Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 17 settembre 2011

590 - TERZA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DEL PRECURSORE

Il brano di Luca 9,18-22 è immediatamente preceduto dal racconto dell’invio missionario dei Dodici e della moltiplicazione dei pani (Luca 9,1-17) ed è seguito dall’insegnamento su cosa significhi essere discepoli del Signore (Luca 9,23-27).
Tutta la sezione intende condurre a una più profonda conoscenza di Gesù a partire proprio dal nostro testo che riporta le parole con cui Pietro riconosce in Gesù il Messia (vv. 18-20) e quelle con cui Gesù annuncia, per la prima volta, la sua passione e morte (vv. 21-22).
Il riconoscimento di Pietro è però preceduto dall’importante precisazione che esso avviene mentre Gesù «si trovava in un luogo solitario a pregare» (v. 18). L’evangelista Luca ama collocare gli avvenimenti più significativi che vedono Gesù come protagonista nel contesto della preghiera, cosa questa, da annotare da parte di coloro che intendono farsi suoi discepoli.
In un primo momento Gesù chiede ai discepoli: «Le folle, chi dicono che io sia?» ottenendo, in pratica, la stessa risposta che veniva data al re Erode incerto su cosa pensare di Gesù (Luca 9,7). Nell’“opinione” corrente tra il popolo Gesù sarebbe Giovanni il Battista, o Elia, o «uno degli antichi profeti che è risorto» (v. 19)
Ora la domanda è direttamente rivolta ai discepoli che Gesù sta preparando a diventare i futuri capi della sua comunità: «Ma voi, chi dite che io sia?». La risposta è data da Pietro che dovrà assumere un ruolo speciale nel gruppo stesso dei discepoli e dei Dodici: «Il Cristo di Dio» (v. 20) ovvero riconosce in Gesù “l’unto di Dio” e, dunque, il Messia annunziato e promesso da Dio e la cui venuta era particolarmente tenuta desta in Israele al tempo di Gesù.
Luca omette l’ampia replica di Gesù riportata in Matteo 16,17-19 e subito passa a chiarire come dovrà essere riconosciuto Gesù nella sua identità messianica. Un Messia non certo trionfante ma “sofferente”. Di qui la prima predizione della sua passione (v. 22) nella quale Gesù si attribuisce il non immediatamente comprensibile titolo di “Figlio dell’uomo” di origine profetica (cfr. Ezechiele 2,1.3ss. e Daniele 7,13) che contraddistingue proprio il Messia sofferente ma anche il Giudice della fine dei tempi.
Con i due verbi che dicono “sofferenza” e “rifiuto” viene annunziato senza ambiguità di sorta cosa attende il Messia secondo i misteriosi disegni divini di salvezza indicati nel verbo “deve”! Sono anche individuati negli “anziani”, nei “capi dei sacerdoti” e negli “scribi” ovvero nei componenti il Sinedrio che aveva competenza in materia religiosa per tutti i Giudei, gli autori delle molte sofferenze e del doloroso “rifiuto” del Messia da parte del suo popolo. Il culmine delle sofferenze è raggiunto con la “morte” del Cristo destinato però alla risurrezione “il terzo giorno”.
Il peculiare contesto liturgico nel quale è proclamato porta a evidenziare, nel brano evangelico, il riconoscimento ovvero la “testimonianza” resa da Pietro a Gesù e che deve portarci a fare altrettanto riconoscendo e testimoniando nella nostra vita con la parola e il comportamento che Gesù è “il Cristo” di Dio.
Tutte le divine promesse riguardanti Israele e, in esso, tutti i popoli della terra, si sono avverate nella venuta nel mondo di Gesù, il Figlio, come Messia potente. è lui in verità la “radice di Iesse” che il Profeta dice sarà come «un vessillo per i popoli» e che «le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa» (Lettura: Isaia 11,10).
E' lui la “mano” con la quale Dio riscatterà il suo popolo. è lui, in persona, nell’ora della croce, il “vessillo” che Dio alzerà «tra le nazioni e raccoglierà gli espulsi d’Israele; radunerà i dispersi di Giuda dai quattro angoli della terra» (v. 12).
Non diversa è la testimonianza che Paolo offre di Cristo «venuto nel mondo per salvare i peccatori» dei quali egli si ritiene “il primo”. In lui, prima «un bestemmiatore, un persecutore, un violento» (Epistola: 1Timoteo 1,13), Gesù ha dimostrato «tutta quanta la sua magnanimità» facendo di Paolo un «esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna» (v. 16). La celebrazione eucaristica memoriale attuativo della morte e risurrezione del Signore è il luogo dove ci è dato di “riconoscere” Gesù, di professare la nostra fede in lui e di testimoniare che la salvezza e la riconciliazione sono stabilite proprio in colui che ha subito “molte sofferenze”.
Essa è pure il luogo dove impariamo cosa comporti in concreto la sequela del Signore come “discepoli”: accettare di seguirlo nella via della sofferenza, della morte e persino del “rifiuto”. In tal modo la comunità dei discepoli, la Chiesa, diviene quel “vessillo” attorno al quale tutti sono chiamati a radunarsi per ottenere vita e salvezza.
(A. Fusi)