Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 28 ottobre 2011

607 - II DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE

Il testo evangelico di Matteo 13,47-52conclude la serie delle parabole del regno dei cieli che occupano l’intero tredicesimo capitolo. Quella oggi proclamata, vale a dire la parabola della rete, occupa i vv. 47-48, ai quali fa seguito la spiegazione ai vv. 49-50. I vv. 51-52 rappresentano la conclusione dell’intero discorso in parabole, che interpella la comprensione dei discepoli (v. 51) ed esorta quanti si mettono alla scuola di Gesù per diventare suoi discepoli a fare come lo scriba capace di attualizzare “oggi” gli insegnamenti del Maestro.
La parabola prende spunto da ciò che avviene nel mestiere dei pescatori dove, una volta tirata a riva la rete precedentemente calata in acqua, si opera una cernita tra i pesci commestibili e quelli che non lo sono sia perché ritenuti cattivi sia perché proibiti dalle prescrizioni della Legge: «Tutto ciò che non ha né pinne né squame nelle acque sarà per voi obrobrioso» (Levitico 11,12).
Proprio questo gesto dei pescatori che separano i pesci buoni da quelli cattivi che stavano insieme nella stessa rete è colto dalla spiegazione della parabola fatta con il ricorso a immagini proprie al genere letterario dell’apocalittica giudaica del tempo di Gesù. Essa allude al giudizio finale «alla fine del mondo», che vede come protagonisti gli angeli, sempre presenti nel linguaggio apocalittico riguardante il giudizio. Esso viene in pratica descritto come una separazione il cui esito qui sembra riguardare soltanto «i cattivi», che sono destinati alla rovina eterna significata nell’immagine della «fornace ardente» e dello «stridore dei denti» (v. 50).
Nella parabola, invece, i pescatori mettono i pesci buoni «nei canestri» (v. 48) che, verosimilmente, rappresentano la sicurezza della salvezza e della felicità eterna per gli uomini giudicati “buoni” perché fedeli a Dio e alla sua Legge, che il Signore Gesù ha tutta racchiusa nella carità. La domanda conclusiva ai discepoli: «Avete compreso tutte queste cose?» (v. 51) riguarda la comprensione dei «misteri del regno» (cfr. Matteo 13,11) ovvero delle «cose nascoste» (13,35) che soltanto chi si fa discepolo può capire.
Questi, come insegna la breve parabola dello «scriba divenuto discepolo del regno dei cieli», è in grado di estrarre dal deposito prezioso che dimora in lui come ascoltatore del Maestro divino «cose nuove e cose antiche» (v. 52), ossia di attualizzare l’insegnamento del Signore nelle mutevoli circostanze dei tempi e dei luoghi. Proclamata nel tempo liturgico segnato dalla contemplazione del mistero della Chiesa, l’odierna pagina evangelica ci dice il carattere universale di essa che, come «la rete gettata nel mare» è destinata ad accogliere in sé tutti gli uomini senza curarsi di emettere su di essi giudizi e “separazioni” preventivi.
Questi, come abbiamo imparato dalla spiegazione della parabola, sono rimandati agli ultimi tempi e sono riservati a Dio stesso. Ora la rete deve essere piena! Del resto già nella pagina profetica di Isaia è annunciato con evidente chiarezza l’universale chiamata dei popoli all’unica salvezza donata dal solo unico Dio: «Non sono forse io il Signore? Fuori di me non c’è altro dio; un dio giusto e salvatore non c’è all’infuori di me» (Lettura: Isaia 45,21). Di qui il pressante invito rivolto da Dio a tutte le genti: «Volgetevi a me e sarete salvi» (v. 22).
Queste parole profetiche si sono realizzate effettivamente nella persona del Signore Gesù che è venuto nel mondo ad abbattere i muri di separazione e a raccogliere l’umanità dispersa in una sola famiglia: quella dei figli di Dio. Ed è ciò che egli continua a fare tramite la Chiesa i singoli fedeli e, dunque, ciascuno di noi, esortati dall’Apostolo a rimanere «saldi nel Signore» (Epistola: Filippesi 4,1) e a rifuggire da sentimenti e da atteggiamenti propri a quanti «si comportano da nemici della croce di Cristo… e si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra» (Filippesi 3,18.19) incuranti del Regno e della salvezza. In questo caso, nell’ora del giudizio, come i pesci ritenuti “cattivi”, saremo “gettati via” (Matteo 13,48) ovvero andremo incontro “alla perdizione” (Filippesi 3,19).
Per questo così preghiamo nell’orazione All’Inizio dell’Assemblea liturgica: «Abbi misericordia, o Dio, dei tuoi servi ed effondi su noi la varietà dei tuoi doni; tieni viva e ardente nel nostro cuore la fiamma delle fede, della speranza, della carità, perché ci sia dato di perseverare con vigile impegno nell’osservanza della tua legge» che è l’amore che ha fatto della Chiesa il segno visibile della partecipazione delle genti alla salvezza in Cristo Signore.
A. Fusi