Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 20 gennaio 2012

644 - III DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

È caratterizzata, nella nostra tradizione liturgica ambrosiana, per la proclamazione evangelica del miracolo della moltiplicazione dei pani inteso come segno epifanico del mistero di Cristo.
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Lettura: Numeri 11,4-7.16a.18-20.31-32
Il brano si riferisce al dono della manna (Esodo 16,2-31) che ogni notte cadeva sull’accampamento del popolo di Israele in marcia nel deserto dopo la liberazione dall’Egitto e l’alleanza al Sinai. I vv. 4-7 riportano le lamentele del popolo che brama di avere carne da mangiare al punto da rimpiangere la precedente condizione di schiavitù in terra egiziana.
Nei vv. 18-20 si ode il rammarico di Dio nei riguardi del suo popolo che lo ha respinto e al quale, comunque, promette che mangerà la carne tanto desiderata. I vv. 31-32a infatti descrivono il prodigio dell’arrivo sull’accampamento di un numero incalcolabile di quaglie che il popolo si affrettò a raccogliere con ingordigia «tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo», come se diffidasse della prodigalità di Dio più volte sperimentata.
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Epistola: 1 Corinzi 10,1-11b
Nei primi quattro versetti l’Apostolo evoca i prodigi operati da Dio in favore del suo popolo liberato dalla schiavitù d’Egitto: la nube che li accompagnava nella loro marcia nel deserto (Esodo 13,21; 14,24) era il segno della sua presenza protettrice; il passaggio del Mar Rosso (Esodo capitoli 14 e 15); il cibo miracoloso donato da Dio: manna e quaglie (Esodo 16) così come l’acqua dalla roccia (Esodo 17 e Numeri 20) identificata dall’Apostolo nella persona di Cristo.
Il v. 5 mostra come purtroppo il popolo, pur in presenza di prodigi così grandi, non si è mantenuto fedele a Dio meritando giusta punizione. Di qui l’esortazione dell’Apostolo a non cadere negli stessi errori del popolo d’Israele andando così incontro alla punizione divina (vv. 6-11b).
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Vangelo Matteo 14,13b-21
Il brano si apre al v. 13 con la partenza di Gesù, via lago, verso «un luogo deserto» dopo aver saputo dell’uccisione di Giovanni Battista da parte del re Erode Antipa (vv. 1-12) e dove le folle tuttavia lo raggiungono. Il v. 14 mette in luce la compassione di Gesù verso la gente che lo segue che si concretizza nella guarigione dei loro malati.
Il v. 15 avvia il racconto della prima moltiplicazione dei pani ricordata dall’evangelista Matteo (cfr. 15,32-38) con il dialogo tra i discepoli e Gesù che li invita a sfamare loro stessi la folla (v. 16) e si fa portare i cinque pani e i due pesci (vv. 17-18).
La loro moltiplicazione è scandita da alcuni gesti del Signore che ritroviamo nella preghiera eucaristica: prese i cinque pani e i due pesci; alzò gli occhi al cielo; recitò la benedizione; spezzò i pani e li diede ai suoi discepoli e questi alla folla.
Il racconto si conclude ai vv. 20-21 con la constatazione dell’eccezionale numero della gente sfamata e della sovrabbondanza del gesto di Gesù: «Tutti mangiarono a sazietà»; con i pezzi avanzati vengono riempite «dodici ceste piene», numero, questo, dell’abbondanza, della completezza e della definitività del dono divino.
La tradizione orante della nostra Chiesa ambrosiana ai “segni” epifanici di Cristo quali la rivelazione ai Magi, il Battesimo al Giordano, l’acqua mutata in vino alle nozze di Cana, aggiunge in modo originale quello della moltiplicazione dei pani. A questi doni sublimi allude il Prefazio quando rivolgendosi a Dio afferma: «Nessun momento mai trascorre senza i doni del tuo amore, ma in questi giorni, dopo che abbiamo rivissuto la venuta tra noi del Signore Gesù e tutti i prodigi della redenzione, si fa più chiara e viva la coscienza delle passate gioie e dei beni presenti».
Quello della moltiplicazione dei pani è un evento cristianamente interpretato come compimento del prodigio della manna fatta piovere da Dio sul suo popolo in marcia nel deserto (vedi Lettura) e ben noto all’Apostolo Paolo che lo cita tra gli eventi dell’Esodo nell’Epistola oggi proclamata. Se nel deserto, attraverso la mediazione di Mosè, Dio viene incontro alle lamentele del suo popolo donando con la manna anche le quaglie, ora è il suo Figlio che si rivela dotato degli stessi poteri di Dio e attento alle necessità anche terrene di quanti lo seguono.
Il testo evangelico parla espressamente dell’intima compassione avvertita da Gesù per la gente che lo cerca e viene loro incontro con la guarigione dei malati e soprattutto con il dono di un cibo prodigioso da lui procurato a partire dai cinque pani e i due pesci recuperati dai discepoli. Ben si addicono perciò a lui le parole riservate a Dio: «Misericordioso e pietoso è il Signore. Egli dà il cibo a chi lo teme, si ricorda sempre la sua alleanza» (Canto Al Vangelo).
Se il gesto compiuto da Gesù si riallaccia agli eventi dell’Esodo, questi risultano ora nettamente superati in quanto il cibo da lui distribuito, a ben guardare, rimanda a un cibo non materiale che egli darà e che noi sappiamo essere il suo Corpo e il suo Sangue, nutrimento di vita eterna.
A tale interpretazione eucaristica ci spingono infatti i gesti di Gesù sottolineati con i verbi: prese i pani; alzò gli occhi al cielo; recitò la benedizione; spezzò i pani e li diede ai discepoli. Sono i gesti e i verbi che accompagnano il momento culminante di quella Cena, l’ultima, nella quale il Signore, prima di consegnarsi alla morte, per tutti noi donò se stesso come cibo e bevanda di salvezza nei segni del pane e del vino.
Con la moltiplicazione dei pani e dei pesci Gesù si rivela pertanto pari del Dio dell’Esodo, il capo e la guida non di un popolo soltanto ma dell’intera umanità. Per amore o compassione di essa, infatti, è venuto a noi dal Padre, si è chinato premuroso a guarire le ferite dell’uomo con la predicazione del Vangelo e ha donato un cibo capace di sostenerlo nel cammino attraverso il deserto di questa vita terrena sino alla vita eterna ovvero alla comunione con lui e con il Padre. Un cibo che egli continua a donare con sovrabbondanza nella sua Parola e nei santo misteri che la sua Chiesa non cessa di annunziare e celebrare.
A.Fusi