Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 30 aprile 2011

533 - GIOVANNI PAOLO II, IL VOLTO DI UN SANTO


Un volto luminoso e bello, quello di Karol Wojtyla. Se, come insegna la Bibbia, Dio ha creato l’uomo a sua immagine, la santità è certamente un segno rivelatore, un riflesso visibile, un cammino per avvicinarsi alla Sua ineffabile bellezza. E Giovanni Paolo II aveva, anche nella vita terrena, un tratto di suo, un volto che a guardarlo apriva subito una finestra alla sua interiorità, alla radicalità della sua fede. Guardavi quel volto sorridente, quello sguardo limpido, che ti bucava il petto per l’emozione, e capivi come può essere immediato e avvolgente il mistero della santità. Se ne erano accorti in molti quando l’Habemus Papam, con un nome incomprensibile quasi fosse quello di un figlio dell’Africa, l’aveva presentato alla folla radunata davanti alla loggia della basilica di San Pietro: un volto per nulla imbarazzato, dove la debolezza era nell’italiano imperfetto, ma non nella voce forte e chiara, in quel quieto eppure coinvolgente sorriso che invitavano a lasciarsi carpire dall’amore di Cristo e per Cristo.


Quel volto asciutto e sereno, quelle braccia aperte, pronte ad accogliere, ma anche a sollecitare il nostro impegno, ci hanno accompagnato per lunghi anni. Infondevano certezze e fiducia. Annunciava in ogni parte del mondo l’intensità e la bellezza dell’amore di Dio, mai segnalando stanchezza o debolezza, anche quando la fatica o le condizioni dei luoghi l’avrebbero preteso. E quella quasi sovrumana forza fisica, quel viso aperto e mai segnato davano ancor più convinzione alle sue parole, creando un varco in cui si intravvedeva la presenza di Dio.


Nel tragitto del lungo pontificato, poi quel volto è lentamente cambiato. Suo malgrado e non solo per l’avanzare dell’età. Il volto della gioia ha rivelato anche i segni della malattia e della sofferenza. L’altro mistero che ci accompagna spesso, nella nostra vita, quello del dolore, si manifestava anche nella sua. Ma seppure qualcuno s’avvedeva dei segni premonitori su quel volto, tuttavia essi venivano sempre oscurati dalla forza interiore che ne animava i tratti. Sia pure toccato dalla malattia, era sempre lo stesso volto, a cui tutti guardavamo con fiducia: mentre pregava con un’intensità e misticismo totali davanti ad un altare; o si rivolgeva, come amico e padre, con piglio cameratesco, a milioni di giovani, nelle veglie di preghiera o nelle grandi giornate a loro dedicate; o quando scherzava sulle sue nuove infermità, e chiedeva agli stessi giovani di decidere se dovesse o no avvalersi di un bastone per camminare.


Non si avvertiva la differenza, da parte del popolo cristiano, dei mutamenti su quel volto perché mai si è interrotto il legame d’amore e di fiducia con il pastore. Anzi più il volto si trasformava e più il legame si è rafforzato. La sua sofferenza è diventata parte di noi fino a fondersi con le nostre.


Poi quel volto per un attimo si è oscurato, per sua volontà, quando si fece riprendere di spalle, poco prima della sua morte, davanti alla finestra dalla quale ogni domenica aveva parlato a milioni di pellegrini. Un suo atto d’amore, per non turbarci oltre, perché la vista di quel volto cambiato così profondamente dalla malattia sarebbe stato insopportabile per chi lo amava. Quel volto segnato non è andato perduto, sia per il popolo cristiano, sia laddove nulla della nostra umanità e della storia di ognuno viene perduto. E si fonde nel volto del Karol Wojtyla santo, ormai sull’altare delle nostre preghiere. Quello di sempre, un volto sorridente e amorevole, e che tutti abbiamo conservato nel cuore, I segni del tempo e del dolore, che avevano modificato i suoi tratti, sono volati via, nel fruscio delle pagine sulla sua bara e in quel grido, “subito santo!” che era nostalgia di lui, bisogno di non perdere il contatto, dunque un arrivederci. Perché nella casa del Padre, dove egli anelava tornare e dove ora si trova, non c’è posto che per la gioia e il sorriso. Di lì ora, come in quel suo primo giorno da Pontefice, invita a seguire anche noi la strada personale verso la santità, sull’esempio della sua vita.


di Silvano Spaccatrosi, in www.chiesadimilano.it