Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

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martedì 30 giugno 2009

41 - LA FAME NEL MONDO

La fame è una morte lenta e si­lenziosa, e la fame sta au­mentando nel mondo. Siamo al massimo storico. Lo denuncia la Fao: secondo una stima, nel 2009 saranno 1,02 miliardi le persone che soffriranno per mancanza di cibo. Una cifra che supera di oltre 100 mi­lioni il livello del 2008. È, dunque, un sesto della popolazione mon­diale.

La situazione è drammatica anche nei Paesi sviluppati: sono 15 milioni le persone affamate. «L’at­tuale situazione dell’insicurezza a­limentare nel mondo non ci può la­sciare indifferenti – è l’appello di Jacques Diouf, direttore generale della Fao – le nazioni povere devo­no essere dotate degli strumenti e­conomici e politici necessari a sti­molare la produzione e la produt­tività del loro settore agricolo. Gli investimenti in agricoltura – ag­giunge Diouf – devono aumentare perché per la maggioranza dei Pae­si poveri un settore agricolo in buo­ne condizioni è essenziale per com­battere i problemi della fame e del­la povertà, ed è anche un prerequi­sito indispensabile per la crescita e­conomica generale».


Il numero delle persone affamate è aumentato nei periodi 1995- 97 e 2004-06 in tutte le regioni del mon­do, esclusa l’America Latina e i Ca­raibi. Quasi l’intera popolazione sottonutrita vive in Paesi in via di sviluppo (ma, come si è detto, il pro­blema esiste anche in quelli svilup­pati): in Asia e nel Pacifico circa 642 milioni di persone soffrono di de­nutrizione cronica; nell’Africa Sub Sahariana 265 milioni; nel Vicino O­riente e nel Nord Africa 42 milioni.

Contrariamente a quanto si possa immaginare, questo aumento del­la fame non è la conseguenza di rac­colti non soddisfacenti, ma della cri­si economica globale che ha ridot­to i redditi e aumentato la disoccu­pazione. Il che ha diminuito, ovvia­mente, le possibilità di accesso al cibo per i poveri. È questa la spie­gazione data dall’agenzia delle Na­zioni Unite. A contribuire è anche la riduzione delle rimesse degli emi­grati nei loro Paesi di origine. Nel 2008 e nei primi sei mesi di que­st’anno, il calo è stato sensibile ed ha causato una riduzione delle ri­serve estere e dei redditi familiari. « La diminuzione delle rimesse – spiega la Fao – insieme al previsto declino degli aiuti ufficiali allo svi­luppo, ridurrà ulteriormente la ca­pacità dei Paesi di avere accesso al capitale necessario a sostenere la produzione e a creare reti di sicu­rezza e schemi di protezione socia­le per i poveri». Va poi considerato un altro feno­meno: l’aumento dei prezzi. La Fao nota che quelli dei generi alimen­tari di base, sebbene siano dimi­nuiti, restano ancora più alti del 24 per cento rispetto al 2006, e del 33 per cento rispetto al 2005. È suc­cesso infatti che mentre i prezzi a­limentari sui mercati internazionali sono diminuiti nel corso degli ulti­mi mesi, quelli interni nei Paesi in via di sviluppo sono scesi assai più lentamente e sono rimasti più alti in media del 24 per cento alla fine del 2008 rispetto al 2006.


La maggioranza dei poveri e degli affamati nel mondo è costituita da piccoli contadini dei Paesi in via di sviluppo. Kanayo F. Nwanze, presi­dente del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, fa però notare un paradosso: «Pur essendo conta­dini – dice – avreb­bero il potenziale non solo per garan­tire la propria sussi­stenza, ma anche per accrescere la si­curezza alimentare e stimolare una più vasta crescita eco­nomica. Per rende­re effettivo questo potenziale – aggiunge – e ridurre il numero delle persone vittime del­la fame nel mondo, i governi, assi­stiti dalla comunità internaziona­le, devono proteggere gli investi­menti di base nel settore agricolo, in modo da garantire ai piccoli con­tadini l’accesso non solo a semen­ti e fertilizzanti, ma anche a tec­nologie più adatte, infrastrutture, schemi di finanza rurale e merca­ti ». È un chiaro appello a tutti i Paesi che danno vita a queste orga­nizzazioni, perché la fame è un problema non solo per quelli che la soffrono, ma per tutto il genere u­mano.

(Giovanni Ruggiero Avvenire, 20 giugno 2009)

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