Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

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martedì 27 marzo 2012

667 - LA FORZA DELLA FAMIGLIA

Prolusione del Presidente della Cei ai vescovi italiani: a Milano una rappresentanza da ogni Diocesi
La forza della famiglia, i temi del lavoro, il valore della domenica. Sono i temi affrontati dal card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione tenuta lunedì 26 marzo a Roma al Consiglio permanente dei vescovi italiani.
Bagnasco, invitando ogni Diocesi a inviare dei rappresentanti al VII Incontro mondiale delle famiglie, ha definito l’evento “una festa, un riconoscere da ogni angolo del mondo il valore esaltante della famiglia, e le condizioni per quel riscatto antropologico che essa consente nella temperie odierna”.
Di seguito uno stralcio della prolusione che affronta nello specifico i temi della Famiglia, del lavoro e della festa.
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L’altro pilastro su cui vorremmo spendere una parola è la famiglia. Con nostro stupore sono affiorati sulla stampa nazionale temi del tipo: «La famiglia? Un fardello da cui liberarsi», in quanto creerebbe «alle persone più problemi che altro». Tesi sbalorditiva! Non basta la deriva sociale riscontrabile in Occidente – dove le prime vittime sono i figli – quale esito di una società senza riferimenti certi e con una genitorialità interpretata con approssimazione, che alcuni si ostinano a teorizzare ancora pur avendo palesemente fallito? Si può non mettere nel conto che il carattere della stabilità è esigenza intrinseca e genuina dell’amore? Sembra che ci si sia fatalmente abituati all’idea dell’usura dell’amore, per cui il sentimento va bene, ma il giuramento d’amore non più. La stabilità sarebbe sostituita – si pensa illudendosi – dall’intensità. Come poi questi sentimenti siano consapevolmente identificabili, al punto da poterli sezionare, resta un punto insondato. Non è retorica affermare che l’amore ha intrinsecamente e razionalmente in sé l’esigenza del “per sempre”. Una recentissima indagine condotta in Italia fa emergere che le persone che vivono con convinzione il loro essere famiglia sono mediamente anche le più felici. Sorgono talora difficoltà, e dinanzi agli imprevisti più gravi taluno decide purtroppo di non riprovare, ma è una resa che di per sé non cambia le esigenze che sono intrinseche al vero amore. Come non lo rafforza tutto ciò che infragilisce il matrimonio, ivi compreso il cosiddetto divorzio breve. In una cultura del tutto-provvisorio, l’introduzione di istituti che per natura loro consacrino la precarietà affettiva, e a loro volta contribuiscano a diffonderla, non sono un ausilio né alla stabilità dell’amore, né alla società stessa. La famiglia non è un aggregato di individui, o un soggetto da ridefinire a seconda delle pressioni di costume; non può essere dichiarata cosa di altri tempi. Essa affonda le proprie radici nella natura stessa dell’umano, e quindi della storia universale: vi troviamo, infatti, il vincolo dell’amore fedele, tra un uomo e una donna che si scelgono, con il sigillo della comunità, grazie al quale la famiglia stabilisce un rapporto di reciprocità virtuosa, grembo della generazione dei figli, dono e ricchezza dei genitori, come della società stessa. Diceva il Papa qualche settimana fa: «L’unione dell'uomo e della donna in quella comunità d’amore e di vita che è il matrimonio, costituisce l’unico “luogo” degno per la chiamata all’esistenza di un nuovo essere umano» (Discorso all’Assemblea della Pontificia Accademia per la vita, 25 febbraio 2012). Prima e più dei diritti veri o presunti degli adulti, ci sono i diritti dei bambini: avere un padre e una madre certi, dunque una famiglia caratterizzata non da confini precari e da tempi incerti, ma definita e permanente, nella quale imparare ad aver fiducia in se stessi e negli altri, a dare il nome giusto alle cose, a distinguere il bene e il male, a bilanciare doveri e diritti.
Né possiamo tacere – anzi, lo ripetiamo con preoccupata convinzione – il valore intrinseco della domenica, giorno nel quale non solo ci si riposa dal lavoro, ma la famiglia si ritrova insieme con ritmi più distesi, asseconda le proprie consuetudini e – se credente – partecipa con la comunità cristiana alla liturgia del Signore. Per tali valenze antropologiche, la domenica non può essere sacrificata a ragioni economiche. I valori appena ricordati, legati al giorno domenicale, appartengono all’ordine di quei beni che non sono monetizzabili, eppure appartengono al bene comune che lo Stato ha il compito di perseguire. Nel caso contrario, si perde in coesione: ma non solo come famiglie, quanto – e di conseguenza – come società tutta, che non diventa fatalmente più efficiente e produttiva, bensì meno coesa e forse solamente più agitata. Nel riposo domenicale, infatti, non s’incontrano meramente i componenti di una medesima famiglia, ma le persone e le famiglie tra loro: è la vita comune che si esprime e si rafforza nel segno dell’incontro, del riposo che ricrea, dello svago legittimo, della preghiera che rafforza, della solidarietà e del dono vicendevoli. L’incontro mondiale delle famiglie, in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno, al quale ogni diocesi è sollecitata ad inviare una propria rappresentanza, sarà soprattutto una festa, un riconoscere da ogni angolo del mondo il valore esaltante della famiglia, e le condizioni per quel riscatto antropologico che essa consente nella temperie odierna.