La prima impressione è che il Vangelo (Mt. 11,2-15) di oggi sia diviso in due parti, ma unico è l’insegnamento: Gesù è l’Atteso, colui che ha portato a compimento le parole dei profeti e tutta la Scrittura.
Gesù è l’Atteso da Giovanni, che forse è preso da un momento di dubbio, d’incertezza. Il suo impegno a proclamare la venuta del Messia, a «preparare le strade», come aveva detto il profeta Isaia (40,3), sembra non produrre frutto, anzi gli ha guadagnato il carcere e la morte che sente vicina: conosce bene l’ira di Erode e le arti maliarde di Erodiade e di sua figlia. Forse si domanda perché Gesù non si decide a instaurare quel Regno tanto atteso, che avrebbe scalzato i potenti dai troni e innalzato gli umili, quel regno di giustizia e di pace, che attendeva e per cui aveva dato la vita con la sua predicazione. Può succedere anche a Giovanni, come succede a tutti, di interrogarsi, di domandarsi se per caso ci si è illusi, se ci si è sbagliati. Forse per questo dubbio che lo rattrista, Giovanni manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù se sia lui l’Atteso, o se devono aspettarne un altro.
Gesù non si stupisce dei dubbi di Giovanni come anche dei nostri dubbi, delle nostre incertezze. Gesù non teme le domande che gli facciamo, seppure fossero domande scomode. Sa come rispondere e capisce che chi si interroga è già alla ricerca, perché solo gli indifferenti non si pongono domande: chi ama, cerca di capire sempre meglio l’Amato.
Gesù risponde ai discepoli di Giovanni non con lunghi discorsi, ma con i fatti: indica i ciechi, gli zoppi, i lebbrosi, i sordi, i poveri che gli sono vicini.
Sa che Giovanni capirà: proprio il profeta Isaia, cui Giovanni si è ispirato nella sua vocazione, aveva detto che avrebbero riconosciuto il Messia dal fatto che i sordi avrebbero udito e i ciechi avrebbero visto, gli umili e i poveri avrebbero gioito (cfr Isaia 29,18; 42), gli zoppi avrebbero saltato e i muti cantato inni di gioia (cfr Isaia 35,4-6), perché Dio lo mandava a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare i cuori spezzati, a liberare gli schiavi (cfr Isaia 61,1). Lo stesso metodo Gesù usa con le folle, che attendevano il Messia con lo stesso desiderio di Giovanni. Fa capire loro che è lui l’Atteso, perché ha compiuto le Scritture e proprio Giovanni il Battista ne è la prova.
Il profeta Malachia aveva profetizzato che il segno della venuta del Messia sarebbe stato il ritorno di Elia, che avrebbe convertito i cuori dei padri verso i figli e viceversa (Malachia 3,1 e 23-24).
Parlando alle folle Gesù dice proprio questo: è Giovanni colui di cui ha parlato Malachia; è Giovanni il vero Elia e, dunque, lui, Gesù, è il Messia atteso! Giovanni capirà alla luce della parola di Dio, così come la folla: Gesù ha realizzato le profezie.
Serve anche a noi: impariamo a leggere alla luce della parola di dio le vicende del mondo, allora ne comprenderemo la verità e sapremo come agire, perché Dio – ed è l’ultimo insegnamento del Vangelo di oggi – è fedele: ciò che aveva promesso si è avverato in Gesù. Sarà sempre così, perché Dio è fedele e «forte è il suo amore per noi» (Salmo 117).
Monsignor Ennio Apeciti
Gesù è l’Atteso da Giovanni, che forse è preso da un momento di dubbio, d’incertezza. Il suo impegno a proclamare la venuta del Messia, a «preparare le strade», come aveva detto il profeta Isaia (40,3), sembra non produrre frutto, anzi gli ha guadagnato il carcere e la morte che sente vicina: conosce bene l’ira di Erode e le arti maliarde di Erodiade e di sua figlia. Forse si domanda perché Gesù non si decide a instaurare quel Regno tanto atteso, che avrebbe scalzato i potenti dai troni e innalzato gli umili, quel regno di giustizia e di pace, che attendeva e per cui aveva dato la vita con la sua predicazione. Può succedere anche a Giovanni, come succede a tutti, di interrogarsi, di domandarsi se per caso ci si è illusi, se ci si è sbagliati. Forse per questo dubbio che lo rattrista, Giovanni manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù se sia lui l’Atteso, o se devono aspettarne un altro.
Gesù non si stupisce dei dubbi di Giovanni come anche dei nostri dubbi, delle nostre incertezze. Gesù non teme le domande che gli facciamo, seppure fossero domande scomode. Sa come rispondere e capisce che chi si interroga è già alla ricerca, perché solo gli indifferenti non si pongono domande: chi ama, cerca di capire sempre meglio l’Amato.
Gesù risponde ai discepoli di Giovanni non con lunghi discorsi, ma con i fatti: indica i ciechi, gli zoppi, i lebbrosi, i sordi, i poveri che gli sono vicini.
Sa che Giovanni capirà: proprio il profeta Isaia, cui Giovanni si è ispirato nella sua vocazione, aveva detto che avrebbero riconosciuto il Messia dal fatto che i sordi avrebbero udito e i ciechi avrebbero visto, gli umili e i poveri avrebbero gioito (cfr Isaia 29,18; 42), gli zoppi avrebbero saltato e i muti cantato inni di gioia (cfr Isaia 35,4-6), perché Dio lo mandava a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare i cuori spezzati, a liberare gli schiavi (cfr Isaia 61,1). Lo stesso metodo Gesù usa con le folle, che attendevano il Messia con lo stesso desiderio di Giovanni. Fa capire loro che è lui l’Atteso, perché ha compiuto le Scritture e proprio Giovanni il Battista ne è la prova.
Il profeta Malachia aveva profetizzato che il segno della venuta del Messia sarebbe stato il ritorno di Elia, che avrebbe convertito i cuori dei padri verso i figli e viceversa (Malachia 3,1 e 23-24).
Parlando alle folle Gesù dice proprio questo: è Giovanni colui di cui ha parlato Malachia; è Giovanni il vero Elia e, dunque, lui, Gesù, è il Messia atteso! Giovanni capirà alla luce della parola di Dio, così come la folla: Gesù ha realizzato le profezie.
Serve anche a noi: impariamo a leggere alla luce della parola di dio le vicende del mondo, allora ne comprenderemo la verità e sapremo come agire, perché Dio – ed è l’ultimo insegnamento del Vangelo di oggi – è fedele: ciò che aveva promesso si è avverato in Gesù. Sarà sempre così, perché Dio è fedele e «forte è il suo amore per noi» (Salmo 117).
Monsignor Ennio Apeciti