Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

giovedì 18 dicembre 2014

1011 - IRAQ: NATALE IN ESILIO - 2

Per molti sfollati, cristiani ma anche yazidi e kakai, la Chiesa costituisce l'unica fonte di assistenza, anche perché episodi gravi di corruzione tra i funzionari statali hanno messo a rischio l'arrivo dei fondi stanziati per i rifugiati dal governo di Baghdad. Se la precarietà pervade le giornate di tutti questi fuggitivi che vivono con l'incubo della violenza estremista a un tiro di schioppo, per i nazara (cioè i cristiani, i fedeli di Gesù di Nazareth) la fede è vissuta altrettanto quotidianamente. In molti modi diversi. «Ho visto alcuni episodi eclatanti di difesa coraggiosa della propria appartenenza cristiana, ma anche una testimonianza silenziosa e concreta del messaggio di Gesù nelle difficoltà di ogni giorno, nonostante tutto», racconta monsignor Nona. «Per questa gente, davvero la fede è la cosa più importante, e questa è una constatazione che dà speranza». Per questo si fa di tutto per mantenere una certa normalità pastorale, sebbene sia complicato: «Cerchiamo di celebrare la Messa con regolarità anche nei villaggi più lontani e isolati, di portare sostegno spirituale alle persone, incoraggiarle ed esortarle ad avere forza. Qui ad Ankawa organizziamo momenti di preghiera e catechesi, come ad esempio una tre giorni per i giovani ospitata qualche settimana fa nel giardino del convento delle suore caldee Figlie di Maria Immacolata, a cui hanno partecipato almeno 250 ragazzi e ragazze».
Ogni anno, un festival per i giovani delle Chiese del Nord Iraq veniva organizzato durante l'estate: una tradizione che si è dovuta interrompere per l'avanzata degli jihadisti. «Alla fine abbiamo deciso di recuperare l'appuntamento qui, in esilio, e l'evento ha assunto un significato particolare. È stato anche un modo per aiutare i ragazzi a non cadere nella depressione, a trovare le ragioni di una speranza possibile».Lo stesso spirito con cui si sta ora vivendo l'Avvento. «Ci siamo incontrati con i sacerdoti e le suore, per parlare di come aiutare i nostri fedeli a celebrare il Natale in pienezza».
Le funzioni festive, visto il massiccio afflusso di profughi, raddoppieranno rispetto agli anni scorsi. Includendo tutti i riti, a Natale le Messe - che qui si celebrano nella lingua di Gesù, l'aramaico - saranno una cinquantina: si celebrerà nelle chiese, ma anche in strutture approntate per l'emergenza. «E vorremmo che anche i più piccoli possano avere un momento di serenità e gioia: per questo abbiamo stanziato una parte delle donazioni per quindicimila pacchetti dono», racconta monsignor Nona.
Soprattutto, però, ciò che i cristiani iracheni desiderano è sentirsi parte di una Chiesa universale che non li dimentica: «In questa crisi, abbiamo sentito i nostri fratelli nella fede molto vicini: hanno dimostrato prossimità con le parole, la preghiera e l'aiuto materiale. Una solidarietà grandissima che non avremmo mai immaginato». A cominciare dal Papa, che non ha perso occasione per esprimere il suo sostegno ai cristiani perseguitati dell'Iraq e anche il desiderio di una presenza fisica in queste terre, non appena sarà possibile. «Ho incontrato personalmente Papa Francesco e quando ho chiesto la sua benedizione mi ha detto: "Ti do la benedizione e anche la mia vicinanza, sono a fianco di voi cristiani dell'Iraq».
Un pezzo di Chiesa, quella mediorientale, che vive nella culla della fede cristiana. Ma che, ora, guarda con inquietudine al domani. «C'è molto buio nel nostro futuro», conferma l'arcivescovo di Mosul. «La situazione nella regione pone gravi minacce alla presenza di noi cristiani e purtroppo molte famiglie decidono di emigrare: ogni giorno abbiamo qualcuno che se ne va...».
Come invertire questo trend doloroso? «All'Iraq serve prima di tutto democrazia, poi un clima sociale diverso, visto che oggi purtroppo tra le varie etnie e fedi che hanno convissuto per secoli si sono create fratture e diffidenze che devono essere sanate. E, ancora, bisogna risollevare l'economia. Insomma, c'è un'intera società che va ricostruita, e non possiamo farlo da soli: ci serve l'aiuto della comunità internazionale. Ma bisogna fare presto, perché ogni giorno che passa c'è qualcuno che, in Iraq, non si sente più a casa».
di Chiara Zappa, in
http://www.missionline.org/