Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 11 maggio 2013

808 - DOMENICA DOPO L'ASCENSIONE

Il brano evangelico riporta il versetto iniziale (1b) e la parte finale (20-26) di quello che viene identificato come l’ultimo dialogo tra Gesù, il Figlio, e il Padre. Qui il Signore Gesù chiede al Padre di custodire «in unità» quanti, a seguito della predicazione del Vangelo, crederanno in lui (vv. 20-23). Costoro devono formare «una sola cosa» esattamente come lui, il Figlio, e il Padre, sono «una sola cosa» (vv. 21; 22; 23). Il permanere dei discepoli nell’unità che, procedendo da quella tra le Persone Divine non è una semplice unione morale, è decisiva nella propagazione al mondo della fede in Gesù come l’Inviato di Dio per estendere ai credenti l’amore stesso con il quale il Padre ama lui, il Figlio (v. 23)! Il v. 24 contiene quella che possiamo chiamare l’ultima volontà di Gesù, che chiede al Padre di far partecipi i suoi discepoli, giunti definitivamente presso di lui, di quella condizione gloriosa propria del Figlio amato. I versetti conclusivi (25-26), riportano la constatazione del Signore circa la fede profonda dei discepoli in lui, come «mandato dal Padre» e la sua promessa di far loro conoscere il nome del Padre, vale a dire di portarli a sperimentare il suo amore che è lo stesso sperimentato dal Figlio.
Il testo evangelico ci trasporta nel cenacolo di Gerusalemme dove il Signore Gesù, consapevole che è giunta la sua “ora”, si rivolge al Padre con un dialogo filiale che è allo stesso tempo una preghiera nella quale coinvolge i suoi discepoli di allora e quelli di tutti i tempi.
Dialogo e preghiera nella quale, come dicono i versetti evangelici oggi proclamati, Egli porta tutti coloro che, credendo in lui, diventeranno i “suoi” e che, in vista della conversione del mondo, devono aspirare a vivere in quella unità che fa di essi «una sola cosa» come il Padre e il Figlio (Cfr. Vangelo: Giovanni, 17, 20-21). Si tratta di una prima formidabile “consegna” del Signore ai discepoli del cenacolo e ai discepoli di tutti i tempi tra i quali, a seguito del suo ritorno al Padre, egli non sarà più fisicamente presente.
Tale consegna è legata alla missione dei discepoli, quella di condurre l’intera umanità a credere che Gesù è l’Inviato dal Padre per rivelare a tutti la sua misericordiosa bontà nella quale è possibile trovare salvezza. E sarà proprio l’unità di fede e di amore tra i discepoli qui in terra, riproduzione dell’indicibile unità delle divine Persone, il segreto dell’efficacia della loro missione nel mondo (v.21).
È una consegna, quella della “perfezione nell’unità” (v. 23), sulla quale occorre fondare la nostra vita e soprattutto la vita delle nostre comunità ecclesiali, certi che la preghiera del Signore Gesù è infallibilmente esaudita dal Padre. Occorre, pertanto, guardarsi dal ricadere sotto la schiavitù del peccato che spezza il vincolo d’amore con il Padre e il Figlio e, di conseguenza, porta la “divisione” tra i credenti e nelle comunità ecclesiali.
A tale proposito conviene riflettere sul perché tante nostre comunità non sono più in grado di testimoniare la fede nel Signore Gesù e di contagiare in essa gli altri? Il motivo è che, queste, sono attraversate dal demone della divisione e della discordia che non rende credibile l’annuncio evangelico del disegno d’amore al quale il Padre convoca, per mezzo del suo Figlio, quanti ascoltano la sua parola.
Occorre pertanto attivare continuamente in noi il dono della “perfetta unità” che riceviamo nei divini misteri dalla grazia dello Spirito Santo domandando senza sosta a Dio di continuare a prendersi cura dei suoi fedeli , di sostenerli e di rianimarli «con la certezza del suo affetto di Padre» (Orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica). L’unità tra i suoi discepoli, così ricercata, implorata, donata e vissuta, è l’indispensabile premessa per la seconda richiesta di Gesù al Padre: «Voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io» (v. 24).
È la richiesta tesa alla partecipazione dei discepoli a quella “gloria”, ossia a quella condizione in cui contempliamo il Signore Risorto che il Padre «fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione» (Epistola: Efesini 1,20).
A tale riguardo l’Apostolo domanda a Dio di far comprendere ai fedeli di Efeso e, in essi, anche a noi «a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi» (v.18). Si tratta, se ben comprendiamo, della partecipazione della nostra persona, già da questa vita terrena, a quella condizione che, ora, possiamo contemplare nel solo suo Figlio asceso al cielo.
È la visione che meritò di avere il primo martire santo Stefano che, dopo aver reso testimonianza al Signore con la sua parola, gli rese testimonianza con il suo sangue: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio» (Lettura: Atti degli Apostoli 7,56). In Stefano viene così esaudita la volontà del Signore (cfr. Giovanni 17,24), così come è continuamente esaudita nell’infinita schiera di martiri, di testimoni e di discepoli che si succedono, lungo i secoli.
A noi che viviamo in questa condizione di vita fugace, ci doni il Signore di cominciare a sperimentare con fede certa la nostra partecipazione alla sua “gloria” di Figlio che contempliamo “faccia a faccia” nella celebrazione del mistero del suo amore che è l’Eucaristia. In essa deve brillare in tutta verità la perfezione di quella unità che ci lega in unum con il Padre per mezzo del Figlio perché il mondo creda. È ciò che ci ricorda il canto Al Vangelo: «Tutti siano una sola cosa, dice il Signore, e il mondo creda che tu mi hai mandato» (cfr. Giovanni 17,21).
A. Fusi