Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 28 marzo 2014

911 - 4 DOMENICA DI QUARESIMA

Vangelo secondo Giovanni. (9,1-38b)
Il vero discepolo è chi non si lascia condizionare dai pregiudizi o dai luoghi comuni, ma accoglie Gesù con tutto se stesso. È il primo insegnamento di questo Vangelo: i discepoli, come molti, ritengono che quel cieco sia giustamente punito da Dio per le colpe sue o dei suoi genitori; non hanno ancora capito che Dio è infinitamente buono e misericordioso. Il cieco, invece, che non ha mai visto Gesù, appena sente «sono io, che parlo con te», subito crede. È lui il vero discepolo che si è fidato di Gesù. il vero discepolo di Gesù passa attraverso una progressiva esperienza di abbandono sino alla completa solitudine.
Nessuno vuole compromettersi per quel cieco: «i vicini e quelli che lo avevano visto» sono divisi, e lo portano dai farisei, ma anche loro non sanno decidersi. Neppure i suoi genitori vogliono compromettersi, hanno paura e scaricano il figlio. Alla fine lo cacciano fuori: è solo, abbandonato da tutti. È esperienza anche di oggi: quante volte, chi crede ha l’impressione di essere solo, talvolta deriso. Ma chi crede non è mai solo: «Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora. 
Se non posso più parlare con nessuno, più nessuno invocare, a Dio posso sempre parlare»,dice Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi. il vero discepolo comprende pian piano, un passo dopo l’altro.
Per il cieco nato, all’inizio «quell’uomo si chiama Gesù» e «non sa» dove sia; poi dice che «è un profeta» e poco dopo che è «uno che viene da Dio», cioè un Messia, infine lo proclama «Signore, Dio»! La fede è sempre un cammino: «La fede ci apre il cammino e accompagna i nostri passi nella storia», suggerisce papa Francesco nell’enciclica Lumen fidei.
Chi crede non si sente mai arrivato; non smette mai di cercare e di domandare:«Signore, non ti chiedo di vedere l’orizzonte lontano, un solo passo è sufficiente per me. Conducimi Tu, Luce gentile!»,scrive Henry Newman. il cammino di fede del vero discepolo conduce a una progressiva presa di posizione, rende testimoni sempre più coraggiosi. All’inizio il cieco è prudente («Non lo so»), poi coraggiosamente dice ai farisei che «è un profeta»; poi si professa discepolo e li provoca: «Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?»; infine si fa apostolo, proclama che Gesù è il Messia: «Costui viene da Dio!».Il credente, quindi, è contento di testimoniare il Dio in cui crede e che ama, perché sa di essere amato: «La gioia del Vangelo è una gioia missionaria» (papa Francesco).
Mons. Ennio Apeciti

910 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - APRILE 2014

Universale
“Perché in tutte le culture siano rispettati i diritti e la dignità delle donne”.

Per l'evangelizzazione
“Perché numerosi giovani accolgano l'invito del Signore a consacrare la loro vita all'annuncio del Vangelo”.

Dei Vescovi
“Perché i cristiani non abbiano timore di andare controcorrente per vivere la propria fede, resistendo alla tentazione di uniformarsi”.

domenica 23 marzo 2014

909 - NOI TI INVOCHIAMO, MONS. ROMERO, VESCOVO DEI POVERI

Noi t'invochiamo, vescovo dei poveri, intrepido assertore della giustizia, martire della pace: ottienici dal Signore il dono di mettere la sua Parola al primo posto e aiutaci a intuirne la radicalità e a sostenerne la potenza, anche quando essa ci trascende.

Liberaci dalla tentazione di decurtarla per paura dei potenti, di addomesticarla per riguardo di chi comanda, di svilirla per timore che ci coinvolga.

Non permettere che sulle nostre labbra la Parola di Dio si inquini con i detriti delle ideologie. Ma dacci una mano perché possiamo coraggiosamente incarnarla nella cronaca, nella piccola cronaca personale e comunitaria, e produca così storia di salvezza.

Aiutaci a comprendere che i poveri sono il luogo teologico dove Dio si manifesta e il roveto ardente e inconsumabile da cui egli ci parla.

Prega, vescovo Romero, perché la Chiesa di Cristo, per amore loro, non taccia.

Implora lo Spirito perché le rovesci addosso tanta parresia da farle deporre, finalmente, le sottigliezze del linguaggio misurato e farle dire a viso aperto che la corsa alle armi è immorale, che la produzione e il commercio degli strumenti di morte sono un crimine, che gli scudi spaziali sono oltraggio alla miseria dei popoli sterminati dalla fame, che la crescente militarizzazione del territorio è il distorcimento più barbaro della vocazione naturale dell'ambiente.

Prega, vescovo Romero, perché Pietro che ti ha voluto bene e che due mesi prima della tua morte ti ha incoraggiato ad andare avanti, passi per tutti i luoghi della terra pellegrino di pace e continui audacemente a confermare i fratelli nella fede, nella speranza, nella carità e nella difesa dei diritti umani là dove essi vengono calpestati.

Prega, vescovo Romero, perché tutti i vescovi della terra si facciano banditori della giustizia e operatori di pace, e assumano la nonviolenza come criterio ermeneutico del loro impegno pastorale, ben sapendo che la sicurezza carnale e la prudenza dello spirito non sono grandezze commensurabili tra loro.

Prega, vescovo Romero, per tutti i popoli del terzo e del quarto mondo oppressi dal debito. Facilita, con la tua implorazione presso Dio, la remissione di questi disumani fardelli di schiavitù. Intenerisci il cuore dei faraoni. Accelera i tempi in cui un nuovo ordine economico internazionale liberi il mondo da tutti gli aspiranti al ruolo di Dio. E infine, vescovo Romero, prega per noi qui presenti, perché il Signore ci dia il privilegio di farci prossimo, come te, per tutti coloro che faticano a vivere.

E se la sofferenza per il Regno ci lacererà le carni, fa' che le stigmate, lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, siano feritoie attraverso le quali possiamo scorgere fin d'ora cieli nuovi e terre nuove.
don Tonino Bello

908 - 24 MARZO MEMORIA DEI MARTIRI MISSIONARI

La fede non è qualcosa di accessorio o marginale nel contesto della vita cristiana. Anzi, è l’essenza di una umanità autentica, rinnovata dall’esperienza della croce, di cui missionari e missionarie martiri sono stati testimoni. Ed è proprio a loro che va il nostro plauso, ogni anno, il 24 marzo, in occasione della tradizionale Giornata dei Missionari Martiri. Si tratta di un’iniziativa promossa dal Movimento Giovanile Missionario (Missio Giovani), con l’intento di fare memoria di coloro che hanno dato la vita per la causa del Regno, nelle periferie del mondo. La data è quella della tragica uccisione del compianto arcivescovo di San Salvador, monsignor Óscar Arnulfo Romero y Galdámez, trucidato nell’ormai lontano 1980.
Una Giornata di preghiera e digiuno nel cuore del tempo quaresimale, per ricordare, col cuore e con la mente, quei vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici stroncati nel compimento della loro missione. Da questo punto di vista, è davvero illuminante la testimonianza di monsignor Romero che costituisce una sorta di paradigma per cogliere il significato del martirio. Le cronache del tempo ci rammentano che aveva da poco concluso la sua omelia durante la Santa Messa vespertina nella cappella dell’ospedale della “Divina Provvidenza” di San Salvador. Proprio nel solenne momento dell’Elevazione del calice, un sicario gli sparò a sangue freddo.
La vita di monsignor Romero e di tanti apostoli che hanno condiviso la passione di Nostro Signore ci induce a una sorta di discernimento sulla nostra quotidianità, sperimentando innanzitutto e soprattutto il turbamento e l’inquietudine di fronte al mistero. Sì, per tutte le vicissitudini e angherie che avvengono nei bassifondi della Storia, nella consapevolezza però che la loro, come anche la nostra è Storia di Salvezza.
Infatti, ricordando i missionari martiri è davvero possibile comprendere che l’amore non è un’astrazione filosofica o un banale sentimento dell’anima, ma la prova fattiva che i veri cambiamenti sono resi possibili solo attraverso il dono della propria vita. Non è un caso se Tertulliano scriveva che «il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani», evocando la nascita della Chiesa dalla Croce di Cristo. Stando al recente computo pubblicato dall’agenzia missionaria Fides, sono stati complessivamente ventidue coloro che sono caduti sul campo nel 2013, quasi il doppio rispetto all’anno precedente: 19 sacerdoti, una religiosa e due laici. In America Latina sono stati uccisi 15 sacerdoti, ben sette in Colombia. In Africa hanno perso la vita un sacerdote in Tanzania, una religiosa in Madagascar e una laica in Nigeria. La loro testimonianza di vita rappresenta il valore aggiunto della fede cristiana che, peraltro, si evince dal tema scelto quest’anno per celebrare questa giornata: Martyria. Chi è infatti il martire se non il testimone pronto a dare tutto incondizionatamente?
Storie davvero avvincenti, quelle dei nostri missionari, che toccano il cuore perché riescono ancora oggi a ricomporre il legame inscindibile tra il Vangelo e la vita quotidiana. Stiamo parlando di persone in carne e ossa, la cui identità non si è mai fondata sul disprezzo e sulla prevaricazione nei confronti del prossimo, ma sulla talvolta scomoda e comunque radicale conformazione a Cristo. Viene, naturalmente, spontaneo chiedersi come mai, per poter conoscere qualche frammento dell’attualità africana o del Sud del mondo più in generale, si debba per forza aspettare che qualcosa di doloroso debba investire la loro esistenza. La domanda forse andrebbe rivolta ai gestori dell’informazione, soprattutto in Italia, i quali, forse per disattenzione o negligenza, dimenticano che il diritto di cittadinanza nel “villaggio globale” esige una conoscenza dell’alterità, indipendentemente dalla collocazione geografica di questo o quel popolo. Ecco che allora il modo migliore e più efficace per rendere il giusto tributo a queste sentinelle della carità, di cui oggi rimangono forse solo gli stretti parenti e amici a ricordarne i nomi, sta proprio nel “dare voce a chi non ha voce”, alla gente che hanno servito risolutamente, con grande abnegazione.
La loro testimonianza pertanto non solo rappresenta una forte provocazione, considerando il nostro malessere determinato dalla difficile congiuntura in cui versa l’economia mondiale, ma dovrebbe davvero indurci ad un deciso cambiamento di rotta. A pensarci bene, ci salveremo da un futuro pervaso da peccaminosi egoismi e fondamentalismi solo se sapremo metterci alla loro scuola, quella della gratuità, dell’accoglienza nei confronti dei poveri e degli attardati. Una visione spirituale dell’esistenza umana, tanto cara a Papa Francesco, ma non sempre condivisa nella nostra società dove l’interesse particolare prende troppe volte il sopravvento sul “Bene Comune”. Dimenticando l’universalità dell’amore missionario, davvero senza confini
Padre Giulio Albanese

sabato 22 marzo 2014

907 - 3 DOMENICA DI QUARESIMA

Drammatico il Vangelo (Gv. 8,31-59) di oggi: i Giudei, che all’inizio avevano creduto in Gesù, alla fine cercano di lapidarlo! 
1. L’incomprensione si manifesta sin dalle prime battute dei sette dialoghi che scandiscono il brano. Gesù spiega come essere “davvero” discepoli: non basta ascoltare la sua parola, occorre rimanervi, cioè viverci dentro. La verità, infatti, non è un modo di pensare, ma uno stile da mettere in pratica; la verità non è un’idea, ma una persona: Gesù, e solo chi si fida di lui è libero davvero. Proprio questa verità crea il cortocircuito: per quei Giudei la loro libertà non dipende da Gesù ma da loro stessi; Gesù può essere un buon maestro, ma non deve pretendere di essere il fondamento della loro vita.
2. Così essi passano dalla progressiva presunzione di sé al progressivo disprezzo per Gesù. Dapprima sono genericamente discendenti, poi figli di Abramo e infine figli di Dio. E proprio dicendo questo parlano di prostituzione, forse alludendo alla nascita stessa di Gesù, alla voce che circolava che non fosse figlio di Giuseppe, ma di un soldato romano, dunque figlio del peccato. Ed è solo l’inizio: Gesù diventa un samaritano, cioè un eretico, poi un indemoniato. Dalle offese passano al disprezzo (chi crede di essere, così giovane!) e infine all’odio, al desiderio di ucciderlo. A tanto li ha condotti il loro orgoglio, la loro presunzione.
3. Si può pensare di credere, ma non essere veramente credenti! Come accorgercene? Quando come questi Giudei disprezziamo il fratello o il vicino, quando pretendiamo di chiedere a Dio di confermare quello che abbiamo noi in testa, di tranquillizzarci nelle nostre abitudini e nelle nostre orgogliose presunzioni di sapere e di valere: allora non siamo veri credenti. La fede non è come il rossetto: non basta sembrare e neppure apparire, occorre essere; non sta sulla bocca accesa di rosseggianti parole, ma nella bontà del cuore, che riempie lo sguardo d’amore.
4. Parallelamente alla progressiva durezza dei Giudei, Gesù precisa con progressiva chiarezza e fermezza cosa significhi essere suoi discepoli. Egli desidera che capiscano che Dio chiede di evitare mediocrità e compromesso; che non basta dirsi figli di Abramo, ma occorre vivere come lui, perché crede chi vive, non chi dice. Il vero credente si riconosce da come guarda al fratello: il disprezzo è sempre figlio del diavolo, mentre chi viene da Dio ama come ama Dio, perché ascolta la Sua voce che è sempre voce d’amore, che rende eterna la vita. È onorando il fratello, che si presta a Dio l’onore che Egli desidera, perché non gli interessano le parole vuote, ma i cuori convinti e sinceri.
5. Dove trovare questo volto vero di Dio? È Gesù: lo dice lui stesso, usando il nome divino: «Io Sono». Ma i Giudei non lo accettano. Il vero credente non crede solo in Dio, ma che Gesù è Dio.«È stato detto che la sola vera tristezza è non essere santi; potremmo anche dire che vi è una sola miseria: non vivere da figli di Dio e da fratelli di Cristo» (papa Francesco).
Mons. Ennio Apeciti
 

giovedì 20 marzo 2014

906 - IN CHI PONIAMO LA NOSTRA FIDUCIA?

Papa Francesco nell’omelia della Messa celebrata oggi, 20 marzo 2014, a Casa Santa Marta, ha posto a tutti una domanda: “in chi riponiamo la nostra fiducia?” Nel Signore o negli idoli di cui molte volte ci circondiamo? La lettura di Geremia 17, 5-10 ci mette in guardia su questo: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa». “Soltanto nel Signore – ha sottolineato Papa Francesco - è la nostra sicura fiducia. Altre fiducie non servono, non ci salvano, non ci danno vita, non ci danno gioia”. L’uomo che confida in se stesso, in una ideologia, che lascia il Signore da parte, non ha più orizzonti e accade quello che viene descritto nel Vangelo di Luca 16, 19-31: si perde il proprio nome, veniamo identificati per quello che possediamo, e l’egoismo prende il sopravvento, facendoci sprofondare nell’infelicità. Ma c’è sempre una possibilità di salvezza e sta in una parola: ‘Padre’. Il Signore risponde a questa invocazione con ‘Figlio’, ha detto il Papa, aggiungendo: “Lui sempre ci aspetta per aprire una porta che noi non vediamo”.
.. .. ..
Oggi, in questa giornata di Quaresima, ci farà bene domandarci: dove è la mia fiducia? Nel Signore o sono un pagano, che confido nelle cose, negli idoli che io ho fatto? Ancora ho nome o ho incominciato a perdere il nome e mi chiamo ‘Io’? Io, me, con me, per me, soltanto io? Per me, per me … sempre quell’egoismo: ‘Io’. Questo non ci dà salvezza”.
“Alla fine, alla fine, alla fine sempre c’è una possibilità. E quest’uomo, quando se ne è accorto che aveva perso il nome, aveva perso tutto, tutto, alza gli occhi e dice una sola parola: ‘Padre’. E la risposta di Dio è una sola parola: ‘Figlio!’. Se alcuni di noi nella vita, di tanto avere fiducia nell’uomo e in noi stessi, finiamo per perdere il nome, per perdere questa dignità, ancora c’è la possibilità di dire questa parola che è più che magica, è più, è forte: ‘Padre’. Lui sempre ci aspetta per aprire una porta che noi non vediamo e ci dirà: ‘Figlio’. Chiediamo al Signore la grazia che a tutti noi ci dia la saggezza di avere fiducia soltanto in Lui, non nelle cose, nelle forze umane, soltanto in Lui”.

905 - SUGGERIMENTI CONCRETI PER VIVERE LA QUARESIMA

Iniziando questo tempo santo predisponiamo il nostro cuore ed il nostro spirito a ritrovarci più intimamente col Signore e vivere meglio i suoi insegnamenti, per essere così maggiormente in grado di condividere con i più poveri quello che abbiamo.
Preghiera
ü Visitare frequentemente qualche chiesa per pregare
ü Accostarsi al sacramento della Confessione
ü Pregare il S. Rosario magari giornalmente
ü Partecipare alla Messa, oltre la domenica, anche un altro giorno della settimana.
ü Leggere, se possibile ogni giorno, un brano del Vangelo.
Penitenza
ü Essere più tolleranti e rispettosi, e, nel caso, perdonare.
ü Mangiare solo quando è il momento e con moderazione
ü Privarsi dei dolciumi o sigarette e mettere quanto risparmiato nella “scodella della solidarietà” (*)
ü Alzarsi più presto e in fretta.
ü Sopportare con pazienza le cose meno piacevoli che si presentano sul lavoro e in famiglia
ü Decidere, in famiglia, qualche privazione che permetta un apporto generoso alla “scodella della solidarietà”, per esempio non uscire a mangiare.
ü Usare con moderazione i mezzi di comunicazione (cellulare, radio, computer…) e togliere un po’ di TV, dedicando il tempo a curare maggiormente le relazioni in famiglia
Carità
ü Visitare persone malate, anziane o in carcere
ü Soccorrere generosamente chi è più in necessità.
ü Fare compagnia alle persone sole.
ü Portare in parrocchia una raccolta generosa, frutto dei propri sacrifici e delle privazioni realizzate in famiglia, durante la Quaresima
ü Pensare e proporsi di fare opera di volontariato in Caritas, in Oratorio…
 
(*) Può essere un salvadanaio o anche una ciotola da tenere a portata di  mano dei componenti della famiglia per mettervi i risparmi della Quaresima da destinare alle opere di carità della parrocchia. Quanto messo da parte può essere portato in chiesa il giovedì santo alla messa della Cena del Signore.
(Il parroco Padre Luigi)

sabato 15 marzo 2014

904 - 2 DOMENICA DI QUARESIMA

Nel Vangelo di oggi (Giovanni 4,5-42) diverse sono le sottolineature che mi piace richiamare.
La precisione dell’ora (circa mezzogiorno) e il particolare dell’anfora dimenticata dalla donna vogliono garantire la storicità del fatto: è veramente successo e potrà accadere ancora, per chiunque sia come quella donna, sfortunata in amore, senza voglia di impegnarsi (non si va a mezzogiorno a prendere l’acqua!), diffidente di tutti, anche di se stessa. Quanti oggi non si fidano più di nessuno e hanno perso la fiducia in se stessi! Dio, invece, non perde mai la sua fiducia in noi, perché ci stima e ci ama!
Ci sono sette dialoghi tra Gesù e la donna in un crescendo affascinante. A Gesù, che prende l’iniziativa, la donna risponde sospettosa: non si fida o pensa che Gesù abbia altre intenzioni, come tutti gli uomini che l’hanno usata sino ad allora. Dal sospetto che ci sia un doppio senso nelle parole di Gesù, passa all’ironia: «Come fai a prendere l’acqua, se non hai neppure un secchio! Dammi quest’acqua viva di cui parli!». Quante volte siamo come quella donna e prendiamo in giro gli altri... e Dio!
Gesù lascia cadere ogni sospetto e ironia e con dolcezza e rispetto riprende le parole di quella donna nel senso più positivo, quasi a farle capire che lui la prende sul serio; che per lui è importante quello che lei dice; che la sua offerta di un’acqua che disseta in eterno è sincera! Gesù è così: non ci prenderà mai in giro, perché ci vuole veramente bene!
Con questa tenace pazienza Gesù conduce la donna alla verità ed ella ammette di non avere marito. Gesù lo sapeva già, ma ha voluto che fosse lei a dirlo! Non le rinfaccia nulla: vuole che sia sincera con se stessa e con lui! Gesù non ci rinfaccia mai ciò che sbagliamo; ci chiede solo di essere leali: il primo passo per guarire è di riconoscere la malattia. Gesù si accontenta: la donna non ha detto tutta la verità; è rimasta nel generico. È Gesù che le dice il numero dei mariti, compreso il convivente di quel momento. Gesù non pretende tutto e subito: un passo alla volta è sufficiente per lui.
Quando si scopre conosciuta, la donna cerca di deviare sui grandi discorsi: «Sei un profeta!»; «Qual è il luogo vero per adorare Dio?». Tante volte anche noi ci nascondiamo dietro discorsi solenni, che non toccano e non cambiano la nostra vita. Occorre vigilare sulle troppe parole.
Con questa paziente dolcezza Gesù conduce la donna alla pienezza della verità: «Il Messia che tu attendi, sono io». Quella donna cercava acqua e l’ha trovata: non avrà più sete.
Mons. Ennio Apeciti

martedì 11 marzo 2014

903 - IL PRIMO ANNO DI PAPA BERGOGLIO

UN PAPA SUPERMAN? COME ANNACQUARE LA RIVOLUZIONE DI FRANCESCO
C’è un modo per annacquare o addirittura soffocare la rivoluzione avviata da papa Francesco il 13 marzo 2013. Questo modo lo abbiamo visto all’opera continuamente in questi mesi e va sotto il nome - brutto ma efficace - di «papolatria».
Spiegava Otto Kallscheuer, filosofo cattolico tedesco, all’indomani della rinuncia di Benedetto XVI, decisione che di tale fenomeno ha rappresentato la radicale negazione: «L’identificazione della Chiesa con il Papa ha subito, dopo il Concilio Vaticano I, una concentrazione, ancora più accentuata dalla società dei media, in forme mai prima registrate. Prima, semmai, il Papa era un monarca spirituale fra tanti altri, e neanche con un così grande potere sulla Chiesa. La “papolatria” è invece frutto della modernità» (Il Foglio, 18 febbraio 2013).
Proprio perché connessa alla modernità nel suo complesso, più che alla sola dimensione religiosa, questa dinamica è all’opera anche in molti altri ambiti: sappiamo bene, ad esempio, quanto sia pervasiva la personalizzazione nel mondo della politica, la ricerca ossessiva e sempre irrimediabilmente deludente di un leader taumaturgico a cui affidare la propria e altrui salvezza.
Il Papa argentino - diciamolo a scanso di equivoci - con il suo stile sobrio e il suo esercizio del potere come servizio, nulla fa per alimentare il culto della personalità. Ed è comprensibile che un pontefice venuto «dalla fine del mondo», perlopiù dai modi così insoliti, susciti curiosità. Infatti, di Jorge Mario Bergoglio ormai sappiamo tutto, grazie anche all’impressionante boom editoriale di questi mesi (fatto di alcune ottime pubblicazioni e di molte operazioni di marketing religioso).
Ma - trascorso un anno da quel celebre «Buonasera» dal balcone di San Pietro- è forse giunto il momento di guardare non più solo verso il Vaticano e di mettere sotto i riflettori (non mediatici ma della coscienza) anche le nostre relazioni, il nostro stile di vita, le nostre scelte personali e collettive.
Le opportunità per questo esercizio non mancano. Abbiamo tutti seguito con emozione la storica visita del Papa a Lampedusa e il suo grido contro la globalizzazione dell’indifferenza: da allora è cambiato qualcosa nel nostro modo di combattere la marginalità e le ingiustizie strutturali, come singoli, come Chiesa, come comunità politica? Ancora, è stata impressionante, in settembre, la mobilitazione mondiale seguita alla proposta del Papa di un digiuno per la pace in Siria: e poi, quale eredità di impegno per la pace ha lasciato quell’iniziativa? Francesco sta anche lavorando per una gestione più trasparente ed etica delle finanze vaticane: è un imperativo che abbiamo fatto nostro, nelle nostre scelte di consumo e di investimento?
Sono solo domande esemplificative, ognuno può aggiungerne di proprie. L’importante è che arrivino le risposte e soprattutto si diffonda un modo nuovo - più credibile e concreto - di essere testimoni del Vangelo, se non vogliamo che la rivoluzione di papa Francesco conosca il destino di quel graffito comparso sui muri di Roma a fine gennaio, una caricatura del Papa vestito da Superman. È finito su prime pagine e siti web di tutto il pianeta, ha strappato molti sorrisi, per poi essere rapidamente rimosso. 
Stefano Femminis, Rivista Popoli, marzo 2014

sabato 8 marzo 2014

902 - GESU' E SATANA

Nel Vangelo incontriamo Satana in una scena drammatica, in un duello faccia a faccia. Satana si scontra con Gesù che rappresenta tutti noi, tutta l'umanità. Di questo personaggio ci fu un momento nella storia della chiesa in cui si predicò a più non posso, si parlava di lui con enfasi, lo si personificava nell'arte, lo si usava per impaurire e per "tenerci" nella fila della chiesa, perché si sentisse paura e non lo affrontassimo… Ma in un altro tempo, come un movimento pendolare, si smise di parlare di lui. Il diavolo, Satana, sembra essere scomparso dalla nostra vita solo perché è scomparso dal linguaggio.
Nella vittoria che Gesù riporta su Satana sta tutto il senso della sua missione: veniva per rendere impotente colui che aveva il dominio sul mondo, per distruggere le sue opere, per riscattarci dal suo potere. Per la prima volta nella storia della salvezza, dopo ciò che era successo nel paradiso, un "Figlio dell'uomo" ha tolto la terra sotto i piedi al Satana, lo ha fatto ricorrendo alla parola di Dio, alla Bibbia che aveva ascoltato nella sinagoga, alla Parola che aveva ruminato nel silenzio della preghiera, con la quale gli aveva parlato il padre e che si sforzerà di annunciare da lì in poi. Satana, per un momento della storia, aveva potuto attrarre a se gli uomini, ma ora sentiva che qualche cosa di nuovo stava venendo con questo personaggio pieno di Spirito Santo, che incontrava da solo nel deserto, qualcosa che stava ponendo in pericolo la sua signoria nel mondo e si avvicina con astuzia e menzogne per verificare cosa fosse questo nuovo avvenimento. Anche questa volta vuole allontanare dai piani di Dio la nuova umanità, rappresentata in Gesù, per questo cerca di convincere Gesù con proposte di un messianismo umano o terreno: pane, gloria e potere in un primo momento e finalmente il riconoscimento, l'adorazione di un essere che non è Dio, a cui Gesù risponde riaffermando il grande principio del monoteismo ebraico: "adorerai il Signore tuo Dio e lui solo servirai".
La scena è programmatica nella vita di Gesù. Dopo il suo battesimo è mosso dallo spirito, che ha ricevuto, a ritirarsi nel deserto e lì si ha il primo atto di una guerra senza quartiere, che non terminerà lì, ma saranno molti i momenti in cui Gesù sentirà la voce di Satana; sentirà la tentazione nell'orto degli Ulivi e sulla stessa croce, ma alla fine, come sempre nella vita di Gesù, sarà la sua fiducia nel padre e la parola di Dio che lo aiuteranno a fare una scelta.

Per la revisione di vita
Inizia uno dei cosiddetti "periodi forti" dell'anno liturgico. Non precisamente un tempo "light", e nemmeno un tempo qualunque.
Cosa faccio perché questa quaresima non passi senza che me ne renda conto, ma vivendola a fondo? La quaresima è un "conto alla rovescia" di quaranta giorni fino alla Pasqua…
L'obiettivo che si vive dal principio è la Pasqua stessa…

Omelia di Mons. Oscar Romero nella 1° domenica di Quaresima, 12 febbraio 1978

901 - LE TENTAZIONI DI GESU'

Dal Vangelo secondo Matteo 4,1 -11
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo ri-guardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettan-doti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, Satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano. - Parola del Signore. 

È lo Spirito che conduce Gesù nel deserto, quasi a dire che nessuno può esimersi dalla lotta che è insita alla vita stessa, ma anche nel deserto della solitudine del male, Dio è presente e lotta con noi.
Il racconto delle tentazioni di Gesù è un fatto storico perché nessuno sano di mente poteva accreditare come Messia un uomo «tentato dal diavolo».
Qui però è la novità del Dio di Gesù Cristo: la sua incarnazione è vera e autentica fino in fondo perché sperimenta la condizione umana senza sconti. La resistenza di Gesù, pertanto, è il punto di partenza per reggere gli assalti del potere e dei figli del potere che sulle scie di Satana vogliono distrarci dalla nostra obbedienza al nostro essere creature e figli di Dio.
Nessuno può dominare la nostra coscienza senza il nostro consenso perché abbiamo la certezza che vogliamo adorare solo Dio e solo a lui vogliamo rendere gloria. A lui, non a qualsiasi altro idolo.
Paolo Farinella, prete

900 - 1 DOMENICA DI QUARESIMA

Ivan Nikolaevich Kramskoy, Cristo nel deserto, 1850,
The Tretyakov Gallery, Mosca.
Inizia con questa domenica il tempo di quaresima, un tempo forte, privilegiato, di preghiera, di discernimento e di conversione. Il filo conduttore delle letture di oggi è quello della tentazione, che è dubitare dell'amore di Dio, e della fedeltà, che è fidarsi della Parola di Dio. Gesù, spinto nel deserto dallo Spirito, resiste alla tentazione, uscendone vittorioso. Le tentazioni provate da Gesù sono quelle vissute da Israele nell'Esodo verso la terra promessa e, a ben riflettere, sono le stesse tentazioni che abbiamo noi oggi. Le armi adottate da Gesù sono quelle della Parola di Dio, della fede e della verità.
Gesù ci ricorda anche che la fede richiede abbandono totale e infinita fiducia nel Dio che ci viene incontro e che accogliamo con umile abbandono.
Ivan Nikolaevich è stato un pittore russo e critico d'arte. In uno dei dipinti più noti Kramskoi, Cristo nel deserto ha continuato la tradizione umanistica di trattamento di un soggetto religioso-morale, in termini filosofici. Ha permeato la sua immagine di Cristo con esperienze drammatiche in un'interpretazione profondamente psicologica e vitale, che evoca l'idea del suo eroico sacrificio.
Aspirando ad espandere l'espressività ideologica delle sue immagini, Kramskoi ha creato l'arte che consisteva nel rivelare emozioni complesse e sinceri dei soggetti, le loro personalità e destini.
Gesù resiste perché Dio è nel cuore della sua esistenza, perché egli vive grazie alla sua parola, perché egli ha talmente fiducia in lui che non vuole attentare alla sua sovranità né alla sua libertà, sa di essere impegnato esclusivamente a servirlo.
Sara Veronesi

venerdì 7 marzo 2014

899 - UCRAINA: APPELLO DEL PRESIDENTE DI PAX CHRISTI

Pax Christi: Fermate la vostra mano!

“Riscoprite in colui che oggi considerate un nemico da abbattere il vostro fratello”
(Papa Francesco, 1 gennaio 2014)

Pax Christi Italia rilancia convintamente l’appello di Mons. Jacek Pyl, vescovo ausiliare della diocesi cattolica di Odessa-Simferopoli, responsabile per la Crimea. “Non possiamo permettere che la nostra appartenenza etnica né la nostra religione ci dividano proprio ora. Noi siamo figli dello stesso Dio, l‘unico Dio, che è nostro Padre comune”. Viviamo queste ore scandite ancora una volta da ultimatum, movimenti di soldati e minacce di una nuova guerra in Europa.

Non vogliano abituarci alla follia della guerra. La guerra è sempre una sconfitta dell’umanità, un ‘suicidio’. E non è mai la soluzione a nessun problema. La costruzione della pace passa attraverso il riconoscimento delle identità culturali, linguistiche, religiose, da accogliere da parte di tutti e di ciascuno come arricchimento di un paese e delle persone che vi abitano. Perché ciò avvenga è oggi indispensabile costruire condizioni obiettive per vivere il dialogo, per favorire la riconciliazione e non la contrapposizione.

Esse sono:
- la comune consapevolezza degli europei di poter vivere delle diversità riconciliate e chiare opzioni politiche capaci di offrire prospettive economiche e sociali alle popolazioni che stanno ai loro confini.
- una presa di coscienza che a scatenare nuovi scenari di guerra sono, come sempre, i grandi interessi economici. In questa prospettiva le persone vengono calpestate, prevale l’egemonia economica dei più forti e prolifera ancor di più il mercato delle armi, a spese dei più poveri.

Per questo è importante continuare da parte di tutti l’ìmpegno contro la proliferazione e il commercio degli armamenti. In vista delle imminenti elezioni europee, le scelte siano orientate alla pace, alla nonviolenza, alla riduzione della spesa per gli armamenti, all’equa distribuzione delle risorse, come risposta alla necessità di sviluppo e crescita dei popoli europei. Continuiamo a pregare per la pace, in Ucraina e in tutti i luoghi dove ancora ci sono violenze e guerre, e rinnoviamo l’impegno a “ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi” (Francesco, 1 gennaio 1914)

Giovanni Giudici, vescovo di Pavia
Presidente nazionale di Pax Christi