Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 5 marzo 2010

251 - DOMENICA DI ABRAMO

Abramo, Mosaico della Basilica di San Vitale - Ravenna
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E’ detta "di Abramo" perché il brano evangelico in essa sempre proclamato, preso da Giovanni 8,31-59, lo propone come padre e modello di tutti coloro che aprono il cuore alla rivelazione di Dio nel suo Figlio Gesù. È la fede, in una parola, richiesta a chi deve ricevere il Battesimo ed è la fede che deve caratterizzare l’esistenza dei già battezzati comunemente, non a caso, detti "fedeli".

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Il brano si presenta suddiviso in tre parti. Nei vv 31-36 Gesù, in dialogo con i Giudei che avevano creduto in lui, li esorta a «rimanere nella sua parola» per conoscere la "verità" ossia la salvezza da lui stesso portata come "inviato" di Dio e che libera dal "peccato" ovvero da quella condizione di lontananza da Dio, e dunque, di tenebra e di morte in cui l’uomo vive in questo mondo.

I vv 37-47 riguardano la vera discendenza da Abramo che consiste essenzialmente nel «fare le opere di Abramo», ossia nel credere e nel consegnarsi alla volontà di Dio così come Gesù, il Figlio, fa nei riguardi del Padre.

L’ultima sezione, comprendente i versetti 48-59, riporta la promessa di Gesù a coloro che ascoltano la sua parola di «non vedere la morte»; la rivelazione della sua "preesistenza" nei confronti di Abramo con la decisiva parola di rivelazione: «Prima che Abramo fosse, io sono».

La presente domenica non a caso è denominata "di Abramo" perché, nel progressivo cammino di fede teso alla celebrazione della nostra salvezza nella Pasqua del Signore, egli rappresenta come "l’esemplare" e insieme "il capostipite" dei credenti. Per essere tali, infatti, bisogna fare ciò che ha fatto lui: credere! In una parola, solo chi crede, perciò, può gloriarsi in tutta verità del titolo di "figlio di Abramo". Tale "figliolanza", di conseguenza, non è più da considerarsi come una discendenza "naturale" da Abramo, un semplice appartenere cioè alla sua stirpe! Gesù, infatti, ai suoi interlocutori, ostilmente chiusi alla sua Parola, lo dice apertamente: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo» (v 39) che la Scrittura sintetizza come "ascolto" e "obbedienza" alla volontà di Dio.

È ciò che siamo chiamati a fare noi che, con l’adesione alla Parola divina di salvezza e mediante la fede e il Battesimo, formiamo la Chiesa «che si raccoglie da ogni tribù, lingua e nazione» e, nella quale si realizza, in tutta verità, la divina promessa di dare «al patriarca come sua discendenza» la «moltitudine dei popoli» (Prefazio).

La Quaresima, riaprendo ogni anno il cammino di riscoperta della grazia ricevuta nel sacramento pasquale del Battesimo, ci esorta a verificare, in noi, la presenza delle "opere di Abramo" ovvero la fede! Questa va ricercata nel "rimanere nella Parola" e nell’"osservare la Parola" (cfr. Giovanni 8,31.51). "Rimanere nella Parola" significa entrare in intimità con il Signore che apre il cuore dei suoi discepoli alla "verità" che non è da intendere, anzitutto, come un complesso di "dottrine", ma come la rivelazione che in Gesù non solo si compie ma viene addirittura superata la "profezia" di Mosè.

Gesù, infatti, non è soltanto "un profeta" pari a Mosè, a cui occorre dare ascolto (Lettura: Deuteronomio 18,18-19). Egli è perfino più "grande di Abramo" e "preesistente" ad Abramo (cfr. Giovanni 8,53.58) perché è il Figlio "uscito", "venuto" e "mandato" da Dio (v 42) per "farci liberi" (vv 32.34), ovvero per slegarci dal potere del peccato.

L’apostolo Paolo afferma la stessa cosa parlando di "giustificazione gratuita" che ci è data da Dio "per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù" (Epistola: Romani 3,24). L’"osservanza", poi, della Parola, vale a dire l’obbedienza nella fede, ai precetti del Signore, è richiesta per vivere davvero nella "libertà" e per non ricadere nella schiavitù vergognosa del peccato, porgendo l’orecchio al "padre della menzogna" (Giovanni 8,44) che, essendo "omicida" ha come intento quello di trascinare l’uomo nella "morte eterna", nella perdizione. Al contrario, "osservare la Parola" è garanzia di "non vedere la morte in eterno" (v 51.58), ossia di vivere, già da adesso, quella relazione filiale con Dio che è la vera vita: quella eterna.

(A.Fusi)