Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 27 settembre 2013

849 - V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Il brano di Luca 6,27-38 fa parte del cosiddetto “discorso della pianura” (6,17-49) che Gesù pronuncia, dopo l’elezione dei dodici apostoli, davanti ai suoi discepoli e alla folla. Si noti come egli si rivolga dapprima: «A voi che ascoltate», a quanti cioè aprono il cuore e la mente alla sua parola (v.27), e avvia il suo discorso riguardante il comportamento dei suoi discepoli improntato essenzialmente alla misericordia (vv. 28-34), incorniciato dai detti relativi all’amore per i nemici rispettivamente al v. 27 e al v. 35a. Tutto però poggia sul fatto che un simile amore rivela, in chi lo vive, la figliolanza dell’Altissimo, di Dio, il quale «è benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (v. 35). Ciò viene poi ripetuto al v. 36 dove la misericordia di Dio è indicata come misura della misericordia del discepolo. Ad esso seguono alcuni detti sul giudizio, sul perdono e sulla generosità del dono (vv. 37-38).
Le Scritture offrono una chiara testimonianza alla carità di Dio verso tutti gli uomini che si è resa visibile nel donare al mondo il suo Unico Figlio, Gesù.
Egli nella sua vita terrena ha predicato il Vangelo della salvezza destinata anche ai peccatori, ai piccoli e agli ultimi che, perciò, ha fatto oggetto di speciale attenzione e amore. Egli si è premurato di mettere in luce nella sua parola e nelle sue azioni che nessuno, proprio nessuno, è escluso dalla salvezza che Dio offre in lui, il Figlio amato!
Con ciò Gesù porta a compimento quanto i profeti avevano annunciato a proposito delle grandi cose che Dio ha in serbo non solo per il suo popolo, ma anche per gli stranieri e perfino per gli eunuchi (Lettura: Isaia 56) che «preferiscono quello che a me piace e restano fermi nella mia alleanza» (v. 4).
Stranieri ed eunuchi nel contesto della società del tempo del profeta rappresentano il gradino più basso e, di fatto, sono considerati degli estranei, esclusi perciò dalla discendenza di Abramo e dalle promesse, impossibilitati a rendere culto all’unico Dio, il Dio di Israele. Gli eunuchi, in particolare, impossibilitati a generare, sono destinati all’insignificanza e all’oblio perenne.
Eppure, a quanti di essi si aprono alla volontà di Dio e praticano perciò la “giustizia” (v. 2), Dio promette di dare un «nome eterno» che non sarà mai cancellato dalla memoria del popolo (cfr.v. 5) e di gradire le loro preghiere e le loro offerte, ammettendoli così a celebrare il culto nel suo Tempio che, perciò, diviene «casa di preghiera per tutti i popoli» (v. 7).
Il Signore Gesù, principalmente nella sua Pasqua, compiendo l’antica profezia, ha radunato senza preclusioni di sorta nella sua comunità, la Chiesa, quanti, pur appartenenti a popoli diversi per lingua e cultura, volgono il cuore a lui e al suo Vangelo.
Ciò si concretizza nell’accoglienza delle sue parole e della sua Legge che è illustrata nella pagina evangelica oggi proclamata. In essa viene data la norma suprema della carità declinata in atteggiamenti e comportamenti umanamente inconcepibili come l’amore verso i nemici, «il fare del bene a quelli che vi odiano, il benedire coloro che vi maledicono, il pregare per coloro che vi trattano male» (Vangelo: Luca 6,27-28).
Questa norma che Gesù consegnò ai suoi discepoli e, tramite essi, a tutti coloro che nei secoli vorranno seguirlo, è stata da lui praticata per primo nel dare la sua stessa vita per gli uomini, tutti indistintamente “morti” a causa del peccato e anche per quelli a lui ostili al punto da consegnarlo a una morte violenta e infamante. In ciò egli ha rivelato il comportamento di Dio stesso il quale, “giustamente” dovrebbe condannare il mondo alla rovina eterna mentre, inaspettatamente, si mostra «benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (v. 35) concedendo il suo perdono nel suo Figlio crocifisso.
Tocca ora alla sua Chiesa mostrare e testimoniare il volto di Dio che Gesù ha rivelato nella sua persona e nella sua vita così che tutti i suoi membri appaiono effettivamente, quali sono per grazia, «figli dell’Altissimo» (v. 35) come lui, cioè, pronti al perdono e misericordiosi.
In epoca apostolica, Paolo ha tradotto la norma del Signore nell’esortazione data alla comunità di Roma composta da ebrei convertiti e da pagani e, quindi, difficilmente amalgamabili: «Accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio» (Epistola: Romani 15,7) e, perciò, supplica il Signore di concedere ad essi «di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (v. 5-6). Si tratta di una norma tra le più difficili per noi da osservare, di fatto impossibili se non interviene un dono dall’Alto.
Del resto anche l’antico orante si domandava: «Come potrà un giovane tenere pura la sua via?», ossia vivere in fedeltà i precetti del Signore (Salmo 118,9)? La risposta è contenuta nei versetti successivi: «Con tutto il mio cuore ti cerco: non lasciarmi deviare dai tuoi comandi» (v. 10).
Cercare il Signore con tutto il cuore, chiedere a Dio di insegnarci i suoi decreti e di far sì che riponiamo in essi la nostra gioia e la nostra delizia, non più, dunque, nella gioia e nelle delizie effimere che ci procura l’assecondare il nostro cuore cattivo. È ciò che abbiamo domandato all’inizio dell’assemblea liturgica: «Signore, ascolta la mia voce! Di te il mio cuore ha detto: Cerca il suo volto! Io cercherò il tuo volto, Signore; non ti celare mai!» (Canto All’Ingresso) e per cui abbiamo pregato prima dell’offerta del Corpo e del Sangue del Signore: «Infondi, o Dio, nei tuoi figli una grande e forte capacità di amare, perché sappiano serbarsi fedeli all’insegnamento del vangelo e possano vivere sempre nella carità e nella pace» (Orazione Sui doni). 
A. Fusi