Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

domenica 29 aprile 2012

682 - ICONA DELL'INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE


L'opera dell'artista gesuita Marko Rupnik diventa l'icona ufficiale degli Incontri mondiali delle famiglie.
Un arco ellittico inquadra la composizione e ne accentua la dinamica dall’alto verso il basso. Sporge dall’alto la mano aperta di Dio Padre, da cui proviene ogni dono e ogni bene. Dal suo nimbo di gloria piovono fasci di luce sulle persone della Santa Famiglia e discende su Maria il fuoco dello Spirito Santo. In asse con la mano del Padre e la fiamma dello Spirito, si erge in piedi, in grembo a Maria seduta, e cammina sulle mani di lei verso di noi Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, fissando lo sguardo intenso su di noi, mentre con la mano sinistra scosta il manto protettivo della Madre e con la destra mostra il rotolo del Vangelo, che viene ad annunciare. Anche Maria ci fissa con i suoi grandi occhi, mentre con le mani aperte ci dona Gesù. Accanto a lei San Giuseppe, suo sposo, in piedi rivolge lo sguardo a Dio Padre, per poterlo degnamente rappresentare sulla terra, interpretando fedelmente la sua volontà. Ogni paternità sulla terra ha la sua origine nella paternità in cielo e a quella è chiamata a conformarsi. La mano destra, portata al cuore, indica l’amore e la responsabilità, con cui Giuseppe si prende cura di Gesù e di Maria. La mano sinistra regge un bastone con un verde germoglio, simbolo della stirpe regale di Davide, alla quale appartiene il Messia, e segno della fedeltà di Dio alle sue promesse.
Nella Santa Famiglia di Nazaret il cielo incontra la terra e la Trinità divina trova la più perfetta immagine umana. La Chiesa si sente interpellata a diventare sempre più famiglia, per manifestare mediante l’amore reciproco la presenza di Cristo al mondo. Le famiglie sono chiamate ad essere unite e aperte, a preparare i figli per il loro futuro e la loro missione, senza trattenerli con amore possessivo. Tutte le relazioni e attività terrene sono sollecitate a seguire la logica dell’amore, per trovare nuova armonia e bellezza, riflesso e rivelazione della Trinità. Nell’icona le pietre, gli smalti, i colori e la luce concorrono a dare alla materia uno splendore pieno di energia, evocando un mondo trasfigurato, vivificato dallo Spirito.
Sullo sfondo le pietre, più sottili e chiare in alto, più grosse e scure in basso, si dispongono secondo striature dinamiche e suggeriscono un moto discendente e un tessuto materico progressivamente più pesante. Nelle vesti delle figure le pietre sono allineate in modo regolare e armonioso, ma tendono sempre ad avere maggiore consistenza verso il basso. Maria sopra la tunica blu, colore dell’umanità, indossa un manto porpora, orlato di rosso, colore che l’antichità cristiana ha sempre attribuito a Dio. Si vuole così indicare che Maria con la divina maternità è stata unita a Dio in modo singolarissimo. Al contrario, Gesù veste una tunica rossa, simbolo della divinità che da sempre gli appartiene, e sopra di essa un manto blu, per indicare l’umanità che ha assunto nel grembo di Maria. San Giuseppe porta vesti a colori più tenui, per sottolineare il suo riserbo e la sua laboriosità, un manto verde, colore del mondo creato e una tunica ocra, colore della missione paterna, con bordature del rispettivo colore intensificato.
Nei volti e nelle mani le pietre si saldano a formare una superficie compatta, liscia e luminosa, che allude al corpo trasfigurato e spiritualizzato. Infine l’arco ogivale tronco, mentre incornicia l’icona e sottolinea la direttrice verticale, colloca la Santa Famiglia al centro della storia della salvezza, indicata con il suo inizio nel paradiso terrestre, una fioritura di colori vivaci, rossi, verdi, gialli, nel pennacchio di sinistra, e con il suo compimento nella Gerusalemme celeste, intessuta di ori e marmi policromi nel pennacchio di destra. Così viene richiamata anche l’importanza del matrimonio e della famiglia nel disegno di Dio, creatore e salvatore, e nello sviluppo storico del genere umano.

sabato 28 aprile 2012

681 - IV DOMENICA DI PASQUA

I presenti versetti del Vangelo (Gv.10,27-30) fanno parte del più ampio racconto riguardante l’ultimo soggiorno del Signore in Gerusalemme prima della sua Passione e sono ambientati nel Tempio in occasione della festa della Dedicazione (Giovanni 10,22-39). Più in particolare essi sono inseriti nel dialogo polemico con i Giudei, suoi irriducibili avversari, i quali con l’intento malvagio di avere di che accusarlo gli domandano: «Se sei tu il Cristo, dillo a noi apertamente», una domanda che riguarda la sua messianicità e soprattutto la sua figliolanza divina.
Nella sua risposta Gesù afferma che il motivo della loro incredulità risiede nel fatto che essi non sono «sue pecore» (v. 26), riprendendo in tal modo il discorso sul Buon Pastore (Giovanni 10,11-16). Il v. 27 infatti descrive l’ascolto della voce di Gesù, caratteristica essenziale di quanti possono dirsi pecore che appartengono a lui. Un ascolto che le fa entrare in un rapporto intimo con lui al punto da seguirlo, ponendosi cioè nel suo cammino di adesione al volere di Dio.
Il v. 28 dice che cosa Gesù intende offrire ai suoi discepoli: fin da ora la vita eterna, vale a dire la partecipazione alla vita divina e la garanzia valida fino alla fine dei tempi che «nessuno le strapperà dalla mia mano», assicurando con ciò la salvezza eterna. Una simile sicurezza è garantita dal fatto che le sue pecore, ossia i suoi discepoli, sono simultaneamente le pecore «del Padre mio», di Dio, dalle cui mani, ovvero dalla sua potenza protettrice, nessuno può pensare di sottrarle.
La conclusione al v. 30 è una dichiarazione relativa all’unione profonda che esiste tra Gesù e il Padre e che riguarda l’unità del Padre e del Figlio nell’unica essenza divina.
Nella sua Pasqua di morte e di risurrezione, Gesù ha realizzato pienamente e definitivamente ciò che è contenuto ed espresso nell’immagine biblica del Buon Pastore. Il testo evangelico, a tale riguardo, illumina i credenti sul significato e su ciò che comporta la loro appartenenza al gregge del Crocifisso e Risorto. In primo luogo essi devono avvertire la loro appartenenza esclusiva al Signore, di cui ascoltano la voce, seguendolo, ossia vivendo di lui, per lui e come lui. Non a caso perciò il Signore designa i credenti come «mie pecore», esprimendo in tal modo la qualità del rapporto che lo lega a essi e l’assoluta necessità che questi hanno di lui. Quanti sono diventati credenti sono “del” Signore perché egli li ha sottratti al potere delle tenebre eterne a prezzo della sua stessa vita. Sono “suoi” perché a essi il Signore comunica la vita eterna, ovvero li rende partecipi della sua comunione di vita e di amore con il Padre. Essendo “suoi”, il Signore li custodisce nella sua “mano” così come fa il Padre, difendendoli da ogni potere avverso e soprattutto impedendo che vengano di nuovo ricondotti sotto il potere del male, del peccato e, dunque, della morte. La preghiera liturgica ha sapientemente così sintetizzato l’annunzio evangelico della salvezza che è in Cristo Signore, il quale «mosso a compassione per l’umanità che si era smarrita, si degnò di nascere dalla vergine Maria; morendo ci liberò dalla morte e risorgendo ci comunicò la vita immortale» (Prefazio). Le Scritture, oggi proclamate, dicono che l’opera “pastorale” del Signore continua nella Chiesa e nel mondo per mezzo degli apostoli e dei loro successori che, in realtà, sono vicari dell’unico Pastore, Cristo Signore.
L’Apostolo Paolo è presentato nella Lettura come modello dei pastori, totalmente consacrato al ministero della Parola a cui attende, senza risparmio di tempo e di energie (Atti degli Apostoli 20,11) e colto nell’atto di “spezzare il pane”, gesto che rende presente ciò che il Signore ha compiuto dando la sua vita sulla Croce e risorgendo dai morti. È da tale evento che viene per i credenti, già da questa vita terrena, il dono della vita eterna e la certezza della salvezza finale.
Si comprende perciò come Paolo raccomandi al suo discepolo Timoteo di dedicarsi, con tutte le sue forze, e fidando soprattutto sul dono dello Spirito invocato su di lui con il gesto dell’imposizione delle mani (Epistola: 1 Timoteo 4,14), al personale assiduo contatto con la Parola di Dio per essere in grado di trasmetterla fedelmente e di esortare autorevolmente i fedeli a vivere in conformità ad essa!
La consapevolezza di essere saldamente tenuta nella mano di Dio Padre e del suo Figlio, mentre rassicura la comunità dei credenti in cammino tra le avversità e le prove di questo mondo, la spinge ad ascoltare con docile obbedienza la voce del suo Signore e a seguirlo sulla via che porta alla vita eterna, la Vita stessa di Dio da lui donata nell’ora della sua morte e della sua risurrezione.
A. Fusi

mercoledì 25 aprile 2012

680 - PADRE DANILO PRESENTA LA SPIRITUALITA' DI PADRE PIAMARTA

Per conoscere la spiritualità del beato Piamarta, lunedì 23 aprile padre Danilo ne ha presentato la figura in diretta su Radio Mater, in relazione ai temi che saranno oggetto del VII Incontro Mondiale delle Famiglie: lavoro, famiglia, festa.
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Al sito di Radio Mater è possibile ascoltare la registrazione: 
http://www.radiomater.org/it/Archivio-Audio/Trasmissioni/Spiritualita-del-beato-Piamarta-lavoro-famiglia-e-festa-trasmissione-condatta-da-padre-Danilo-Scalvini.-Trasmissione-del-23/04/2012.html

Cliccare su "Ascolta la trasmissione in audio".

venerdì 20 aprile 2012

679 - III DOMENICA DI PASQUA

Il brano di Giovanni 14,1-11a  fa parte del cosiddetto “discorso di addio” (Giovanni 13,33-14,31) rivolto da Gesù ai suoi discepoli nel contesto dell’ultima cena per prepararli all’evento della sua morte e per affidare ad essi le consegne decisive. Dopo aver esortato i suoi a non turbarsi di fronte a ciò che sta per succedere e a credere (v. 1), Gesù introduce il tema del suo ritorno al Padre (vv. 2-3) e della “via” che conduce a lui (v. 4). I vv. 5-6 riportano il dialogo con Tommaso a proposito della “via” mentre i vv. 7-9 conducono all’effermazione: «Chi ha visto me ha visto il Padre», che giustifica l’appello finale a credere in lui (v. 11).
La partecipazione alla celebrazione eucaristica, attuazione della Pasqua, è l’ambiente più idoneo per crescere nell’esperienza del Risorto e riconoscere in lui la “via” che conduce a ciò che, in verità, ogni uomo desidera dal più profondo: “dimorare” presso Dio, il Padre! Tale esperienza è propiziata e fondata sull’ascolto ecclesiale delle Divine Scritture e in primo luogo del Vangelo, nel quale ci parla il Risorto e al quale poniamo tutta la nostra attenzione piena di fede. Egli spalanca l’orizzonte dei suoi indicando «nella casa del Padre mio» la sua destinazione che sarà anche la loro (vv.2-3).
Il Signore inoltre spiega come si può giungere fino al Padre introducendo l’immagine della “via”, ben nota nelle Scritture per indicare l’orientamento scelto o da scegliere per la propria esistenza (vv.4-6). All’iniziale non comprensione dei discepoli, evidenziata con la domanda di Tommaso (v.5), Gesù viene incontro con la solenne dichiarazione sulla sua identità: lui che è la “verità”, ossia la rivelazione piena e definitiva di Dio, e la “vita”, è l’unica “via” data agli uomini per accedere a Dio (v. 6).
Ad essa fa seguito un’altra decisiva parola di autorivelazione: «Chi vede me, vede il Padre», come a dire: si giunge a Dio per la “via” che è Gesù e si arriva all’esperienza e alla relazione filiale con Dio, espressa dai verbi conoscere e vedere, conoscendo e vedendo Gesù, ossia entrando in intimo rapporto di fede con lui che è il Figlio! (vv. 7-9).
Con questo viene superata, nella domanda di Filippo «Mostraci il Padre» (v. 9), la domanda e l’anelito del cuore umano a conoscere e a vedere Dio. Egli si fa conoscere e si fa vedere nel suo Figlio, Gesù di Nazaret, il Crocifisso! Il Risorto! In lui infatti abita Dio, il Padre, e lui, il Figlio, abita in Dio, il Padre (vv. 10-11): lui e il Padre sono una cosa sola! Di conseguenza ciò che il Signore dice sono le parole che il Padre, dimorando in lui, dice.
Le solenni parole di autorivelazione del v.6 e del v.9, al centro dell’odierno brano evangelico, trovano la loro evidente attuazione nella Pasqua di morte e di risurrezione. Il Crocifisso Risorto, pertanto, è la “via” unica data agli uomini per giungere a Dio, ossia alla salvezza e, più ancora, alla conoscenza di Dio, ovvero alla relazione intima e filiale con lui.
Il Signore Gesù, inoltre, nella sua Pasqua, offre al mondo intero di vedere Dio, di vedere cioè il Padre che è il vero, profondo, insopprimibile desiderio del cuore dell’uomo!
Il Signore Gesù Crocifisso e Risorto, pertanto, è «il mistero nascosto da secoli e da generazioni» la cui gloriosa ricchezza Dio ha deciso di far conoscere in mezzo alle genti (Epistola: Colossesi 1,26-27) con l’annunzio degli Apostoli, testimoni della sua Pasqua, esteso nei secoli dalla Chiesa, la comunità dei credenti.
Credere in lui, pertanto, significa come spiega Paolo al carceriere di Filippi «essere salvo» (cfr. Lettura: Atti 16,31) e dunque non soltanto liberato dall’oppressione del male, ma già stabilito nella casa del Padre per sperimentare la partecipazione alla perenne comunione di vita con lui e con il Figlio.
Di tutto ciò si fa interprete l’orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica nella quale, dopo aver chiesto a Dio di ravvivare sempre di più nella Chiesa «i desideri che tu le hai suscitato nel cuore», così si prega: «Rendi più certa la nostra speranza; così i tuoi figli potranno aspettare con fiduciosa pazienza il destino di gloria ancora nascosto ma già contemplato senza ombra di dubbio dagli occhi della fede» e già posseduto nella partecipazione al Corpo e al Sangue del Signore, «sorgente e certezza della gioia senza fine» (Dopo la Comunione).
A. Fusi 

giovedì 19 aprile 2012

678 - INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE


Partendo dalla simbologia universale dell’albero, il filmato racconta l’importanza dell’accoglienza e dell’armonia come valori fondanti di ogni famiglia e, per estensione, della famiglia globale per eccellenza, la Chiesa. Uomini, donne, bambini di ogni età e provenienza si stringono in un girotondo che rappresenta un mondo multietnico, accogliente e armonioso. Tutti insieme felici in attesa di Papa Benedetto XVI. Una voce fuori campo esplicita ciò che vediamo nelle immagini: “C’è un tempo per ogni cosa, sotto il cielo. Un tempo per seminare e un tempo per raccogliere, e un tempo per incontrarsi e condividere i frutti del lavoro. Questo tempo è la festa e la festa è quest’anno”.
La festa ha un luogo e un appuntamento ben preciso.La voce fuori campo continua dicendo: “A maggio Milano si apre ad accogliere la più grande festa dell’umanità, la festa di tutte le famiglie. Anche la tua”.
A chiudere viene indicato il tema dell’Incontro. “La famiglia: il lavoro e la festa. Papa Benedetto XVI incontra le famiglie di tutto il mondo a Milano dal 30 maggio al 3 giugno”.
 

martedì 17 aprile 2012

677 - PERCHÉ CHIUNQUE CREDE IN LUI ABBIA LA VITA ETERNA

Mio Signore e mio Dio,
mi hai guidata su un cammino lungo, sassoso, oscuro e faticoso.
Sovente sembrava che le mie forze volessero abbandonarmi,
non speravo quasi più di vedere un giorno la luce.
Il mio cuore stava pietrificandosi in una sofferenza profonda
quando il chiarore di una dolce stella sorse ai miei occhi.
Fedele, mi guidò ed io la seguii
con passo prima timido, poi più sicuro.
Giunsi alfine alla porta della Chiesa.
Si aprì. Chiesi di entrare.
La tua benedizione mi accoglie attraverso le parole del tuo sacerdote.
Dentro, le stelle si susseguono,
stelle di fiori rossi che mi indicano il cammino fino a te...
E la tua bontà permette che esse rischiarino il cammino verso di te.
Il mistero che dovevo tenere nascosto nell'intimo del mio cuore,
posso ormai annunciarlo ad alta voce:
Credo, confesso la mia fede!
Il sacerdote mi conduce ai gradini dell'altare,
chino la fronte,
l'acqua santa scorre sul mio capo.

Signore, come si può rinascere
Quando si è giunti alla metà della propria vita (Gv 3,4)?
Tu l' hai detto, e questo è divenuto per me realtà.
Il peso della colpe e delle pene della mia lunga vita mi ha abbandonato.
In piedi, ho ricevuto il vestito bianco posto sulle mie spalle,
simbolo luminoso di purezza!
Ho portato in mano il cero la cui fiamma annuncia
che la tua vita santa arde in me.
Il mio cuore è ormai il presepio che attende la tua presenza.
Per poco tempo!
Maria, tua madre che è anche mia, mi ha dato il suo nome.
A mezzanotte depone nel mio cuore il suo bambino appena nato.
Oh! Nessun cuore umano può concepire
ciò che prepari per coloro che ti amano (1 Cor 2,9).
Ormai sei mio e non ti lascerò mai più.
Dovunque vada la strada della mia vita, sei accanto a me.
Nulla potrà mai separarmi dal tuo amore (Rm 8,39).
Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein]

venerdì 13 aprile 2012

676 - LA DOMENICA “IN ALBIS DEPOSITIS”

Il testo evangelico di Giovanni 20,19-31 che ogni anno viene proclamato nella seconda domenica di Pasqua è di decisiva importanza per la comprensione dell’esistenza stessa della Chiesa e della sua missione. È chiaramente diviso in due parti riguardanti rispettivamente l’apparizione del Signore Risorto la sera di Pasqua (vv. 19-23) e il successivo incontro del Signore «otto giorni dopo» con la presenza dell’apostolo Tommaso (vv. 24-29). I vv. 30-31, infine, riportano alcune considerazioni conclusive dell’Evangelista.
Il brano si apre al v. 19 con l’importante precisazione riguardante il raduno dei discepoli in un unico luogo a indicare che, ciò che viene narrato, riguarda la comunità ecclesiale di allora, come di oggi e di sempre. Al centro dell’attenzione c’è il Signore Gesù che si presenta ai suoi riuniti a porte chiuse «per timore dei Giudei». Viene così evidenziato che non vi sono ostacoli e barriere che possano impedire al Signore di «stare in mezzo» alla sua Chiesa e di offrire il dono pasquale della pace dovuta proprio alla sua presenza. Con il Signore Risorto, perciò, non c’è più timore ma pace.
Il Signore quindi si fa riconoscere ai suoi (v. 20) mostrando loro le mani e il fianco, con i segni della trafittura dei chiodi e della lancia del soldato romano, facendo sgorgare la gioia nei loro cuori riconoscendo in lui il Maestro che videro pendere dalla Croce.
La prima parte si chiude con la consegna ai discepoli della specifica missione che dovranno compiere e che la Chiesa dovrà continuare lungo i tempi. Egli che è l’inviato dal Padre, a sua volta manda i suoi discepoli e, in essi, quanti lungo i secoli formeranno la sua Chiesa, a compiere la sua stessa missione la cui efficacia è garantita dal dono dello Spirito indicato nel gesto molto espressivo del soffio (v. 22). La missione consiste essenzialmente nell’estendere a ogni uomo il frutto della Pasqua vale a dire la remissione e il perdono dei peccati e con la potenza dello Spirito il dono di una vita nuova. In tal modo la Chiesa può portare nel mondo la vita, quella che nel Signore Gesù ha trionfato sul peccato e dunque sulla morte nella cui oscurità giace il mondo e, in esso, l’intera umanità.
La seconda parte del racconto, strettamente legata alla prima, prende avvio dal deciso rifiuto di Tommaso di accogliere la testimonianza dei discepoli: «Abbiamo visto il Signore!» (v. 25).
Tommaso che «non era con loro quando venne Gesù» (v. 24) rappresenta tutti coloro che, nei secoli, dovranno fidarsi e affidarsi con fede alla testimonianza che la comunità dei credenti offre su Gesù, il Vivente, senza esigere perciò di “vedere” e di “mettere” personalmente la mano nelle sue ferite. Tommaso supererà questa pretesa “otto giorni dopo” allorché il Signore tornerà tra i suoi augurando e recando il dono della pace e gli chiederà di mettere il suo dito e la sua mano nelle sue ferite esortandolo a «non essere più incredulo, ma credente!» (v. 27). Esortazione che va compresa, in realtà, rivolta a ogni uomo.
La reazione di Tommaso è quella di chi oramai è diventato credente: non lo sfiora più il pensiero di vedere e di toccare le ferite del Signore ma si rivolge a lui con una proclamazione di fede assoluta: «Mio Signore e mio Dio!». Con ciò riconosce che il suo Maestro, morto sulla Croce, il Risorto, è Dio!
Le parole conclusive del Signore (v. 29) sono anch’esse rivolte, tramite Tommaso, ai futuri credenti e, dunque, anche a noi che oggi le ascoltiamo nella proclamazione liturgica dell’evangelo. Fin da ora siamo da Gesù stesso proclamati beati perché crediamo in lui senza poterlo vedere e toccare. “Vedere” e “toccare” il Risorto è l’esperienza propria dei Dodici. D’ora in poi la fede dei credenti dovrà poggiarsi sulla loro testimonianza!
Nella celebrazione eucaristica, scandita dal solenne ritmo domenicale istituito dalle apparizioni del Risorto, è possibile per noi vivere, nel mistero, l’esperienza degli Apostoli, crescere nella fede e nell’amore con Lui e accogliere con il soffio dello Spirito il mandato che ci abilita alla missione evangelica nel mondo.
La Lettura mostra come questa missione è stata da subito attuata dagli stessi Apostoli, i quali annunziano con estrema chiarezza che «in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (Atti degli Apostoli 4,12). L’esperienza che essi hanno fatto del Risorto, la missione ricevuta nel soffio del Signore, nella potenza cioè dello Spirito Santo, è insopprimibile nei loro cuori e li spinge ad annunziare a tutti, anche a costo della vita, la reale unica possibilità di salvezza che è in Cristo Signore: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (Atti 4,20).
Anche noi, di domenica in domenica, impariamo a «camminare nella nuova realtà dello Spirito» nella quale siamo stati stabiliti dai sacramenti pasquali. In tal modo «ci è dato di superare il rischio orrendo della morte eterna, ed è serbata ai credenti la lieta speranza della vita senza fine» (Prefazio) che ci è data dalla partecipazione al Corpo e al Sangue del Signore nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Epistola: Colossesi 2,9).
A.Fusi

675 - IN PREPARAZIONE AL MATRIMONIO

La parrocchia di San Gerolamo Emiliani organizza un corso in preparazione al matrimonio.
Il corso acquista un significato ancora maggiore in questo periodo in cui ci prepariamo all’incontro mondiale delle famiglie del prossimo 30 maggio – 3 giugno.
Il corso inizia lunedì 16 aprile ore 21 presso la sala parrocchiale con inizio alle ore 21 e si concluderà domenica 10 giugno  durante S. Messa delle ore 11 con la consegna degli attestati di frequenza al corso.
Per iscriversi al corso sono necessari i seguenti documenti:
Modulo d'iscrizione compilato in tutte le sue parti e firmato;
Fotocopia del documento d'identità
Certificato di Battesimo e Cresima (anche solo fotocopia).
Il parroco, padre Luigi Bazzani

sabato 7 aprile 2012

674 - BUONA PASQUA!

Padova - Basilica di Sant'Antonio
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Signore, oggi con la tua risurrezione
ci interpelli e ci chiami ad essere persone contente e riconciliate,
capaci di vivere in pienezza e di morire con sensatezza,
capaci di dare la nostra testimonianza davanti a tutti gli uomini,
capaci di dire all’umanità:
“Non temere donna, perché piangi? Ora sai dove conduce il cammino,
ora sai che il Signore è con te”.
Donaci di seminare intorno a noi questa speranza della risurrezione
e di dilatare ovunque la vita secondo la tua parola.
Fa’ che l’annuncio della tua risurrezione nella nostra vita tocchi la vita di tanti altri.
E attraverso quello squarcio di serenità che tu apri oggi
nelle nostre preoccupazioni quotidiane, penetri intorno a noi la certezza
della tua vita e della tua speranza. Amen.
Cardinale Carlo Maria Martini

673 - GESÙ È DEPOSTO DALLA CROCE E CONSEGNATO ALLA MADRE

Duomo di Milano - portale centrale
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La trafittura del costato di Gesù da ferita diventa feritoia, porta aperta sul cuore di Dio. Qui il suo infinito amore per noi si lascia attingere come acqua che vivifica e bevanda che invisibilmente sazia e fa rinascere. Anche noi ci avviciniamo al corpo di Gesù calato dalla Croce e sostenuto dalle braccia della Madre. Ci avviciniamo «non camminando, ma credendo, non con i passi del corpo, ma con la libera decisione del cuore». In questo Corpo esanime ci riconosciamo come sue membra ferite e sofferenti, ma custodite dall’abbraccio amoroso della Madre. Ma ci riconosciamo anche in queste braccia materne, forti e tenere insieme.
Le braccia aperte della Chiesa-Madre sono come l’altare che ci offre il Corpo di Cristo e là, noi, diveniamo Corpo mistico di Cristo.
Signore Gesù, consegnato alla Madre, figura della Chiesa-Madre! Davanti all’icona della Pietà impariamo la dedizione al sì dell’amore, l’abbandono e l’accoglienza, la fiducia e l’attenzione concreta, la tenerezza che sana la vita e suscita la gioia.
Vieni, Spirito Santo, guidaci, come hai guidato Maria, nella gratuità irradiante dell’amore «riversato da Dio nei nostri cuori col dono della tua presenza» !
(Meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo 2011)

giovedì 5 aprile 2012

672 - GESU' MUORE IN CROCE

Duomo di Milano - portale centrale
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«Ho sete». «È compiuto!». In queste due parole Gesù ci consegna, con uno sguardo verso l’umanità e uno verso il Padre, il desiderio ardente che ha coinvolto la sua persona e la sua missione: l’amore all’uomo e l’obbedienza al Padre. Un amore orizzontale e un amore verticale: ecco il disegno della Croce! E dal punto d’incontro del duplice amore, là dove Gesù china il capo, sgorga lo Spirito Santo, primo frutto del suo ritorno al Padre.
In questo soffio vitale del compimento vibra il richiamo all’opera della creazione ora redenta. Ma anche il richiamo a tutti noi credenti in lui, a «dare compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella nostra carne» Finché tutto sia compiuto!
Signore Gesù, morto per noi! Tu chiedi per donare, muori per consegnare e intanto ci fai scoprire nel dono di sé il gesto che crea lo spazio dell’unità. Perdona l’aceto del nostro rifiuto e della nostra incredulità, perdona la sordità del nostro cuore al tuo grido di sete che continua a salire dal dolore di tanti fratelli.
Vieni, Spirito Santo, eredità del Figlio che muore per noi: sii tu la guida che «c’introduce alla verità tutta intera» e «la radice che ci custodisce in unità» !
(Meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo 2011)

671 - GESU' CADE TRE VOLTE ...

Duomo di Milano - portale centrale
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Con la sua terza caduta Gesù confessa l’amore con cui ha abbracciato per noi il peso della prova e rinnova la chiamata a seguirlo fino alla fine nella fedeltà. Ma ci concede anche di gettare uno sguardo oltre il velo della promessa: «Se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo».
Le sue cadute appartengono al mistero della sua Incarnazione. Ci ha cercato nella nostra debolezza, scendendo sino in fondo ad essa, per sollevarci a sé. «Ci ha mostrato in se stesso la via dell’umiltà, per aprirci la via del ritorno». «Ci ha insegnato la pazienza come arma per vincere il mondo».
Ora, caduto a terra per la terza volta, mentre «com-patisce le nostre infermità», ci addita il modo per non soccombere nella prova: perseverare, rimanere fermi e saldi. Semplicemente: «rimanere in lui».
Umile Gesù, dinanzi alle prove che vagliano la nostra fede ci sentiamo desolati: non crediamo ancora che queste nostre prove siano già state le tue e che tu ci inviti semplicemente a viverle con te.
Vieni, Spirito di Verità, nelle cadute che segnano il nostro cammino!
Insegnaci ad appoggiarci alla fedeltà di Gesù, a credere nella sua preghiera per noi, per accogliere quella corrente di forza che solo lui, il Dio-con-noi, può donarci!
(Meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo 2011)


martedì 3 aprile 2012

670 - PER CONOSCERE PADRE PIAMARTA


Il prossimo 21 ottobre padre Giovanni Piamarta sarà canonizzato a Roma da papa Benedetto XVI.
Lo scorso 31 marzo padre Danilo ha presentato la sua figura durante una trasmissione in diretta a Radio Mater.  
E' possibile ascoltare la trasmissione e conoscere la vita, l'opera e la spiritualità del fondatore della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth sul sito di Radio Mater:  

lunedì 2 aprile 2012

669 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - APRILE 2012

Generale: Perché molti giovani sappiano accogliere la chiamata di Cristo a seguirlo nel sacerdozio e nella vita religiosa.
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Missionaria: Perché il Cristo risorto sia segno di sicura speranza per uomini e donne del Continente africano.