La scena di Luca 8,22-25 è drammatica. Leggendola non è difficile per ciascuno di noi ricordare giorni e situazioni in cui ci sembrava che Gesù “dormisse” mentre una tempesta si abbatteva sulla nostra vita. Un gesto usuale per dei pescatori si trasforma in tragedia: e Gesù dov’è? Da questo sgomento nasce la preghiera. è da notare la diversità delle preghiere nei Vangeli sinottici; Matteo fa dire ai discepoli: «Signore, salvaci!»; in Marco c’ è quasi un rimprovero: «Maestro, non t’importa che moriamo?»; Luca riferisce lo spavento: «Maestro, maestro, siamo perduti!».
Ognuno di noi ricorda che queste preghiere diverse sono affiorate molte volte sulle nostre labbra. Nella bufera, ognuno ha il suo modo di rivolgersi a Dio: ciò è giusto perché non esiste una preghiera che vada bene in ogni situazione. Ci viene anche insegnato che il momento della prova è un momento privilegiato per la preghiera; può essere una preghiera difficile, ma sempre capace di introdurre, con pazienza, alla comprensione vera e profonda dei momenti duri. Val la pena di sottolineare un altro aspetto: Gesù prima compie il gesto di sedare le acque e poi apostrofa i discepoli che rimangono pieni di paura, di stupore e di domande.
Questo particolare non è secondario. Stiamo vivendo il tempo dell’Epifania, cioè della manifestazione di Gesù come Figlio di Dio e Salvatore; anche per noi la manifestazione di Gesù, così come per i discepoli sul lago, dovrebbe creare scompiglio, stupore e anche paura. Prendere sul serio Gesù crea situazioni diverse e nuove in ciascuno, ma tutte hanno la medesima caratteristica: la fede non è solo certezza ma anche apprensione e domande.
Il rapporto con Gesù cambia radicalmente la vita di fede, che non si riduce a un assenso astratto a “verità eterne” ma diventa un processo di amore e di conoscenza che muta e cresce per tutto il “tempo della fede”, cioè per la prima parte della nostra vita; sappiamo, infatti, che nella seconda parte della vita, quella presso Dio, la fede non ha più ragion d’essere.
La fede accompagna la vita terrena e così ne condivide i passaggi difficili, le gioie improvvise, l’oscurità che genera paura e la luce che dona certezza e gioia. Questo aspetto della fede spesso è taciuto o guardato con sospetto; in realtà la fede, più che un percorso lineare, è un cammino che conosce tortuosità e momenti diversi. Una fede sempre uguale a se stessa, difesa coi denti e rappresentata solo da formule e comandi non è la fede dei discepoli di Gesù. Gli amici di Gesù hanno una fede che può anche dire, senza venir meno: «Ma Gesù dove sei? Dov’è tutto l’amore che provi per me?».
Questo tempo liturgico ci insegna che la fede è un cammino: da una certezza capace di suscitare domande si compie il passo per trovare altre certezze. Così imparo a diventare credente: passo dopo passo. Quel poco che ho visto e udito è più che sufficiente per mettere i piedi, ogni giorno, dove li ha messi Gesù.
Commento di don Luigi Galli
Ognuno di noi ricorda che queste preghiere diverse sono affiorate molte volte sulle nostre labbra. Nella bufera, ognuno ha il suo modo di rivolgersi a Dio: ciò è giusto perché non esiste una preghiera che vada bene in ogni situazione. Ci viene anche insegnato che il momento della prova è un momento privilegiato per la preghiera; può essere una preghiera difficile, ma sempre capace di introdurre, con pazienza, alla comprensione vera e profonda dei momenti duri. Val la pena di sottolineare un altro aspetto: Gesù prima compie il gesto di sedare le acque e poi apostrofa i discepoli che rimangono pieni di paura, di stupore e di domande.
Questo particolare non è secondario. Stiamo vivendo il tempo dell’Epifania, cioè della manifestazione di Gesù come Figlio di Dio e Salvatore; anche per noi la manifestazione di Gesù, così come per i discepoli sul lago, dovrebbe creare scompiglio, stupore e anche paura. Prendere sul serio Gesù crea situazioni diverse e nuove in ciascuno, ma tutte hanno la medesima caratteristica: la fede non è solo certezza ma anche apprensione e domande.
Il rapporto con Gesù cambia radicalmente la vita di fede, che non si riduce a un assenso astratto a “verità eterne” ma diventa un processo di amore e di conoscenza che muta e cresce per tutto il “tempo della fede”, cioè per la prima parte della nostra vita; sappiamo, infatti, che nella seconda parte della vita, quella presso Dio, la fede non ha più ragion d’essere.
La fede accompagna la vita terrena e così ne condivide i passaggi difficili, le gioie improvvise, l’oscurità che genera paura e la luce che dona certezza e gioia. Questo aspetto della fede spesso è taciuto o guardato con sospetto; in realtà la fede, più che un percorso lineare, è un cammino che conosce tortuosità e momenti diversi. Una fede sempre uguale a se stessa, difesa coi denti e rappresentata solo da formule e comandi non è la fede dei discepoli di Gesù. Gli amici di Gesù hanno una fede che può anche dire, senza venir meno: «Ma Gesù dove sei? Dov’è tutto l’amore che provi per me?».
Questo tempo liturgico ci insegna che la fede è un cammino: da una certezza capace di suscitare domande si compie il passo per trovare altre certezze. Così imparo a diventare credente: passo dopo passo. Quel poco che ho visto e udito è più che sufficiente per mettere i piedi, ogni giorno, dove li ha messi Gesù.
Commento di don Luigi Galli