Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 3 giugno 2011

550 - DOMENICA DOPO L'ASCENSIONE

Il brano di Luca 24,13-35 si riallaccia a ciò che leggiamo al v. 11 riguardante il sostanziale rifiuto da parte degli apostoli e dei discepoli a dare credito a ciò ch avevano loro riferito “le donne” a proposito dell’incontro con il Risorto presso il sepolcro.
Anche i due discepoli protagonisti dell’odierno racconto, come è facile riscontrare al v. 21, non danno credito alla testimonianza delle donne. Essi sono presentati mentre, in cammino verso Emmaus, parlano tra di loro degli eventi tragici accaduti in Gerusalemme al loro Maestro, vale a dire la sua morte in croce e la scoperta della sua tomba vuota (v. 14). Senza ulteriori precisazioni viene detto che «Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro» (v. 15), ma, come è facile capire, non erano in grado di riconoscere Gesù (v. 16) a motivo della loro poca fede che li ha gettati nella delusione e nello sconforto.
Alla domanda a essi rivolta dallo sconosciuto compagno di viaggio (v. 17) segue ai vv. 21-24 la risposta di uno dei discepoli che rappresenta un annunzio “evangelico” incentrato sulla condanna a morte di Gesù, che essi sono per ora in grado di definire come «profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo» (v. 19) e a quanto sembra come il Messia atteso quale liberatore potente e restauratore del Regno d'Israele.
Al v. 24 apprendiamo che anche altri “discepoli” pur avendo visto il sepolcro vuoto come avevano detto le donne, vivono la stessa delusione dei due mesti viandanti e rimangono chiusi all’adesione di fede a quanto il Signore aveva pure tante volte detto loro circa l’ineluttabilità della sua “morte” e, dunque, della sua risurrezione, peraltro, annunziata dai Profeti.
Proprio questo è il compito assunto dal misterioso compagno di viaggio: ricordare loro, non senza averli rimproverati come «stolti e lenti di cuore a credere» (v. 25) come il Cristo “doveva patire queste cose»,quelle che essi avevano richiamate al viandante (v. 20) vale a dire le sofferenze, il ripudio della sua gente e la morte obbrobriosa sulla croce e che, in realtà, sono il passaggio per «entrare nella sua gloria», quella del Signore risorto.
Con queste parole il Signore apre ai due discepoli di Emmaus l’intelligenza delle Scritture, rivelatrici essenzialmente dei divini disegni di salvezza, che hanno la loro sintesi e il loro compimento nella Pasqua di morte e di risurrezione del Figlio unigenito.
Questo atteggiamento del Signore è stato così consegnato alla Chiesa, la quale specialmente nel suo raduno eucaristico legge e interpreta autorevolmente le Scritture alla luce dell’“insegnamento” ricevuto dallo stesso suo Signore e continuamente reso vivo in essa dal dono dello Spirito Santo.
Una chiara testimonianza in tal senso è oggi data nel Prefazio che rilegge così il mistero della nostra salvezza in Cristo: «Per riscattare la famiglia umana il Signore Gesù si degnò di nascere in mezzo a noi e vinse il mondo con il suo dolore e la sua morte. Risorgendo nella gloria, ci aprì il cammino della vita eterna e nel mistero della sua ascensione ci ridonò la speranza di entrare nel regno dei cieli».
Si comprende così l’ardire dei due viandanti che quasi costringono il loro interlocutore a “restare” con loro, essendo oramai calata la notte (v. 29), nella quale è lecito vedere qualcosa di più della concreta mancanza di luce. è l’intera comunità dei credenti che attraversando i tempi sperimenta l’ora oscura della prova, della persecuzione e, perciò, supplica il Signore: «Resta con noi, perché si fa sera».
L’intero racconto ha il suo culmine nei vv. 30-32 che mostrano Gesù a mensa con i due discepoli nell’atto di compiere quei gesti a essi familiari, quali il prendere il pane nelle sue mani, pronunziare su di esso la preghiera di benedizione, spezzarlo e distribuirlo. Sono questi i gesti che hanno aperto “i loro occhi” e sono i gesti che nel raduno eucaristico aprono i nostri occhi, ovvero ci donano di riconoscere in quel pane spezzato e donato il Signore Gesù che ha “sofferto” e che è“entrato nella sua gloria” mostrando così anche a tutti i suoi discepoli la “via”.
Se la spiegazione delle Scritture apre l’intelligenza della fede, sono le parole e i santi segni eucaristici a permettere di “vedere” il Signore e ad avvertire un fuoco d’amore per lui che, come avviene per i due discepoli, dà le ali al nostro cuore e all’esigenza insopprimibile di annunziare ciò che abbiamo “ascoltato” e “visto” e che ci fa dire:«Davvero il Signore è risorto» (v. 34).
La mensa attorno alla quale siedono Gesù e i due discepoli, pertanto, sta all’origine di ogni adunanza dei credenti. La Lettura infatti mostra la prima comunità formata anzitutto dagli apostoli come perseveranti e concordi nel raduno e nella preghiera insieme «ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui» (Atti degli Apostoli 1,14).
A questa comunità noi ancora guardiamo e a essa ci ispiriamo quando non anteponiamo alcuna cosa al nostro stare insieme, non solo fisicamente ma uniti nel cuore e nello spirito, perché il Signore continui a far ardere il nostro cuore mentre ascoltiamo le divine Scritture, a stare con noi nell’ora oscura della storia, a offrirci il pane di vita che è il suo corpo offerto sulla croce e che ora vive immortale.
A tale proposito accogliamo il monito dell’apostolo Paolo che, esortandoci a cercare unicamente sul volto di Cristo, il Crocifisso|Risorto, la «conoscenza della gloria di Dio» ci avverte di non farci accecare la mente dal «dio di questo mondo», in modo da poter annunciare con efficacia «lo splendore del glorioso Vangelo di Cristo che è immagine di Dio» (Epistola: 2Corinzi 4,3.6).
(A. Fusi)