molto occupato a cercare il vestito giusto da metterti per andare a lavorare.

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Ho continuato ad aspettare ancora mentre correvi in casa per vestirti e sistemarti, sapevo che avresti avuto del tempo anche solo per fermarti qualche minuto e dirmi “Ciao”; però eri troppo occupato. Per questo ho acceso il cielo per te, l’ho riempito di colori e di canti di uccelli per vedere se così mi ascoltavi, però nemmeno di questo ti sei reso conto.

Ti ho osservato mentre ti accingevi al lavoro e ti ho aspettato pazientemente tutto il giorno, con le molte cose che avevi da fare, suppongo che tu sia stato troppo occupato per dirmi qualcosa.

Al tuo rientro ho visto la stanchezza sul tuo volto ed ho pensato di rinfrescarti un poco facendo cadere una lieve pioggia, perché questa la portasse via, il mio era un dono, ma tu ti sei infuriato ed hai offeso il mio nome.

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Desideravo tanto che tu mi parlassi…. c’era ancora tanto tempo ho pensato.

Dopo hai acceso il televisore, ti ho aspettato pazientemente, mentre guardavi la TV, hai cenato ed immerso nel tuo mondo ti sei dimenticato nuovamente di parlare con me.

Ho notato che eri stanco ed ho compreso il tuo desiderio di silenzio e così ho fatto scendere il sole ed al suo posto ho disteso una coperta di stelle ed al centro di questa ho acceso una candela: era uno spettacolo bellissimo, ma tu non ti sei accorto di nulla.

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Al momento di dormire, dopo aver augurato la buona notte alla famiglia, ti sei coricato e quasi immediatamente ti sei addormentato.

Ho accompagnato i tuoi sogni con musica e dolci pensieri ed i miei angeli hanno vegliato su di te, ma non importa, perché forse nemmeno ti rendi conto che io sono sempre lì con te.

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Ho più pazienza di quanto t’immagini, mi piacerebbe pure insegnarti ad avere pazienza tu con gli altri.

Ti amo tanto che attendo tutti i giorni una preghiera, i doni che ti ho dato oggi sono frutto del mio amore per te.

Bene, ti sei svegliato di nuovo ed ancora una volta io sono qui ed aspetto, senza nient’altro che il mio amore per te, sperando che oggi tu possa dedicarmi un po’ di tempo. Buona giornata.

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Tuo papà Dio

domenica 20 settembre 2009

106 - CERCO IL TUO VOLTO SIGNORE

Cristo Pantocrator - San Salvatore in Chora
Istanbul

O mio cuore, di' ora con tutto te stesso, di' ora a Dio: «Cerco il tuo volto. Il tuo volto, Signore, io cerco» (Sal 26,8). Orsù dunque, Signore Dio mio, insegna al mio cuore dove e come cercarti; dove e come trovarti. Signore, se tu non sei qui, dove cercherò te assente? Se poi sei dappertutto, perché mai non ti vedo presente? Ma tu certo abiti in una luce inaccessibile. E dov'è la luce inaccessibile, o come mi accosterò a essa? Chi mi condurrà, chi mi guiderà a essa si che in essa io possa vederti? Inoltre con quali segni, con quale volto ti cercherò?

O Signore Dio mio, mai io ti vidi, non conosco il tuo volto. Che cosa farà, o altissimo Signore, questo esule, che è così distante da te, ma che a te appartiene? Che cosa farà il tuo servo tormentato dall'amore per te e gettato lontano dal tuo volto? Anela a vederti e il tuo volto gli è troppo discosto. Desidera avvicinarti a la tua abitazione è inaccessibile. Brama trovarti e non conosce la tua dimora. Si impegna a cercarti e non conosce il tuo volto.

Signore, tu sei il mio Dio, tu sei il mio Signore e io non ti ho mai visto. Tu mi hai creato e ricreato, mi hai donato tutti i miei beni, e io ancora non ti conosco. Io sono stato creato per vederti e ancora non ho fatto ciò per cui sono stato creato... Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti.

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dal Proslògion, di Sant'Anselmo d'Aosta

venerdì 18 settembre 2009

105 - 4° DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DEL PRECURSORE

Nel rito ambrosiano la quarta domenica "dopo il martirio di San Giovanni il Precursore" è incentrata sulla "testimonianza" che Gesù fa di sé stesso come "pane della vita" che ci sostenta nel cammino verso Dio.

Il brano evangelico di questa domenica fa parte del "discorso del Pane di vita" (Gv. 6,22-59), con il quale Gesù rivela la sua identità. In particolare i vv 41-42 riportano la "mormorazione" dei "Giudei", ossia dei capi del popolo ostili a Gesù fino a volerlo uccidere. Essi, in continuità con quanto si legge nel libro dell’Esodo a proposito della "mormorazione" contro Mosè da parte del popolo affamato in marcia nel deserto, non accettano di aprirsi a Gesù che dichiara la sua identità e la sua origine da Dio con l’espressione «Io sono il pane disceso dal cielo». Essi credono di conoscere Gesù, la sua provenienza, la sua famiglia, in verità, non credendo nella sua Parola, non sono in grado di arrivare a "conoscerlo" davvero nella sua condizione di Figlio!

I vv 43-47 mettono in luce come l’atto del "credere", qui inteso come un "venire a me" di sapore sapienzale, più che un’opera dell’uomo è opera di Dio, il quale chiama alla fede "attirando", ossia ponendo nel cuore dell’uomo un’irresistibile attrazione che di fatto lo introduce nel mistero stesso di Dio garanzia di "risurrezione nell’ultimo giorno" e di partecipazione definitiva alla sua stessa vita.

I vv 48-51, quelli centrali per il contesto celebrativo della presente domenica, contengono le parole di autorivelazione con le quali Gesù, facendo riferimento ai fatti narrati nel libro dell’Esodo riguardanti la "manna" data da Dio in cibo al popolo affamato nel deserto, si proclama «il pane della vita» capace di mantenere in vita colui che se ne ciba. Gesù dunque si presenta come quel "pane" che abolisce la morte per sempre per colui che ne "mangia", intendendo per "morte" non certo quella fisica, ma quella "eterna", che è privazione definitiva di comunione alla vita divina. Di più, perché le sue parole fossero chiare, Gesù specifica che il "pane" che lui dona, è la sua "carne" (v 51) ossia la sua personale condizione umana di Verbo di Dio fatto uomo compresa, soprattutto, la sua morte!

Ciò che occorre fare, perciò, per avere la vita eterna è "mangiare" la "carne" del Signore, ossia prendere parte alla sua condizione di corpo donato e di sangue versato "per la vita del mondo" (v 51), a favore cioè di tutta l’umanità. Egli, infatti, è venuto nel mondo come "carne", rivestito cioè di fragilità e di debolezza, nella quale c’è l’annuncio e la tensione verso la sua morte sacrificale sulla Croce. "Carne" che lui stesso, nella Cena pasquale con i suoi discepoli, ha consegnato, una volta per tutte, come ci avverte l’Apostolo (1Corinzi 11,24), nel segno del "pane spezzato" e del calice del vino, che contiene in realtà il suo "sangue", la sua stessa vita!

(il Vangelo della Comunità, di Don Alberto Fusi)

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Prima lettura: 1Re 10,4-8; Sal 33; Epistola: 1Cor. 11,23-26; Vangelo: Gv. 6,41-51.

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mercoledì 16 settembre 2009

104 - LA VITA DI PADRE GIOVANNI PIAMARTA

Con una solenne celebrazione, il 20 giugno 1993 nella chiesa di San Gerolamo Emiliani, i fedeli salutano e ringraziano la congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza di Verona, che dopo oltre 40 anni di servizio pastorale lascia la parrocchia, chiamata dal Cardinale Martini ad altro incarico. La cura pastorale della parrocchia passa alla Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth di Brescia, che è già attiva nel Centro Professionale dal 1991.

Alla vigilia dell’inaugurazione dell’anno pastorale, vogliamo conoscere meglio Padre Giovanni Piamarta, fondatore della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth.


Giovanni Battista Piamarta nasce a Brescia nel 1841. Rimasto presto orfano di mamma, viene educato cristianamente nell’oratorio S. Tommaso: sono i tempi arroventati delle «dieci giornate di Brescia» e delle sanguinose battaglie di San Martino e Solferino. Sono anche i tempi di grande povertà del popolo, di epidemie, di grandi passioni patriottiche e di forti contrapposizioni politiche, dei primi tentativi di industrializzazione. Sono anche i tempi di vivace carità cristiana, frutto della radicata religiosità della gente bresciana. Il giovane Piamarta entra in seminario a diciannove anni e, una volta ordinato presbitero a ventiquattro anni, viene inviato nelle parrocchie rurali di Carzago Riviera e di Bedizzole, dove si distingue subito per la convinta dedizione alla catechesi e alla causa dei giovani. Trasferito nella parrocchia cittadina di S. Alessandro, si dedica anima e corpo alla crescita di un fiorentissimo oratorio. Ed è qui che, colpito dalle condizioni della gioventù più povera, matura un ardito progetto per preparare i suoi ragazzi a diventare i costruttori del proprio futuro, grazie alla competenza nel lavoro e grazie al senso di responsabilità verso la propria famiglia e verso la società. Con il consiglio determinante di Monsignor Pietro Capretti, uno degli uomini più illuminati della Chiesa bresciana e dopo una breve parentesi come parroco a Pavone Mella, nel 1886 dà inizio all'Istituto Artigianelli.

Attraversando difficoltà di ogni tipo, egli impianta laboratori ed officine per le diverse specializzazioni, prepara ambienti per ospitare centinaia di giovani, raduna collaboratori laici, condivide la vita dei suoi ragazzi come un padre, insegna loro a diventare uomini attraverso il duro tirocinio del lavoro e l’acquisizione di un carattere forte, motivato e sostenuto da una solida formazione religiosa, ispirata alla visione serena e gioiosa di S. Filippo Neri. La città resta sorpresa dei risultati. I giornali scrivono che non soltanto i migliori artigiani, ma anche la maggioranza dei dirigenti industriali «sono usciti dall’Istituto Artigianelli». Eppure, nonostante il molto lavoro, l’umile prete bresciano sente che dovrebbe interessarsi anche dei giovani che stanno abbandonando le campagne, emigrando in cerca di fortuna nelle città e, persino, nelle lontane Americhe. Assieme ad un valente agronomo, il sacerdote Giovanni Bonsignori, dà origine alla Colonia Agricola di Remedello, dove vengono insegnati metodi innovativi che aumentano considerevolmente la produttività del terreno. La nuova scuola diventa un punto di riferimento per un numero crescente di agricoltori di tutta Italia, grazie anche agli scritti diffusissimi di Padre Bonsignori.

Per rafforzare la sua opera educativa dà inizio all'Editrice Queriniana, assai attiva sul piano della catechesi e della letteratura religiosa e teologica. Nel 1902 il vescovo di Brescia riconosce la Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth da lui fondata. Il titolo dice la devozione di Padre Piamarta alla Sacra Famiglia, ma soprattutto manifesta il suo programma di dare inizio e di formare un gruppo di persone che lo coltivino spirito di famiglia, che sappiano educare alla famiglia, attraverso un clima di accoglienza e di fiducia, che propongano a tutti il modello della Famiglia di Nazareth. Qualche anno dopo, sarà approvata anche la Congregazione femminile delle Umili Serve del Signore, fondata assieme alla madre Elisa Baldo.
Muore santamente il 25 aprile 1913, nella Colonia Agricola di Remedello, pianto come un padre, come un benefattore, come un santo.

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103 - L’ATTIVITA’ DI PADRE PIAMARTA



Fin dai primi anni del suo ministero sacerdotale Padre Piamarta ha attirato l'attenzione per la sua vita di preghiera, per il suo amore ai poveri e ai sofferenti, per la dedizione incondizionata al suo ministero sacerdotale. Quando il suo lavoro si fece intensissimo, a chi gli domandava come potesse resistere a tanta fatica e a tante preoccupazioni, rispondeva candidamente: «Se io non facessi due tre ore di orazione ogni mattina, non potrei portare il peso che il buon Dio mi ha imposto». La sua è stata chiamata una «santità sociale», per l’attenzione intelligente e creativa ai bisogni della gioventù posta di fronte alle sfide della nuova società, una santità permeata da una «mistica del servizio», da una incondizionata dedizione ad una attività logorante, che gli procurava «triboli e spine» di ogni genere. La sua tenacia, unita alla profonda spiritualità, ha mostrato come l'amore di Dio possa alimentare un serio e costante amore per l’uomo, come il «divinum» sostenga e alimenti anche l’«humanum», come la «Pietas» sia il fondamento del «Labor». I suoi giovani non avevano dubbio che il loro «Padre» fosse un santo: lo sentivano vicino a loro anche quando esigeva l'adempimento dei loro doveri. Lo sentivano un padre, anche perché stava il più possibile con loro. Nella celebrazione della Santa Messa «si trasfigurava»: è una testimonianza frequentissima. La sua predicazione era semplice, diretta, convincente, capace di toccare il cuore, frutto di intensa e orante meditazione.

A chi gli faceva notare i grandi risultati della sua opera, rispondeva d'essere solo di ostacolo all’azione della Provvidenza. E alla Provvidenza si è sempre affidato con incrollabile fiducia: lui povero e senza appoggi ha potuto realizzare grandi opere, grazie all'abbandono alla Provvidenza.

Alla quale ha sempre chiesto molto e dalla quale ha ricevuto tutto. Tutto per i suoi giovani. Per questo ha lasciato in eredità ai suoi continuatori la raccomandazione vivissima di coltivare al massimo grado la virtù della gratitudine verso la Provvidenza e verso i benefattori, che ne sono gli strumenti. Si sentiva molto vicino allo spirito di S. Paolo, ch’egli citava continuamente e del quale voleva riprodurre l'amore per Cristo e lo zelo apostolico.

È stato un ardente sostenitore della devozione al Sacro Cuore e un «innamorato della Vergine Maria», specie della Immacolata Concezione. Padre Piamarta fu sempre considerato un grande e illuminato apostolo della gioventù.

Egli comprende che la sua missione consisteva nel prendersi cura dei giovani, del mondo del lavoro e della famiglia: sono i tre pilastri della sua prodigiosa attività. Per i giovani egli ha sempre lavorato con tutte le sue energie, prima negli oratori, poi nei suoi istituti, dove ha portato avanti il suo stile educativo, teso a farne dei «bravi artisti, dei buoni cittadini, degli ottimi cristiani».

Per il mondo del lavoro egli si adopera non solo per fare del lavoro non uno strumento di autopromozione, ma soprattutto per farlo diventare un mezzo educativo, per sviluppare le potenzialità del giovane e per dargli il senso della sua dignità, grazie alle possibilità di partecipare allo sviluppo della società.
Per la famiglia Padre Piamarta manifesta più volte la convinzione della sua centralità per la vita del singolo e per la società: «Quando la vita del povero — scrive — sarà riformata per mezzo della educazione cristiana dell’artigiano e dell'agricoltore, allora la società sarà ricostruita e risanata in massima parte». L'educazione alla famiglia ha un posto di rilievo nella sua attività.

Insistente è il suo richiamo al modello della Santa Famiglia di Nazareth: la quale è una famiglia dove si lavora, dove il Figlio di Dio è cresciuto lavorando manualmente, dove il lavoro ha assunto la massima dignità. Così la Santa Famiglia è diventata il nucleo centrale del suo cuore di apostolo. Di lui il Vescovo di Cremona Monsignor Bonomelli, che era stato suo professore, ebbe a dire: «quanti prodigi di carità, di prudenza, di destrezza, di zelo, veramente cristiano, ci ha mostrato nel corso di mezzo secolo di vita generosissima. Egli è il sacerdote che richiedono i tempi nuovi: non curante di sé, solo attento al bene altrui senza distinzione».

lunedì 14 settembre 2009

102 - QUALI SONO LE PRIME TAPPE DELLA RIVELAZIONE DI DIO?

Dio, fin dal principio, si manifesta ai progenitori, Adamo ed Eva, e li invita ad un'intima comunione con lui. Dopo la loro caduta, non interrompe la sua rivelazione e promette la salvezza per tutta la loro discendenza. Dopo il diluvio, stipula con Noè un'alleanza tra lui e tutti gli esseri viventi. (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n.7)

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What are the first stages of God's Revelation?

From the very beginning, God manifested himself to our first parents, Adam and Eve, and invited them to intimate communion with himself. After their fall, he did not cease his revelation to them but promised salvation for all their descendants. After the flood, he made a covenant with Noah, a covenant between himself and all living beings.

(Compendium of the Catechism of the Catholic Church, nr. 7)

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¿Cuáles son las primeras etapas de la Revelación de Dios?

Desde el principio, Dios se manifiesta a Adán y Eva, nuestros primeros padres, y les invita a una íntima comunión con Él. Después de la caída, Dios no interrumpe su revelación, y les promete la salvación para toda su descendencia. Después del diluvio, establece con Noé una alianza que abraza a todos los seres vivientes.

(Compendio del Catecismo de la Iglesia Católica, n.7)

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101 - CHE COSA DIO RIVELA ALL'UOMO?

Dio, nella sua bontà e sapienza, si rivela all'uomo. Con eventi e parole rivela Se stesso e il suo disegno di benevolenza, che ha prestabilito dall'eternità in Cristo a favore dell'umanità. Tale disegno consiste nel far partecipare, per la grazia dello Spirito Santo, tutti gli uomini alla vita divina, quali suoi figli adottivi nel suo unico Figlio.

(Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n.6)

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What does God reveal to man?

God in his goodness and wisdom reveals himself. With deeds and words, he reveals himself and his plan of loving goodness which he decreed from all eternity in Christ. According to this plan, all people by the grace of the Holy Spirit are to share in the divine life as adopted “sons” in the only begotten Son of God.

(Compendium of the Catechism of the Catholic Church, nr.6)

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¿Qué revela Dios al hombre?

Dios, en su bondad y sabiduría, se revela al hombre. Por medio de acontecimientos y palabras, se revela a sí mismo y el designio de benevolencia que él mismo ha preestablecido desde la eternidad en Cristo en favor de los hombres. Este designio consiste en hacer partícipes de la vida divina a todos los hombres, mediante la gracia del Espíritu Santo, para hacer de ellos hijos adoptivos en su Hijo Unigénito.

(Compendio del Catecismo de la Iglesia Católica, n.6)

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domenica 13 settembre 2009

100 - IO TI AMO


venerdì 11 settembre 2009

99 - 3° DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI - 13 SETTEMBRE

“L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito”: è la certezza che accompagna e illumina tutta la liturgia di questa domenica nel rito ambrosiano. Se lo Spirito di Dio abita in noi possiamo camminare, con sincerità e verità, verso l’incontro con il Signore: “Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio”.

Lo Spirito che abbiamo ricevuto nel battesimo è in noi principio della vita stessa di Dio, plasma tutta la nostra esistenza e sostiene la nostra testimonianza cristiana. Per questo preghiamo: “ manda il tuo Spirito, Signore, e rinnova la faccia della terra”.

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Prima lettura: Is. 32,15-20; Sal 50; Epistola: Rm. 5,5b-11; Vangelo: Gv. 3,1-13.

98 - 12 SETTEMBRE SANTISSIMO NOME DI MARIA

“E il nome della Vergine era Maria” (Lc. 1,26). Diciamo dunque qualcosa su questo nome, che significa “stella del mare” e si adatta perfettamente alla Vergine Madre. Molto felicemente, infatti, è paragonata a una stella: come una stella emette il proprio raggio, senza alterarsi, così rimanendo intatta la Vergine partorisce il Figlio. Il raggio non diminuisce il chiarore della stella, così il figlio non diminuisce l’integrità della Vergine.

È proprio Maria la nobile stella il cui raggio illumina tutto l’universo, la cui lucentezza è la più viva nei cieli.

Tu che sei convinto di essere sballottato tra le tempeste e gli uragani nel pelago di questa vita, più che di camminare sulla terra, non distogliere gli occhi dal chiarore di questa stella, se non vuoi essere travolto dalle tempeste.

Se insorgono i venti delle tentazioni, se urti negli scogli delle tribolazioni: guarda la stella, invoca Maria.

Se vieni agitato dalle onde della superbia, dell’ambizione, della mormorazione, della gelosia: guarda la stella, invoca Maria.

Se l’ira, l’avarizia, i desideri della carne scuotono la navicella della tua anima: guarda la stella, invoca Maria.

Se sei turbato dalla gravità dei peccati, confuso per le brutture della coscienza, atterrito per il rigore del giudizio, stai per essere risucchiato nel baratro della tristezza e nell’abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nelle angustie, nel dubbio: pensa a Maria.

Se vai dietro di lei, non devierai; se la preghi, non dispererai; se pensi a lei, non potrai sbagliare. Se lei ti guida, non cadi, se ti protegge, non puoi avere paura; sotto la sua guida non sentirai la fatica, con il suo aiuto arriverai alla meta.

Ma ora dobbiamo fermarci un poco, perché la contemplazione di un così grande splendore non sia troppo sfuggevole. Per usare le parole del Vangelo: “E’ bello per noi stare qui” (Mt17,4): è piacevole contemplare in silenzio quello che il laborioso discorso non riesce a spiegare.

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dai Discorsi di san Bernardo abate

mercoledì 9 settembre 2009

97 - MAGNIFICHE SONO LE TUE OPERE

Ascoltatemi, figli santi, e crescete

come una pianta di rose su un torrente.

Come incenso spandete un buon profumo,

fate fiorire fiori come il giglio,

spargete profumo e intonate un canto di lode;

benedite il Signore per tutte le opere sue.

Magnificate il suo nome;

proclamate le sue lodi

con i vostri canti e le vostre cetre;

così direte nella vostra lode:

“Quanto sono magnifiche tutte le opere del Signore!

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Siracide 39,13-16


96 - SONO STATO MIGRANTE

Nessuna comunità cristiana si potrà considerare tale, se non accoglie con sollecitudine e simpatia i fratelli migranti. Alla base di questo atteggiamento vi è la contemplazione del Signore, grazie alla fede che ci permette di scoprirlo tra di loro.

Non si possono negare la difficoltà, a livello pastorale, di riuscire ad ottenere che nelle comunità cristiane i migranti siano accolti, amati e aiutati. Per migliaia di cristiani, cattolici e non cattolici, le sofferenze, le difficoltà, le angosce, i sogni, i desideri e le speranze dei migranti rimangono lontani, senza turbare la loro coscienza.

D’altra parte viviamo un momento storico particolare per tutto quanto di vive a livello globale.

Tra le vittime della povertà, risultato di una struttura sociale ingiusta ed escludente, si trovano uomini e donne che sono costretti ad abbandonare la loro patria, dato che non trovano in essa un lavoro degno, che permetta di guadagnare il pane di ogni giorno.

Questi uomini e queste donne sono destinatari privilegiati della “scelta preferenziale”, non escludente, per i poveri.

Sono coloro che giacciono abbandonati lungo il cammino della vita, feriti dalla mancanza di opportunità, vittime dalla violenza di un sistema che privilegia l’avere rispetto all’essere, e che ha fatto del lucro e del guadagno delle verità assolute.

A partire dalla prassi autentica che professiamo, contempliamo i migranti nelle loro sofferenze, e dovremmo sentirci in obbligo di farli salire sulla destriero della nostra solidarietà, per curarli e restituire senso alla loro vita.

La fede ci aiuta a inquadrare il fenomeno delle migrazioni come un’opportunità unica per mettere in pratica la compassione e l’amore del Buon Samaritano. Dobbiamo superare visioni e usanze meramente assistenzialiste, pur necessarie, per cercare insieme, come Chiesa, popolo di Dio, Corpo del Signore, le modalità e le strategie per arrivare a politiche migratorie che rispettino la dignità e proteggano la vita dei migranti, nel nostro paese e nel paese di destinazione.

L’attuale crisi economica mondiale ha colpito la maggior parte delle nazioni, e non può essere utilizzata come pretesto per impedire una riforma migratoria giusta, umana e integrale.

Se vogliamo essere credenti che vivono quello in cui credono, non possiamo sentirci estranei alla situazione attuale dei migranti, che ogni giorno devono mettere a repentaglio le loro vite, a causa dei pericoli che affrontano nel viaggio, delle violazioni dei diritti umani, a sequestri, assalti di trafficanti, tratta delle persone, e potenti cartelli della droga.

Queste situazioni sono totalmente in contrasto con il piano di Dio. Sono il risultato del peccato e devono essere completamente rimosse con il potere della grazia di Dio e con la collaborazione degli autentici cristiani.

Una volta ancora ricordiamo a tutti color che professano la fede in Cristo che “nella Chiesa non devono esistere frontiere” .

Mons. Alvaro Ramazzini, Vescovo di San Marcos, Conferenza Episcopale del Guatemala, settembre 2009

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sabato 5 settembre 2009

95 - 2° DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

"Il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me”: la liturgia di questa domenica nel rito ambrosiano, richiamando la profonda unità della rivelazione e la fedeltà di Dio, è un invito a superare ogni resistenza per riconoscere in Gesù la Parola del Padre. Solo nel Signore Gesù possiamo trovare salvezza, perché in Lui siamo figli dello stesso Padre e abbiamo in noi l’amore di Dio. Questo amore ci permette di aprirci all’accoglienza della parola di Dio ed è immagine di quella somma comunione d’amore, che è la vita stessa di Dio: un amore che, in Gesù, conduce la nostra esistenza nel tempo e ci permette di comprendere la nostra identità.

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Prima lettura: Is. 63,7-17; Sal 79; Epistola: Eb. 3,1-6; Vangelo: Gv. 5,37-47.

venerdì 4 settembre 2009

94 - BEATA MADRE TERESA DI CALCUTTA

Il 5 settembre 1997 la vita terrena di Madre Teresa giunse al termine. Le fu dato l’onore dei funerali di Stato da parte del Governo indiano e il suo corpo fu seppellito nella Casa Madre delle Missionarie della Carità. La sua tomba divenne ben presto luogo di pellegrinaggi e di preghiera per gente di ogni credo, poveri e ricchi, senza distinzione alcuna. Madre Teresa ci lascia un testamento di fede incrollabile, speranza invincibile e straordinaria carità. La sua risposta alla richiesta di Gesù: “Vieni, sii la mia luce”, la rese Missionaria della Carità, “Madre per i poveri”, simbolo di compassione per il mondo e testimone vivente dell’amore assetato di Dio.

Meno di due anni dopo la sua morte, a causa della diffusa fama di santità e delle grazie ottenute per sua intercessione, il Papa Giovanni Paolo II permise l’apertura della Causa di Canonizzazione. Il 20 dicembre 2002 approvò i decreti sulle sue virtù eroiche e sui miracoli.

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“Lasciare che l’amore di Dio prenda pieno e assoluto possesso di un cuore; così l’amore diventa per questo cuore come una seconda natura; che il cuore non lasci entrare dentro di sé nulla che gli sia contrario; che si applichi continuamente ad accrescere questo amore di Dio, cercando di essergli gradito in tutto e non rifiutandogli nulla; che accolga tutto ciò che gli succede come se venisse dalla mano di Dio”.

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Signore, fammi strumento delle tue mani

Signore,
vuoi le mie mani per passare questa giornata
aiutando i poveri e i malati che ne hanno bisogno?
Signore, oggi ti do le mie mani.

Signore,
vuoi i miei piedi per passare questa giornata
visitando coloro che hanno bisogno di un amico?
Signore, oggi ti do i miei piedi.

Signore,
vuoi la mia voce per passare questa giornata
parlando con quelli che hanno bisogno di parole d'amore?
Signore, oggi ti do la mia voce.

Signore,
vuoi il mio cuore per passare questa giornata
amando ogni uomo solo perché è un uomo?
Signore, oggi ti do il mio cuore.

giovedì 3 settembre 2009

93 - COME SI PUO' PARLARE DI DIO?

Si può parlare di Dio, a tutti e con tutti, partendo dalle perfezioni dell'uomo e delle altre creature, le quali sono un riflesso, sia pure limitato, dell'infinita perfezione di Dio. Occorre, tuttavia, purificare continuamente il nostro linguaggio da quanto contiene di immaginoso e imperfetto, ben sapendo che non si potrà mai esprimere pienamente l'infinito mistero di Dio.
(Compendio del catechismo della Chiesa cattolica, nr. 5)
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How can we speak about God?
By taking as our starting point the perfections of man and of the other creatures which are a reflection, albeit a limited one, of the infinite perfection of God, we are able to speak about God with all people. We must, however, continually purify our language insofar as it is image-bound and imperfect, realizing that we can never fully express the infinite mystery of God.
(Compendium of the Catechism of the Catholic Church, nr. 5)
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¿Cómo se puede hablar de Dios?
Se puede hablar de Dios a todos y con todos, partiendo de las perfecciones del hombre y las demás criaturas, las cuales son un reflejo, si bien limitado, de la infinita perfección de Dios. Sin embargo, es necesario purificar continuamente nuestro lenguaje de todo lo que tiene de fantasioso e imperfecto, sabiendo bien que nunca podrá expresar plenamente el infinito misterio de Dios.
(Catecismo de la Iglesia católica compendio, nr. 5)
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92 - BENEDITE MARI IL SIGNORE

Benedite, sorgenti, il Signore.
Benedite, mari e fiumi, il Signore. (Dn 3,77)

91 - IL SENSO DELLA VITA

Soprattutto i giovani chiedono del senso della vita. Per lei in che cosa consiste?
Spesso sento i giovani dire: Vorrei essere felice, essere amato e conoscere lo scopo della mia esistenza. Ma io aggiungo: per questa felicità vale la pena di lavorare, trovare il giusto rapporto con se stessi. Devo fare attenzione mantenermi in salute per poter concludere qualcosa, anche per comprendere i miei limiti e non esagerare. Sport e preghiera sono parte della cura di sé. Fermarsi di tanto in tanto per ringraziare Dio. Anche nei momenti bui non dobbiamo perdere di vista la felicità che abbiamo avuto. Chi rende grazie riesce a vedere la propria felicità, sente di essere molto più forte. Alcuni sono ricchi e non se ne accorgono, per questo sono infelici.
Accanto alla gratitudine, l’amicizia è una fonte del senso della vita, amicizia verso persone alle quali posso chiedere sempre, con cui posso parlare non solo dei successi ma anche delle preoccupazioni. Gli amici si rivelano tali quando, diventato debole, posso confidarmi con loro. Del senso della vita fanno parte le persone che possono contare su di me e i compiti da svolgere. Io stesso che cosa sarei senza la Chiesa, senza il dialogo con i molti che cercano consiglio, senza la sfida dei giovani? Ho riflettuto poco sul senso della vita, perché ho potuto essere a disposizione di così tante persone. Dico con consapevolezza “ho potuto”. Il senso è come l’acqua in cui nuoto.
Il senso evolve. Se ti fai forte per coloro che hanno bisogno di particolare protezione e ti cercano, se diventi per loro avvocato, pastore e amico, il senso si consolida nella tua e nella loro vita. Per quanto riguarda il senso della vita, per i giovani è fondamentale trovare la giusta vocazione e il relativo lavoro, naturalmente anche la donna o l’uomo giusto, magari persino il coraggio di entrare in un ordine religioso e di non sposarsi per dedicarsi a una missione. Il rapporto con Gesù che può crescere in ogni cosa, è per me la più profonda fonte si senso, di gioia di vivere.

(Carlo Maria Martini, Conversazioni notturne a Gerusalemme, pag.34-35)
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