Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 26 febbraio 2016

1167 - LA CURA DEL CREATO


1166 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - MARZO 2016

Intenzione generale
Perché le famiglie in difficoltà ricevano i necessari sostegni e i bambini possano crescere sani e sereni.

Intenzione missionaria
Perché i Cristiani, discriminati o perseguitati, a motivo della loro fede, rimangano forti e fedeli al Vangelo, grazie all’incessante preghiera di tutta la Chiesa.

Intenzione dei vescovi
Perché i Missionari della Misericordia siano accolti da tutti, come segno della sollecitudine materna della Chiesa.

sabato 20 febbraio 2016

1165 - IN PRINCIPIO LA PAROLA

Se in principio c’era la Parola e dalla Parola di Dio, venuta tra noi, è cominciata ad avverarsi la nostra redenzione, è chiaro che, da parte nostra, all’inizio della storia personale di salvezza ci deve essere il silenzio: il silenzio che ascolta, che accoglie, che si lascia animare.
Certo, alla Parola che si manifesta dovranno poi corrispondere le nostre parole di gratitudine, di adorazione, di supplica, ma prima c’è il silenzio.
(Carlo Maria Martini)

1164 - DOMANI INAUGURAZIONE DI VIA CARLO MARIA MARTINI

A Milano, dal 21 febbraio, una via per Carlo Maria Martini
È la via che corre di fianco alla Cattedrale dove ha celebrato e meditato sulla Parola nei suoi 22 anni di episcopato e dove oggi è sepolto: dal 21 febbraio prenderà il suo nome, Carlo Maria Martini. Si tratta dell'attuale Via dell'Arcivescovado, che unisce Piazza del Duomo a Piazza Fontana, sede della Curia arcivescovile, e che da quel giorno cambierà dunque denominazione.
La decisione è stata presa dal Comune di Milano lo scorso settembre e verrà resa operativa domenica prossima, a meno di una settimana dal 15 febbraio, 89° anniversario della nascita.
Alle ore 11 nella celebrazione eucaristica che si terrà in Duomo (e non in San Fedele come annunciato in precedenza) sarà ricordato il cardinale Martini: a presiederla sarà lo stesso Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola.
La celebrazione sarà trasmessa in diretta da Chiesa Tv (canale 195 del digitale terrestre) e
www.chiesadimilano.it. Radio Marconi manderà in onda una sintesi dell'omelia lunedì 22 febbraio alle 18.40.
Al termine della messa i partecipanti si recheranno in via Arcivescovado, dove alle ore 12.30 è prevista la cerimonia di intitolazione della via a Carlo Maria Martini con gli interventi dell’Arcivescovo cardinale Angelo Scola e del Sindaco Giuliano Pisapia. Si procederà quindi al disvelamento della targa.
Nel dare comunicazione in settembre della decisione presa dal Comune, il sindaco Pisapia così commentava: «Martini ha amato Milano ed è stato ricambiato perché ha saputo diffondere i valori del dialogo, tra le religioni e tra credenti e non credenti, dell’amicizia tra popoli, della solidarietà. Intitolare al Cardinal Martini una via accanto al Duomo è un doveroso riconoscimento per chi ha certamente segnato la storia di Milano».
Info:
segreteria@fondazionecarlomariamartini.it - 02 863521

domenica 14 febbraio 2016

1163 - CON IL DIAVOLO NON SI DIALOGA

Mercoledì scorso abbiamo iniziato il tempo liturgico della Quaresima, nel quale la Chiesa ci invita a prepararci per celebrare la grande festa della Pasqua. Tempo speciale per ricordare il dono del nostro Battesimo, quando siamo stati fatti figli di Dio. La Chiesa ci invita a ravvivare il dono che ci ha elargito per non lasciarlo nell’oblio come qualcosa di passato o in qualche “cassetto dei ricordi”. Questo tempo di Quaresima è un buon momento per recuperare la gioia e la speranza che ci dà il sentirci figli amati dal Padre. Questo Padre che ci aspetta per toglierci le vesti della stanchezza, dell’apatia, della sfiducia e rivestirci con la dignità che solo una vero padre e una vera madre sanno dare ai loro figli, i vestiti che nascono dalla tenerezza e dall’amore.
Il nostro Padre è il Padre di una grande famiglia, è Padre nostro. Sa avere un amore, ma non sa generare e creare “figli unici” tra di noi. E’ un Dio che sa di famiglia, di fraternità, di pane spezzato e condiviso. E’ il Dio del “Padre nostro”, non del “padre mio” e “patrigno vostro”.
In ognuno di noi si annida, vive quel sogno di Dio che in ogni Pasqua, in ogni Eucaristia ritorniamo a celebrare: siamo figli di Dio. Sogno che hanno vissuto tanti nostri fratelli nel corso della storia. Sogno testimoniato dal sangue di tanti martiri di ieri e di oggi.
Quaresima, tempo di conversione, perché quotidianamente facciamo esperienza nella nostra vita di come quel sogno si trova sempre minacciato dal padre della menzogna – abbiamo ascoltato nel Vangelo quello che faceva con Gesù - da colui che vuole dividerci, generando una società famiglia divisa e conflittuale, una società divisa e conflittuale. Una società di pochi e per pochi. Quante volte sperimentiamo nella nostra carne, o nella nostra famiglia, in quella dei nostri amici o vicini, il dolore che nasce dal non sentire riconosciuta quella dignità che tutti portiamo dentro. Quante volte abbiamo dovuto piangere e pentirci, perché ci siamo resi conto di non aver riconosciuto tale dignità negli altri. Quante volte – e lo dico con dolore – siamo ciechi e insensibili davanti al mancato riconoscimento della dignità propria e altrui.
Quaresima, tempo per regolare i sensi, aprire gli occhi di fronte a tante ingiustizie che attentano direttamente al sogno e al progetto di Dio. Tempo per smascherare quelle tre grandi forme di tentazione che rompono, dividono l’immagine che Dio ha voluto plasmare.
Le tre tentazioni che ha sofferto Cristo.
Tre tentazioni del cristiano che cercano di rovinare la verità alla quale siamo stati chiamati.
Tre tentazioni che cercano di degradare e di degradarci.
La prima, la ricchezza, impossessandoci di beni che sono stati dati per tutti, utilizzandoli solo per me o per “i miei”. E’ procurarsi il pane con il sudore altrui, o persino con la vita altrui. Quella ricchezza che è il pane che sa di dolore, di amarezza, di sofferenza. In una famiglia o in una società corrotta questo è il pane che si dà da mangiare ai propri figli.
La seconda tentazione: la vanità. Quella ricerca di prestigio basata sulla squalifica continua e costante di quelli che “non sono nessuno”. La ricerca esasperata di quei cinque minuti di fama che non perdona la “fama” degli altri. “Facendo legna dell’albero caduto”, lascia spazio alla terza tentazione, la peggiore, quella dell’orgoglio, ossia il porsi su un piano di superiorità di qualunque tipo, sentendo che non si condivide la “vita dei comuni mortali” e pregando tutti i giorni: “Grazie Signore perché non mi hai fatto come loro”.
Tre tentazioni di Cristo.
Tre tentazioni con cui il cristiano si confronta quotidianamente.
Tre tentazioni che cercano di degradare, di distruggere e di togliere la gioia e la freschezza del Vangelo. Che ci chiudono in un cerchio di distruzione e di peccato.
Vale la pena che ci domandiamo: fino a che punto siamo consapevoli di queste tentazioni nella nostra persona, in noi stessi?
Fino a che punto ci siamo abituati a uno stile di vita che pensa che nella ricchezza, nella vanità e nell’orgoglio stanno la fonte e la forza della vita?
Fino a che punto crediamo che il prenderci cura dell’altro, il nostro preoccuparci e occuparci per il pane, il buon nome e la dignità degli altri sono fonti di gioia e di speranza?
Abbiamo scelto Gesù e non il demonio. Se ci ricordiamo di quello che abbiamo ascoltato nel Vangelo, Gesù non risponde al demonio con parole proprie, ma gli risponde con la Parola di Dio, con la Parola delle Scritture. Perché, fratelli e sorelle, mettiamocelo bene in testa: con il demonio non si dialoga! Non si può dialogare! Perché ci vincerà sempre. Solo la forza della Parola di Dio lo può sconfiggere! Abbiamo scelto Gesù e non il demonio: vogliamo seguire le sue orme, ma sappiamo che non è facile. Sappiamo che cosa significa essere sedotti dal denaro, dalla fama e dal potere. Perciò la Chiesa ci dona questo tempo, ci invita alla conversione con una sola certezza: Lui ci sta aspettando e vuole guarire il nostro cuore da tutto ciò che lo degrada, degradandosi o degradando altri. E’ il Dio che ha un nome: misericordia. Il Suo nome è la nostra ricchezza, il Suo nome è la nostra fama, il Suo nome è il nostro potere; e nel Suo nome ancora una volta ripetiamo con il salmo: «Mio Dio in cui confido» (91/90,2). Lo vogliamo ripetere insieme? Tre volte: “Tu sei il mio Dio e in te confido”; “Tu sei il mio Dio e in te confido”; “Tu sei il mio Dio e in te confido”.
Che in questa Eucaristia lo Spirito Santo rinnovi in noi la certezza che il Suo nome è misericordia e ci faccia sperimentare ogni giorno che il Vangelo «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» sapendo che con Lui e in Lui «sempre nasce e rinasce la gioia» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 1).
Papa Francesco, S.Messa a Ecatepec Messico, 14 febbraio 2016

sabato 13 febbraio 2016

1162 - ANNUNCIO DELLA QUARESIMA

Accogliamo, nella gioia, il divino annuncio della Quaresima.
Come i peccatori e i pubblicani che ascoltavano Giovanni predicare il pentimento, prepariamoci alla Comunione del Signore nella gioia della Santa Pasqua.
Laviamoci con lacrime di pentimento per ottenere la purificazione operata da Dio.
Preghiamo di contemplare il compimento della Pasqua che è la vera Rivelazione.
Prepariamoci ad adorare la Croce e la risurrezione di Cristo nostro Dio.
Non deluderci nella nostra speranza, o amico degli uomini e Signore nostro redentore.
Kyrie, elèison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison! Amen!
Dalla liturgia ortodossa
 

1161 - LA QUARESIMA NELL'ANNO SANTO

«La Quaresima di quest’Anno Giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio». Questo desiderio pastorale di papa Francesco, espresso già nella Lettera di indizione dell’Anno Santo, è un chiarissimo invito a pensare e a vivere la Quaresima con particolare intensità spirituale.

La catechesi quaresimale
Papa Francesco si augura innanzitutto che, nelle settimane di Quaresima, le nostre Comunità compiano un intenso cammino spirituale di meditazione e di preghiera per «riscoprire il volto misericordioso del Padre, in un contesto di preghiera, di autentico digiuno e di carità».
I temi di catechesi sono quelli continuamente richiamati dal Papa in questo Anno Santo della Misericordia. Le modalità di catechesi possono essere le più diverse: la predicazione, le testimonianze di carità e di solidarietà, le tavole rotonde sui temi del volontariato e dell’aiuto solidale, le meditazioni artistiche, le esperienze di servizio caritativo e missionario e tante altre modalità capaci di coinvolgere le persone e suscitare attenzione e interesse.
Gli obiettivi della catechesi quaresimale sono necessariamente legati ai cammini di conversione del cuore, alle opere di misericordia e all’itinerario verso la Porta Santa di una chiesa giubilare.

Le “24 ore per il Signore”
È un invito forte, da celebrarsi nel venerdì e sabato che precedono la IV Domenica di Quaresima (4-5 marzo). È un invito soprattutto per i giovani, senza escludere nessuno tra i ragazzi e gli adulti. È una proposta da preparare con attenzione: la Chiesa illuminata anche in alcune ore della notte, momenti di preghiera e di silenzio, un sacerdote disponibile per il dialogo spirituale e per le Confessioni, animatori della preghiera e del canto capaci di aiutare a riflettere e a pregare sulla Parola di Dio.
Papa Francesco si augura che molti giovani «in tale esperienza, ritrovino il cammino per ritornare al Signore, per vivere un momento di intensa preghiera e riscoprire il senso della propria vita».

Il pellegrinaggio alla Porta Santa della misericordia
La Quaresima è anche il tempo favorevole per proporre a tutta la comunità il pellegrinaggio alla Porta Santa della Misericordia e ricevere l’Indulgenza plenaria del Giubileo.
La Porta Santa della Cattedrale o di una chiesa giubilare è il segno efficace della Misericordia del Padre: è il cuore misericordioso del Padre che si apre per accogliere tutti coloro che sentono il bisogno di fare l’esperienza dell’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza.
La Porta Santa della Misericordia viene raggiunta in pellegrinaggio perché la misericordia stessa è «una mèta da raggiungere». È un pellegrinaggio di conversione: «Attraversando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo a essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi».
Questo pellegrinaggio giubilare può essere fatto singolarmente. Ma la forma migliore è quella dell’intera comunità che insieme compie il cammino di conversione, insieme celebra l’incontro con la misericordia del Padre e insieme vive il desiderio e l’impegno di crescere nella misericordia per essere «misericordiosi come il Padre»

Le opere di misericordia
Nelle nostre comunità non si parte da zero! Quante opere di carità, di missionarietà, di solidarietà, di volontariato ecclesiale o sociale sono già presenti sul nostro territorio! Il tempo forte della Quaresima, in questo Anno Santo, chiede di dare nuovo impulso, di crescere in generosità, di rispondere alle nuove esigenze di solidarietà e di servizio verso chi è in difficoltà.
«È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo»: questo vivo desiderio di papa Francesco ci aiuta a comprendere che la testimonianza della misericordia conduce al cuore della «nuova evangelizzazione», di cui la Chiesa sente l’urgenza. Ed è anche la strada per «educarsi al pensiero di Cristo», come indicato dal nostro Arcivescovo come programma pastorale.

Il Signore conceda a tutte le nostre comunità di vivere la Quaresima secondo i desideri coraggiosamente indicati, nella luce della Parola di Dio.
di don Pino Marelli, Delegato arcivescovile 

sabato 6 febbraio 2016

1160 - LA MISERICORDIA


1159 - PRENDI IL LARGO

Quando il tuo battello ancorato da molto tempo nel porto
ti lascerà l'impressione ingannatrice di essere una casa,
quando il tuo battello comincerà
a mettere radici nell'immobilità del molo,
prendi il largo.
E' necessario salvare a qualunque prezzo
l'anima viaggiatrice del tuo battello e la tua anima di pellegrino.
E parti...
Partire è anzitutto partire da sé.
Rompere quella crosta di egoismo
che tenta di imprigionarci
nel nostro "io".
Partire è non lasciarci chiudere
negli angusti problemi
del piccolo mondo cui apparteniamo.
Qualunque sia l'importanza
di questo nostro mondo,
l'umanità è più grande
ed è solo essa che dobbiamo servire.
Partire: non divorare chilometri,
attraversare mari, volare
a velocità supersoniche.
Partire è anzitutto aprirci agli altri,
scoprirli, farci loro incontro.
Partire è aprirci alle idee,
comprese quelle contrarie alle nostre.
Significa mettersi in marcia
e aiutare gli altri a cominciare
la stessa marcia per costruire
un mondo più giusto e più umano
Dom Helder Camara

1158 - L'INFERNO IN SIRIA

“La Siria e l’Iraq come li conoscevamo, di fatto, non esistono più. I tradizionali punti di riferimento sono scomparsi. E non c’è solo il dramma dei profughi, ma anche quello degli sfollati, rimasti nel proprio paese: solo in Siria otto milioni”. Padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa dal 2004, è più pessimista del solito. Ne parliamo con lui al termine di un incontro organizzato da Avsi all’Università di Lettere di Roma e mentre percorriamo a larghe falcate via dei Volsci (negli anni Settanta tristemente nota per i sanguinosi scontri tra studenti ) proviamo a tracciare un quadro del nuovo risiko mediorientale.
Secondo questo atletico francescano di 51 anni la guerra non è l’unico problema. “Sono tornato da poco da Aleppo” racconta come un fiume in piena “e ho assistito a un bombardamento che ha causato 200 vittime fra cristiani e musulmani. Ogni comunità ha contato solo i suoi morti e quando ho raggiunto il parroco del quartiere distrutto, mi ha detto: “Con tutto quello che ci stanno facendo, vuoi che ci preoccupiamo anche dei musulmani?”. E, dall’altra parte, un Imam che conosco ha ribattuto: “Da anni vengono distrutte moschee in Iraq e Afghanistan e a voi cattolici non è mai importato nulla”. Ecco, una delle conseguenze più gravi di cinque anni di guerra è che è stato distrutto anche il tessuto sociale di convivenza”.
In Siria le comunicazioni e le strade sono interrotte: le vie principali sono in mano ai ribelli. Le grandi città hanno un unico accesso. Nelle zone controllate da Assad l’elettricità c’è sei ore al giorno. In altre, zero. Aleppo è senz’acqua. L’unico modo per attingerla sono i pozzi privati, ma senza corrente ci vogliono i generatori. Il gasolio è molto difficile da trovare e costosissimo. Il confine con la Turchia è completamente aperto e tutto arriva da lì, naturalmente con il contrabbando, ma bisogna avere i soldi per comprare. Mancano tutte le materie prime. Quest’anno l’inverno è stato lungo e rigido. E poi ci sono i missili che arrivano da ogni dove: esci e non sai se tornerai a casa.
Che fare? “Dopo quel bombardamento – risponde Pizzaballa – abbiamo celebrato noi i funerali e ho visto il carico enorme di dolore e impotenza. Era morta anche un’intera famiglia: madre, padre e due figli. Ecco, bisogna moltiplicare questo per migliaia di casi, ogni giorno, continuamente. Davanti a questo si cerca di aiutare com’è possibile. Ogni quartiere ha i suoi comitati di organizzazione per distribuire i viveri e raccogliere il denaro. Poi si cerca di individuare zone dove far riparare gli sfollati. Per esempio, dopo ogni bomba molte famiglie rimangono senza casa, perché l’onda d’urto distrugge. Allora occorre trovare luoghi dove ospitare: conventi, scuole. E lì bisogna organizzare le cucine, i materassi, i bagni. È tutto quello che si può fare”.
Secondo il custode di Terra Santa, i cristiani in Medio Oriente non sono nemmeno il primo obiettivo delle violenze e del terrorismo, ma chiaramente ne pagano le conseguenze, penalizzati dal ricordo del colonialismo per cui spesso si associa la fede ai colonizzatori occidentali. Molti credenti hanno abbandonato o stanno lasciando quelle terre, ma c’è chi rimane e difende con coraggio la propria fede anche in mezzo a violenze, povertà e persecuzioni. “Quello che so come religioso – aggiunge – è che posso stare a fianco della gente, aiutare: magari non ho sempre qualcosa da dare, ma posso stare lì, dire una parola o semplicemente un gesto di amore. Non si può fare altro ma sarà da quella realtà lì che si ricostruirà”.
Prima dell’incontro gli avevo chiesto qual era l’obiettivo immediato del suo essere in Medio Oriente davanti a tanta impotenza. “È un amore” aveva risposto. E poi: “Un amore che non è neanche perché le cose cambino, ma perché ci sono. Non ci sono tante altre ragioni. La ami e basta. Io non cambierò forse le sorti della guerra in Siria, ma cambierò quel poco che posso fare: avrò fatto del bene a quella donna che era rimasta senza gas o a quella famiglia che non aveva più verdura, frutta, latte. Qualcosa cambia. Non c’è nessuna circostanza che mi può impedire di vivere fino in fondo la mia vita. E va bene così”.
di Paolo Cremonesi, 5/02/2016 
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