Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 18 febbraio 2012

653 - ULTIMA DOMENICA DOPO L'EPIFANIA

È la domenica detta “del perdono” e precede immediatamente la Quaresima. Essa, pertanto, chiude, con il tempo dopo l’Epifania, il tempo liturgico avviato dall’Avvento e incentrato sul mistero dell’Incarnazione e della Natività del Signore.
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Isaia 54,5-10: Il brano si riferisce alla volontà di Dio di ristabilire Gerusalemme dopo la sua distruzione a opera dei Persiani (597 a.C.) e la deportazione del popolo. Il ristabilimento è qui indicato nella rappresentazione di Dio come Sposo del suo popolo (v. 5) che a causa della sua perversione viene abbandonato per «un breve istante». L’amore di Dio però è più grande e, perciò, torna a mostrarsi e a prendersi cura di esso «con affetto» perenne (vv. 7-8). Un affetto a cui Dio non verrà mai più meno per nessuna ragione (vv. 9-10).
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Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 14,9-13: Il contesto dal quale è preso il brano è quello riguardante l’esortazione rivolta dall’Apostolo ai fedeli di Roma ad avere carità gli uni verso gli altri accogliendosi nelle diversità di osservanza di alcune pratiche ascetiche come ad esempio il digiuno o l’astinenza da alcuni alimenti. La regola dunque è la rinuncia al giudizio e al disprezzo dell’altro (v. 10) nella consapevolezza che chi giudica tutti è solo Dio (vv. 11-12, cfr. Is 45,23; 49,18).
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Lettura del Vangelo secondo Luca :18,9-14: Il v. 9 dice la motivazione della parabola con la quale Gesù stigmatizza il modo di pensare di alcuni nei quali, come si vedrà al v. 10, è facile riconoscere i farisei convinti di essere giusti davanti a Dio a motivo della formale e presunta osservanza della Legge. Per questo erano portati a sentirsi superiori e, quindi, al disprezzo degli altri.
A ben guardare la preghiera del fariseo (vv. 11-12) a partire dalla posizione eretta, è in realtà un’autoglorificazione e celebrazione della devota osservanza di alcuni precetti quali il digiuno e il pagamento assai generoso delle decime dovute al Tempio (cfr. Deuteronomio 14,22-29).
La preghiera del pubblicano (v. 13), appartenente a una categoria di gente con la quale il fariseo non aveva nessun contatto perché ritenuti legalmente peccatori, denota a partire dagli atteggiamenti esterni: la distanza che pone tra sé e Dio, la faccia a terra, il percuotersi il petto, la verità delle sue parole con le quali riconosce la sua condizione di peccatore e dunque l’abbandono alla misericordia di Dio.
La conclusione di Gesù al v. 14 ribalta le posizioni iniziali: chi stava eretto viene ora abbassato mentre chi si era posto in tutta umiltà viene esaltato ricevendo la giustificazione, ossia la gratuita certificazione del perdono datagli da Dio.
Nel mistero del suo Natale il Signore si è manifestato nel mondo come il Figlio unico rivelatore di Dio e portatore del suo disegno di universale salvezza. Ciò che egli ha effettivamente compiuto nell’ora della sua Pasqua nella quale ha rivelato Dio stesso nel cui cuore arde l’amore per tutti gli uomini a lui sottratti dal potere del male che li soggioga.
Nella Lettura il profeta non esita a paragonare Dio a uno sposo che, a motivo dell’infedeltà della sua sposa, ossia Israele suo popolo, «in un impeto di collera» l’ha «abbandonata», le «ha nascosto il suo volto». Per poco, però, per un breve istante (Isaia 54,5-10). Al suo popolo Dio stesso rivela di sentire per lui «un affetto perenne» (v. 8) che lo porta ad avere pietà di lui sempre e comunque. Un affetto così grande che «Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto» (v. 10).
È questo incredibile affetto di Dio per il suo popolo come rappresentante dell’intero genere umano a indurlo a mostrare a tutti visibilmente il suo volto in Cristo suo Figlio: il volto di un Dio che largamente perdona e che a tutti vuole usare misericordia rinunziando a far ricadere, come ai tempi di Noè (Isaia 54,5-10) il meritato castigo.
Misericordia di cui ha bisogno ogni uomo senza eccezione dal momento che nessuno è in grado, con la sua forza, di ristabilire con Dio, tre volte Santo, quell’alleanza e quel rapporto di amore spezzato dall’infedeltà e dal peccato.
È quanto ha esemplarmente compreso il pubblicano protagonista della pagina evangelica che, pienamente consapevole della condizione infelice in cui si trova, non ha appigli, non ha giustificazioni a cui aggrapparsi ma, stando a debita e reverenziale distanza, con la faccia a terra, battendosi il petto si pone nelle mani della Misericordia. «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (Vangelo: Luca 18,9-14).
Non così il fariseo che ama ostentare davanti a Dio e agli uomini la sua presunta giustizia, che lo porta addirittura a sostituirsi a Dio stesso in ciò che gli appartiene in esclusiva: il giudizio! Un atteggiamento questo da rifuggire all’interno dei rapporti interpersonali come ci insegna l’Apostolo avvertendoci che «tutti ci presenteremo al tribunale di Dio» davanti al quale «ciascuno di noi renderà conto di sé stesso a Dio» (Epistola: Romani 14,9-13).
Nell’imminenza della Quaresima, il tempo che ci spalanca davanti i divini misteri della nostra salvezza condensati nella Croce e nella Risurrezione del Signore, orientiamo il cuore, la mente e la vita di ogni giorno a lui, rivelatore del Padre che perdona. Impariamo così a riconoscere con tutta verità che al pari di ogni uomo, senza eccezione, siamo bisognosi del suo perdono segno del suo perenne affetto.
Un perdono che ci sorprende per generosità e assoluta gratuità e che mette più facilmente in moto il cammino di conversione e di ritorno a lui al quale ci invita proprio la Quaresima oramai vicina. Un cammino che ci vede al fianco di ogni uomo che, grazie all’autentica nostra testimonianza di fede e alla rinuncia di ogni pretesa di giudizio, si aprirà forse più facilmente alla indicibile meravigliosa certezza dell’amore sempre vivo e bruciante di Dio per tutti noi reso visibile nel Figlio.
È la testimonianza che hanno dato le nostre labbra all’avvio della celebrazione eucaristica domenicale: «Sperate in Dio, popoli di ogni luogo, aprite al suo cospetto il vostro cuore, egli è il nostro rifugio».
A.Fusi