Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

domenica 12 dicembre 2010

459 - MILANO, UNA CITTA' DAL TERRENO BUONO - 2

Una preoccupazione per tutta la Città

Il seminatore della parabola può sembrare, a una prima lettura, piuttosto sprovveduto: pare sprecare la preziosa semente disperdendola sulla strada, tra le pietre e tra i rovi prima che affidarla al terreno buono. Quella che Gesù ci offre non è l’immagine di un contadino distratto o inesperto, bensì quella di un uomo saggio, lungimirante, misericordioso, aperto al futuro e carico di speranza. È un seminatore al cui giudizio nessun terreno è escluso dalla possibilità di dare frutti. Perché seminare solo nei campi già fertili? Perché negare la semente al viottolo posto tra i terreni buoni? Perché non gettarla anche tra le pietre e tra i rovi? Sarebbe fuorviante intendere la parabola applicando la categoria ristretta del puro calcolo economico. L’animo di questo seminatore – lo si comprende dallo stile dei gesti – è abitato dalla sovrabbondanza, dall’eccedenza dell’amore di Dio. La vita che il seminatore diffonde e promuove è un valore troppo grande per essere costretta in un calcolo.

Il terreno in cui gettare il seme buono e nuovo – della giustizia, della carità, della pace – è il cuore, la mente, il vissuto quotidiano personale, familiare, sociale degli abitanti vecchi e nuovi di Milano. Dentro ciascuna persona e in ogni realtà che compongono la nostra Città, sono presenti un’area fertile e una che resiste al buon seme.

Il Vangelo ci dà speranza: anche la parte infeconda della Città, se premurosamente e attentamente coltivata, può giungere a dare frutto.

L’abbondante terreno fertile

Un aspetto particolare della vita della Città ne mostra l’abbondante fecondità: è la componente intraprendente non soltanto nel produrre per sé ma anche per dare a tutti vita, speranza, dignità e autonomia. Penso a chi crea e offre posti di lavoro, a chi pone competenze a servizio di altri in campo amministrativo, economico, culturale, nell’ambito del servizio alla salute, della risposta al disagio e al bisogno. Mi riferisco a chi costantemente si impegna nel creare legami nuovi, nel promuovere un tessuto associativo vivace, nel sostenere l’integrazione dei nuovi cittadini.

È una fertilità che si incrementa là dove prevalgono il desiderio e l’impegno per meglio servire gli altri. È una fertilità rinnovata dalla dedizione personale. È un’eredità di cui si è spesso debitori: alle famiglie di origine, ai propri maestri ed educatori, a quanti hanno trasmesso esperienza e sapienza.

È fertile il terreno di chi ha potuto costruire solidamente la propria famiglia e ha saputo affrontare coraggiosamente le inevitabili avversità che la minacciano. Lo è anche per gli anziani che possono e sanno rendersi utili ad altri, che sono accolti e custoditi dalla famiglia o da strutture idonee. Lo è per i giovani che seriamente costruiscono il proprio futuro, vivono in armonia le proprie amicizie, scelgono esperienze di gratuità e di servizio che li aprono agli altri e al mondo.

Importante è la dedizione di tanti imprenditori che, nonostante la crisi, innovano, crescono, danno lavoro, costruiscono sviluppo, contribuiscono al benessere dell’intera Città. Laboriosa, strategica e silenziosa è l’opera di numerosi ricercatori che nelle nostre Università, negli Ospedali e Centri di

ricerca affrontano e risolvono i problemi che gravano sulla vita umana.

Preziosi sono tutti coloro che si impegnano per l’educazione delle nuove generazioni e si prendono cura dei malati e degli emarginati.

Fecondi si è non quando si ricerca una crescita egoistica e finalizzata ai propri interessi, non quando si trattengono per sé patrimoni economici e culturali per sfruttarli a proprio esclusivo vantaggio, ma quando tutto questo viene posto al servizio altrui.

A queste componenti positive della Città deve andare non soltanto l’incoraggiamento, ma l’appoggio esplicito di tutta la cittadinanza e, in particolare, dei suoi amministratori. Incoraggiamo e promuoviamo chi è generoso, chi incrementa realmente lo sviluppo, chi crea lavoro, chi vive

responsabilmente il proprio servizio, chi ricerca il bene comune. Sosteniamo e facciamo conoscere questo patrimonio di bontà, di giustizia, di operosità presente nel nostro tessuto cittadino!

La mancanza delle risorse economiche per la perdita del lavoro, sommata ad altre situazioni di fragilità, può far crollare le persone e le famiglie, impedendo un’esistenza serena. Intervenire in favore di chi sta pagando gli effetti più pesanti della crisi non significa solo aiutare chi è colpito dalla povertà, bensì investire sul futuro di migliaia di persone e di interi territori della città. Un compito che nessuna istituzione, realtà sociale o di volontariato, può svolgere da sola: non è possibile limitarsi a invocare l’aiuto delle amministrazioni locali, demandare l’intervento allo Stato centrale, delegarlo al terzo settore o alle attività caritative della Chiesa: ciascuno deve fare la propria parte.

Dissodare dagli ostacoli il terreno equivale anche a sostenere le imprese affinché non chiudano, spingerle a modernizzarsi, a investire in tecnologia, a valorizzare i prodotti più originali, a fare sistema, a realizzare situazioni di mutuo aiuto per affrontare nuovi mercati e l’instabilità della domanda.

Il lavoro ha una componente di sacralità, come la Bibbia più volte testimonia. Sia preoccupazione principale e condivisa rispettarlo, tutelarlo, promuoverlo. Gli esempi di interventi virtuosi – in Italia e all’estero – non mancano: conosciamoli e imitiamoli, adattandoli alla nostra situazione. Il lavoro è sempre stato la risorsa caratteristica della nostra Città intercettando e interpretando la proverbiale laboriosità dei milanesi. E proprio il lavoro può fare ripartire e rivivere Milano, togliendola dalle secche in cui il suo autentico splendore si è offuscato.

La questione non va ristretta al solo sostegno economico, ai servizi sociali, all’assistenza sanitaria; è piuttosto al senso di responsabilità di tutti i cittadini che occorre appellarsi. Quante risorse pubbliche potrebbero essere liberate a beneficio di situazioni più gravi se più cittadini venissero in aiuto di coloro che si trovano nelle situazioni di fragilità prima descritte!

Anche in questo caso, gli amministratori siano di esempio nell’attivare e sostenere in tutti i cittadini un’autentica corresponsabilità e la promuovano con ogni mezzo affinché tutti si sentano responsabili di tutti. Penso in particolare alle associazioni di volontariato, di matrice cattolica o laica, di cui è davvero ricca la nostra Città. Ma, a sua volta, il volontariato da solo non ce la fa: ha bisogno di essere formato, sostenuto economicamente, promosso nella ricerca di nuove forze. Un volontario motivato, competente e generoso porta un indubbio aiuto all’azione di governo.

Cooperative e associazioni possono arrivare laddove lo Stato o l’Amministrazione comunale non riescono a intervenire per dare opportunità a chi da solo mai potrebbe affrontare un’esperienza lavorativa. Una minore distribuzione di finanziamenti pubblici, nuove normative fiscali, la distorsione di alcuni intelligenti strumenti di finanziamento – si pensi ad esempio al 5 x 1000 – stanno penalizzando queste realtà di aiuto, fino a metterne a rischio la stessa esistenza.

Cari amministratori: aiutate chi sa aiutare, sostenete chi sa sostenere! La scelta e la sfida di una sussidiarietà animata da una vera solidarietà è quanto mai urgente! Occorre ricercare insieme un modo nuovo per garantire risorse pubbliche al terzo settore così che quest’ultimo, sempre più autonomo e protagonista, riattivi quelle forme di partecipazione, collaborazione, responsabilità capaci di fortificare la coesione sociale.

Cardinale Dionigi Tettamanzi